da: organizzatori
Simone Loria sarà prestissimo allo stadio Raibosola di Comacchio, ma non definitelo “allenatore”. A scendere in campo infatti sarà la sua squadra, il Mercadante calcio (Pulcini 2006), che tra il 26 e il 28 marzo affronterà altre 11 squadre per il Koala Challenge, il torneo di qualificazioni che permetterà al vincitore di partecipare al Berba Cup 2016.
Ciao Simone, possiamo ormai dire che l’attesa per il Koala Challenge e Berba Cup stia per finire. Come vi state preparando per questa nuova sfida?
Non c’è una vera e propria preparazione al torneo: i bambini continuano ad allenarsi e a giocare in vari tornei e presto inizierà anche il campionato. Verremo a Comacchio principalmente per divertirci e per vivere un’esperienza nuova e importante, soprattutto per una squadra che gioca a livello dilettantistico.
Cosa ti aspetti dal torneo?
Per quanto riguarda i risultati non c’è nessuna aspettativa. Sicuramente abbiamo intenzione di passare tre giorni divertendoci, conoscendo realtà diverse e vivendo un’esperienza interessante.
Il vincitore del Koala Challenge parteciperà alla terza edizione del Torneo Berba Cup, dove anche quest’anno parteciperanno le squadre giovanili del Torino e della Roma, due società che lavorano molto bene con il settore giovanile e in cui tu hai giocato come professionista…
Mi hanno parlato del Berba Cup come di una bellissima competizione e sicuramente, nel caso di vittoria, sarebbe bello incontrare queste squadre. Il nostro primo obiettivo resta però il divertimento. Quando avevo la loro età non ho mai avuto la fortuna di partecipare a tornei del genere e credo che per loro questa possa essere una bella possibilità.
Ora parliamo della tua squadra e della tua esperienza come allenatore. Hai costruito la tua scuola calcio nel quartiere Barriera di Milano, dove è cominciata la tua passione per questo sport…
Ho aperto l’impianto sportivo e la scuola calcio nella zona in cui sono nato e cresciuto. La realizzazione di questo progetto mi riempie di orgoglio: ho fatto qualcosa di buono dove c’era bisogno di fare qualcosa e tutto è nato dall’idea di creare un luogo sicuro dove i bambini potevano divertirsi senza problemi.
Di certo come giocatore nella tua carriera non ti sei fatto mancare nulla: 18 stagioni da professionista in diverse squadre, tra cui Atalanta, Siena, Roma, Torino, Bologna, 15 apparizioni in Coppa Italia e 2 presenze in Champion League. E’ stato difficile passare da calciatore ad istruttore? Che tipo di allenatore sei?
Non mi definirei ancora un allenatore, ma passare dal campo al fare l’istruttore non è stato difficile. Nel 2013 ho deciso di smettere di giocare e mi sono dedicato a questo progetto. E’ bello lavorare con i bambini perché ti aiutano a crescere e ti insegnano tantissimo: riescono a darmi punti di vista nuovi a cui magari non avevo mai fatto caso durante la mia esperienza da giocatore.
Che valori vuoi trasmettere ai ragazzi?
Soprattutto i valori dell’educazione e del rispetto. Si devono rispettare l’avversario, i compagni di squadra, gli istruttori e il momento dello spogliatoio, e i miei ragazzi riescono a farlo in pieno. Penso che l’esperienza calcistica sia legata alla vita, anche quella fuori dal campo.
La cosa più importante resta comunque il divertimento. Se già si pensa a quest’età a raggiungere il risultato si rischia di compromettere la passione spontanea nata per questo sport. Il calcio dev’essere un gioco e bisogna imparare sia ad affrontare le vittorie che le sconfitte.
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