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da: ufficio stampa Pro Format Comunicazione

Presentati ad ASCO 2014 nuovi dati su Pembrolizumab,
immunoterapia sperimentale MSD a base di anticorpi anti-PD-1, che agisce bloccando
la via di fuga attraverso la quale le cellule tumorali aggirano la sorveglianza immunitaria.

Designato dalla FDA quale “Breakthrough Therapy” per il melanoma avanzato,
Pembrolizumab ha evidenziato per questo tumore un significativo aumento
dei tassi di sopravvivenza, più che triplicati, e un’attività antitumorale duratura.

Risultati promettenti anche per il tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC),
dove Pembrolizumab si candida a farmaco di prima scelta, in alternativa alla chemioterapia.

Chicago, 3 giugno 2014 – Si aprono nuove prospettive nel trattamento di forme tumorali particolarmente aggressive e con limitate opzioni terapeutiche, come il melanoma in fase avanzata e il tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC), grazie a una molecola innovativa, in grado di ripristinare la naturale capacità del sistema immunitario di riconoscere e colpire le cellule tumorali, tagliando loro le vie di fuga.
A Chicago, nel corso di ASCO 2014, il congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), sono stati presentati nuovi dati su Pembrolizumab (MK-3475), immunoterapia sperimentale di MSD Oncology, costituita da anticorpi anti-PD-1 altamente selettivi.
Grazie all’importanza dei primi dati clinici, Pembrolizumab, punta di diamante dell’impegno di MSD in Oncologia, è stata designata dalla FDA come “Breakthrough Therapy” nel trattamento del melanoma avanzato. Una decisione che potrà garantire un processo di revisione più veloce e che ha indotto MSD ad accelerare lo sviluppo della molecola, attualmente studiata attraverso oltre 20 trial clinici che coinvolgono oltre 4.000 pazienti affetti da una vasta gamma di neoplasie.
Nel trattamento del melanoma avanzato Pembrolizumab si è dimostrato in grado di assicurare un significativo incremento della sopravvivenza generale (OS), con un’attività anti-tumorale duratura. Secondo i dati di KEYNOTE-001, uno studio di Fase 1b tuttora in corso, la sopravvivenza a un anno è stata raggiunta dal 69% di 411 pazienti con melanoma in fase avanzata trattati con Pembrolizumab in monoterapia. In particolare, la sopravvivenza a un anno è stata raggiunta dal 74% dei pazienti non trattati in precedenza con ipilimumab, attuale standard di cura, e nel 65% dei pazienti con malattia in progressione o già trattati con ipilimumab. La sopravvivenza a 18 mesi è stata raggiunta dal 62%.
«Il dato più importante che emerge da questo studio è che con questa molecola la sopravvivenza a un anno, fino a qualche anno fa sotto il 25%, è adesso più che triplicata: il 70% dei pazienti è vivo a distanza di un anno in corso di trattamento», afferma
Michele Maio, Direttore dell’Immunoterapia Oncologica del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena – Istituto Toscano Tumori. «Altro dato estremamente interessante riguarda la risposta più durevole a Pembrolizumab rispetto alla chemioterapia; un’evidenza che ci si aspettava perché il farmaco non agisce sul tumore ma “educa” il sistema immunitario del paziente a tenere sotto controllo la malattia».
Nel mondo l’incidenza di melanoma, tumore maligno della pelle, raddoppia ogni dieci anni. Si stima che nel 2012, nel mondo, siano state fatte 232.000 nuove diagnosi con un’elevata incidenza nella popolazione giovane. Oltre il 50% dei casi di melanoma viene diagnosticato entro i 59 anni.

Pembrolizumab ha come bersaglio il sistema PD-1, costituito dal recettore PD-1, espresso sulle cellule linfocitarie T, e i suoi ligandi PD-L1 e PD-L2. La proteina PD-1 è considerata un “checkpoint” immunitario, un vero e proprio posto di blocco che si attiva in diverse fasi della risposta immunitaria regolando l’attività dei linfociti. Assumendo il controllo del sistema PD-1, le cellule tumorali riescono a eludere la sorveglianza del sistema immunitario. Pembrolizumab blocca in maniera selettiva il legame che unisce il recettore PD-1 del linfocita T ai ligandi espressi dal tumore. In questo modo, viene ripristinata la naturale capacità del sistema immunitario di rilevare e distruggere le cellule neoplastiche.
Grazie a questo innovativo meccanismo d’azione, Pembrolizumab si candida a diventare una nuova arma anche nel trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC). Secondo i dati presentati a Chicago, la molecola, utilizzata come terapia iniziale in pazienti con NSCLC PD-L1 positivo, ha dimostrato un’importante attività antitumorale con riduzione della massa neoplastica nell’80% dei pazienti trattati: il 47% ha avuto un dimezzamento della massa tumorale, gli altri una riduzione inferiore al 50%.
«Il dato dimostra, seppure su una popolazione limitata, una rilevante attività antitumorale di
Pembrolizumab che potrebbe rivelarsi migliore rispetto a quella delle terapie attualmente disponibili che danno risposte inferiori al 40%», afferma Andrea Ardizzoni, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oncologia medica dell’Azienda ospedaliera-universitaria di Parma. «Attualmente sono in corso ulteriori studi clinici che confronteranno l’efficacia di Pembrolizumab con quella della chemioterapia standard a base di platino. Se i risultati di questi studi dovessero confermare le prime evidenze, l’anticorpo anti-PD-1 potrebbe ottenere, in futuro, l’indicazione come farmaco di prima scelta nel tumore NSCLC, per il quale attualmente esistono poche opzioni terapeutiche».
Il carcinoma polmonare è da decenni il tumore più diffuso nel mondo, con una stima di 1,8 milioni di nuovi casi nel 2012 (WHO, 2013). Il carcinoma del polmone non a piccole cellule o NSCLC rappresenta l’85-90% di tutti i casi di cancro polmonare.
Per consolidare la prospettiva di un’alternativa alla chemioterapia nel trattamento del NSCLC, MSD prevede inoltre di avviare nel prossimo settembre uno studio di Fase 3 (Keynote-024) per valutare Pembrolizumab in monoterapia come trattamento iniziale rispetto a una terapia di combinazione a base di platino nei pazienti con carcinoma polmonare avanzato non a piccole cellule PD-L1 positivo.

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