di Claudio Pisapia
L’intervento del Consigliere SEL, Leonardo Fiorentini, coglieva forse più di altri il punto reale della discussione sulla vendita (chiedo scusa: dismissione) delle azioni HERA di proprietà del Comune di Ferrara In programma ieri alla Sala del Consiglio Comunale. Forse denotava una presa di coscienza che però dovrebbe essere un po’ più profonda e sentita anche a livello nazionale da parte di un partito a volte troppo vicino a chi sta facendo del mercato, della finanza e delle privatizzazioni il suo faro.
Da una parte il privato che funziona sempre meglio del pubblico e dall’altra i problemi di bilancio, ecco in sostanza il tema del dibattito svoltosi ieri. Dall’altra ancora, ben distanziata, la rappresentanza dei cittadini in difesa del bene comune acqua . Uno spaccato di quanto succede a livello macro nel resto del Paese.
Tutte le opposizioni contro o per considerazioni sui principi, ‘non si può vendere ciò che appartiene ai cittadini e che va semplicemente custodito dalle amministrazioni pubbliche’, o per considerazioni pratiche, ‘il Consigliere di GOL Rendine snocciola dati sulla maggior convenienza economica a tenersi le quote’. Il M5S si oppone e propone ma senza pathos.
E durante la replica l’Assessore al Bilancio risponde al Consigliere Spath di Fratelli d’italia, che aveva proposto una sorta di vendita controllata, che non gli interessa sapere a chi verranno vendute le quote, del resto non prevede di rimanere per sempre Assessore, problema rimandato, e a GOL che il Comune non ha necessità immediata di fare cassa.
E allora perché si dismette?
Perché oggi anche in quest’aula vincono i principi, non quelli però del comitato acqua pubblica o del risultato referendario del 2011, bensì il principio che partiti o uomini soli al comando possono decidere ciò che è meglio per tutti, ovvero sono meglio le leggi del mercato e dei bilanci.
Privatizzare sempre di più, o meglio dismettere, usando una parola cara all’Assessore al Bilancio. Ma dismettere vuole forse dire altro? Sfogliando i vocabolari di lingua italiana non mi sembra.
In fondo la discussione potrebbe essere molto più semplice e fermarsi davvero ai principi. Bene Comune, ovvero di tutti, necessario alla vita quindi non può essere né dismesso né messo in vendita. E poco conta se le quote attuali sono poche o molte e se in passato sono state fatte scelte sbagliate riguardo all’Hera, semplicemente non si può continuare a farle.
I problemi di bilancio ci sono ma non si risolvono facendo i ragionieri e procedendo alla dismissione di quanto si ha. Non si può preferire accumulare soldi da utilizzare per ripagare interessi o debiti domani rimanendo fermi sulle proprie posizioni senza costruire la propria ripresa economica. Perché ad assicurare il futuro ai nostri figli non sarà di certo un foglio di bilancio in ordine, né tantomeno il mercato, la finanza e i possessori indefiniti delle quote dei beni comuni che nel tempo avremo messo in “dismissione”.
Il futuro sarà assicurato dall’esatto contrario, da quanto saremo riusciti a conservare e produrre in termine di beni reali. Dall’accesso libero ad acqua e cibo, dalla dignità di esseri umani che avremo conservato, dalla domanda interna che saremo riusciti a potenziare attraverso programmi di occupazione. La spesa di uno Stato equivale sempre a ricchezza per i cittadini, anche se fatta male perché uno Stato non riuscirà mai a spendere talmente male da equiparare quanto sperperato negli ultimi trent’anni pagando interessi ai mercati finanziari. Sperpero che nasce dalla rinuncia nel 1981 a una Banca Centrale che facesse il suo lavoro di compratore di ultima istanza, e dalle adesioni ai sistemi di cambio fisso tipo SME e poi Euro che impediscono di fatto un’autonoma politica economica e si prestano alla speculazione finanziaria. Rinuncia pura a decidere delle proprie vite e cessione al mercato del futuro di intere generazioni.
Quindi individuare il vero problema, la malattia e combatterla eliminando poi dalla gestione della res pubblica parassiti e incapaci.
Adam Smith ha posto le basi del pensiero economico classico ed è visto come il padre dell’iniziativa privata incontrollata, del liberismo puro. Eppure anche lui metteva in guardia e scriveva che le proposte che arrivano dal mondo privato devono essere considerate con grande prudenza perché provengono da un ordine di uomini il cui interesse principale non è esattamente quello del pubblico. E se lo diceva lui!
La scelta sensata oggi sarebbe quella di fermarsi e ragionare, curare la malattia e non i sintomi. E’ dal 1992 che si continuano a lanciare allarmi sulla solvibilità dello Stato e in nome di ciò a vendere (o dismettere) patrimonio pubblico. Rinunciando all’IRI si è rinunciato ad esempio ad un sano controllo sulle banche, e non mi sembra che oggi funzionino meglio o che abbiano lasciato un futuro migliore e più gestibile. Noi siamo il futuro di quelle scelte scellerate di rinunciare al controllo dello Stato di banche e aziende pubbliche che hanno prodotto disoccupazione, debito pubblico e disperazione, adesso ci viene prospettato un futuro per i giovani di oggi addirittura diminuendo il controllo pubblico sui beni comuni.
Ma è reale tutto ciò che stiamo vivendo?
Claudio Pisapia
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