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Si profila una primavera calda per la politica italiana. In particolare, c’è fermento a sinistra. Dopo la scissione nel partito Democratico e la nascita del ‘Movimento dei democratici e progressisti’, attorno al quale ruotano Roberto Speranza, Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani ed Enrico Rossi, a cercare di riannodare i fili delle idealità e dell’impegno dei delusi ci stanno provando anche l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, la presidente della Camera Laura Boldrini, il sindaco di Genova Marco Doria, che, con  ‘Campo progressista’ (su cui potrebbe confluire anche ‘Possibile’ di Pippo Civati), vorrebbero ridare linfa vitale a un’area delusa ma non rassegnata. Con loro c’è pure il giovane e stimato sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, con il quale abbiamo analizzato l’attuale scenario politico e ragionato del futuro della sinistra.

Iniziamo parlando di primati: lei è stato il sindaco più giovane di un capoluogo di Regione, il primo sindaco dal dopoguerra ad aver vinto sostenuto esclusivamente da una coalizione di centrosinistra, l’unico sindaco tra le città capoluogo ad aver vinto al primo turno nelle scorse elezione: mi può raccontare di come e quando è nata la sua passione per la politica e della sua gavetta prima di essere eletto primo cittadino?
Ho sempre respirato politica, sin da bambino. In quel periodo mio padre era dirigente nazionale del Pci, anche se lui non ha mai influito sulle mie scelte. La passione vera e propria nasce durante gli studi al liceo e all’Università. Nel 1996 sono diventato segretario cittadino della Sinistra Giovanile. In mezzo tanti lavori da precario, con praticamente ogni tipologia di contratto. In seguito, con i Democratici di Sinistra, sono stato il responsabile della comunicazione, quella che un tempo si sarebbe chiamata stampa e propaganda del partito. Nel 2006, a 29 anni, sono stato eletto consigliere comunale a Cagliari e nel 2009 consigliere regionale. Nel maggio del 2011 sono diventato sindaco della mia città, credo sia una delle cose più belle che possa capitare a chi si occupa di politica.

Come detto è stato subito riconfermato al primo turno: le opere pubbliche portate avanti in questi anni hanno parlato per lei?
Le opere pubbliche sono chiaramente la parte più tangibile di quanto fatto durante la prima consiliatura, quella più visibile. Ma sono anche e soprattutto il risultato di un lavoro giornaliero per spendere tutte le risorse europee, recuperarne altre, tagliare gli sprechi e le spese superflue, presentare progetti al Governo e all’Europa e realizzare gli interventi, proporre Cagliari come destinazione turistica (abbiamo vinto il premio come prima destinazione sostenibile in Europa, al secondo posto dietro di noi Barcellona), come città dove poter fare e poter respirare cultura ogni giorno (siamo stati Capitale italiana della Cultura nel 2015, dopo essere arrivati in finale per la scelta della Capitale europea 2019), dove poter fare sport (siamo Città europea dello Sport per il 2017) o dove semplicemente sentirsi a casa mentre si passeggia nelle vie riqualificate o negli spazi urbani restituiti ai cittadini. In due parole, valorizzare la qualità della vita della nostra splendida città: tutte operazioni che hanno impegnato ogni minuto dei diversi assessorati. Avevamo l’idea di riportare Cagliari a misura dei suoi abitanti e dei turisti che la visitano, restituire o far conoscere loro luoghi prima poco considerati: è un impegno che intendiamo portare avanti. Però, ed è solo un esempio, vedere il Lungomare del Poetto riqualificato, non più occupato dalle auto ma frequentato da famiglie, bambini, sportivi, anziani che passeggiano liberamente in tutti i periodi dell’anno è una bella soddisfazione.

Siamo reduci da una campagna referendaria e da un referendum costituzionale che ha diviso l’opinione pubblica: ora che è tutto finito, può sbilanciarsi e dirmi cosa pensa dell’esito referendario e quale scenario ipotizza per il dopo Renzi?
L’esito del referendum di dicembre è sotto gli occhi di tutti. Quello che mi preoccupa è la disaffezione dalla politica di una fascia sempre più larga di cittadini italiani: abbiamo il compito di riportare al centro del dibattito la discussione sul lavoro, sull’ambiente, sulle imprese, sull’istruzione e sulla ricerca e le soluzioni ai problemi delle fasce più deboli e ai bisogni concreti della popolazione devono essere al primo posto tra i nostri obiettivi. Campo progressista nasce in questa direzione: con Giuliano Pisapia, allora sindaco di Milano, altri sindaci, parlamentari ed esponenti politici ci eravamo già espressi in questo senso ben prima del referendum.

Lo scorso ottobre, Nicola Fratoianni, coordinatore nazionale Sel, ha annunciato lo scioglimento del partito: cosa pensa e che conseguenze avrà per lei?
A Nichi Vendola, a Nicola Fratoianni e a tutti i compagni con cui abbiamo fatto un pezzo importante di strada auguro un buon lavoro. Per quanto mi riguarda, resto fermo nella mia convinzione che la politica sia un’azione collettiva in cui si può dialogare senza tradire le proprie posizioni, ma per un obiettivo comune. E credo che in Italia il centrosinistra tradizionale, quello che ha vinto le elezioni in numerose città nel 2011, abbia questo compito. L’esperienza a Cagliari, a Milano, a Genova e in diverse altre realtà locali lo dimostra.

A questo proposito, si parla con sempre maggiore insistenza della creazione di un nuovo soggetto politico, con lei protagonista assieme a Pisapia e Laura Boldrini, possibile alleato di Renzi alle prossime elezioni: può dirmi a che punto siamo con la nascita di quella che da molti è salutata come una “nuova sinistra”?
Campo progressista è prima di tutto un’esigenza. C’è uno spazio che è sempre esistito, quello del centrosinistra tradizionale, che va rilanciato perché è necessario se vogliamo arginare populismi e qualunquismo e non lasciare via libera alla destra che in questi anni – a causa della crisi e della strumentalizzazione del dramma dei flussi migratori – sta riprendendo piede in tutta Europa. Per farlo serve dialogare con tutte le forze che si riconoscono nel campo democratico e progressista, in uno spazio che sia aperto e inclusivo. Parliamo di questo negli appuntamenti sempre molto partecipati che stiamo facendo in diverse città. L’appuntamento di sabato 11 marzo a Roma sarà l’occasione per fare il punto a livello nazionale.

Da sempre, essendo lei stesso molto giovane, punta la sua attenzione sul mondo giovanile e il suo coinvolgimento nel mondo della politica. A Bologna, nell’incontro tenutosi per la ricostruzione del centrosinistra, ha proposto di coinvolgere maggiormente in politica i ragazzi rappresentanti di istituto e dell’università: come pensa si possa attuare in pratica questa sua idea?
I modi sono diversi: a Cagliari abbiamo istituzionalizzato gli incontri con i rappresentanti degli studenti universitari e con quelli delle scuole. Molti sono fuorisede, ma chiaramente sono parte integrante della vita cittadina. Portano le loro proposte, discutono, diventano parte attiva e si impegnano non solo per le rivendicazioni da studenti ma come cittadini. A Lecce ho proposto, per i prossimi incontri, ovunque si faranno, di lasciare il mio posto a un rappresentante degli studenti universitari e a un rappresentante di istituto che credano nel centrosinistra: devono essere loro i protagonisti di questo rilancio. La verità è che mi auguro non di fondare un nuovo movimento politico, ma di potermi iscrivere a un partito immaginato e costruito da giovani che costituiscano un progetto politico con al centro il loro futuro e il futuro del Paese.

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Simona Gautieri



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