Assemblea congressuale Cia Agricoltori Italiani Ferrara. Stefano Calderoni confermato presidente
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Le problematiche del settore agricolo, le sfide per riportarlo al centro delle politiche economiche
e fiscali per ridare reddito e valore al lavoro delle imprese i temi al centro dell’assemblea
Ferrara – “La nostra agricoltura e l’impegno quotidiano degli agricoltori deve ritornare al centro
dell’agenda economica e fiscale della politica, perché attualmente in Italia non c’è nulla di più
secondario del settore primario”. È uno dei passaggi della relazione di Stefano Calderoni,
imprenditore agricolo di 36 anni – conduce un’azienda a indirizzo orticolo a Mesola –
riconfermato alla guida di Cia – Agricoltori Italiani Ferrara per i prossimi quattro anni. Molto
impegnato per la valorizzazione dell’agricoltura del territorio, il presidente continuerà a guidare
l’associazione verso un’importante fase di rinnovamento, per dare alle aziende un sostegno
concreto in una fase di forte trasformazione del settore. Ad affiancare Calderoni come
vicepresidente ci sarà nuovamente Massimo Piva – risicoltore attivo nelle battaglie per la
salvaguardia di riso e soia italiani – e una giunta rinnovata, grazie all’entrata di nuovi membri
come Gianfranco Tomasoni, allevatore di Portomaggiore. Aumenta, inoltre, la presenza
femminile negli organismi direttivi, dove le imprenditrici agricole sono oltre il 30%.
Tra gli ospiti presenti anche Paolo Govoni, presidente della Camera di Commercio di Ferrara;
Tiziano Tagliani, sindaco di Ferrara, Albano Bergami, vicepresidente di Confagricoltura, i
consiglieri regionali Marcella Zappaterra, Paolo Calvano, Alan Fabbri, Cristiano Fini,
vicepresidente Cia regionale e Alessandro Mastrocinque, vicepresidente nazionale Cia.
Molti i temi affrontati nel corso dell’Assemblea, dalle politiche europee ed internazionali, a
quelle nazionali e territoriali, in un sistema dove l’agricoltura è ormai parte di un contesto
ampio e complesso.
“La nostra agricoltura non può più essere legata al “Km 0” – ha detto Calderoni – perché i suoi
confini non sono più locali e nazionali. Occorrono, piuttosto, politiche commerciali e di
valorizzazione strutturali, per conquistare presto nuovi sbocchi di mercato. I trattati
internazionali come il Ceta, ai quali diamo erroneamente la colpa dell’entrata di grano al
glifosato in Italia, non sono il male assoluto. Servono certamente delle regole chiare per le
importazioni, ma l’internazionalizzazione dei prodotti è fondamentale, e se pensiamo che
difendere il Made in Italy significhi richiuderci dentro un recinto protezionista abbiamo sbagliato
tattica”.
Imprescindibile, secondo il presidente Cia, anche una politica europea basata sul confronto,
che fornisca indicazioni utili allo sviluppo, anche attraverso il rinnovamento della Pac (Politicca
Agricola Comune).
“L’Europa che vogliamo è quella che combatte contro la volatilità dei prezzi e si impegna a
sottrarre i prodotti alimentari da meccanismi speculativi, per ridare reddito agli agricoltori e
sicurezza ai consumatori. Quella che investe sull’agricoltura perché il cibo, la difesa del
paesaggio, dell’ambiente e la sicurezza alimentare sono valori costituenti. Quella che si
concentra sulla qualità e salubrità delle coltivazioni e non sulla burocrazia.
Noi chiediamo che la nuova Pac premi chi produce, crea occupazione e difende il territorio,
attraverso il mantenimento del livello di spesa e la semplificazione”.
E a un mese e mezzo dalle elezioni del 4 marzo, non potevano mancare alcune richieste alla
politica nazionale e locale, a partire dal primo importante appello: “I politici – afferma Calderoni
– devono avere più riguardo per l’agricoltura, inserirla nei loro programmi e confrontarsi con le
forze sociali che rappresentano il settore. Siamo il paese con il maggior numero di eccellenze
certificate, ma questo rischia di rimanere solo un primato superficiale, se non è seguito da serie
strategie di valorizzazione, che premino i produttori e le filiere virtuose. La politica deve avere
un ruolo più attivo e rimuovere gli ostacoli che spesso non consentono alle aziende di
lavorare. A livello nazionale serve un testo unico sull’agricoltura per orientarsi a livello
normativo, la semplificazione burocratica, certezza nell’erogazione dei contributi, maggior
difesa delle produzioni biologiche e una legge per il consumo del suolo. Sul territorio è
necessario – continua Calderoni – che venga superata l’attuale frammentazione istituzionale,
che non dà la possibilità di individuare nei Comuni, in particolari i più piccoli, un interlocutore
adeguato. Gli enti locali dovrebbero sostenere le imprese e affiancarle nella crescita grazie a una
maggior chiarezza burocratica – penso alla vicenda dell’Imu che l’Anci ha chiesto di inserire per i
coadiuvanti agricoli – e a una serie di agevolazioni fiscali, come l’eliminazione della tassa sui
passi carrai. Serve, inoltre, maggior impegno per garantire i servizi minimi nelle aree rurali che
rischiano di spopolarsi e un maggior impegno per la sicurezza, a fronte di un aumento dei furti
nelle aziende agricole”.
Al termine del suo intervento Stefano Calderoni ha fatto il punto sull’associazione e i suoi
progetti di sviluppo, all’insegna di una maggiore unità del mondo agricolo. “Stiamo facendo
grandi passi avanti, a livello organizzativo, per dare agli associati nuovi servizi, favorire la
comunicazione e costruire vere e proprie reti tra produttori. Questa ristrutturazione interna in
senso innovativo, ci consente di affrontare in maniera più forte le molte battaglie che ci
aspettano. In questi anni ci siamo impegnati fortemente per il prezzo dei cereali, la riforma di
medio termine della Pac, l’aumento dei minimi di pensione, le importazioni selvagge dell’olio di
palma e l’ottenimento di un marchio per la soia Italiana. Abbiamo lavorato, insieme ad alcune
Op e alle istituzioni, per il salvataggio di Ferrara Food e abbiamo assistito i nostri soci nei crack
Carife e Capa Ferrara. Ma tutto questo non basta, dobbiamo avere il coraggio di fare molto di
più, anche attraverso l’unità reale del mondo agricolo. L’esperienza di Agrinsieme ha
dimostrato che insieme si possono fare grandi cose – penso alla valorizzazione della filiera della
pera – ma bisogna costruire un vero percorso di unificazione, basato sul 99% delle cose che ci
accomunano. Noi siamo la vera agricoltura, fatta del lavoro e della fatica quotidiana di uomini
e donne, non le grandi aziende come Bonifiche Ferraresi, esempio unico ma non
rappresentativo dell’agricoltura italiana. Noi produciamo reddito, occupazione, tuteliamo il
paesaggio e abbiamo dato vita a quello straordinario e variegato mondo che è la campagna
ferrarese”.
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