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Da BERLINO – Non dovrebbe stupire se si riempiono i locali per una conferenza di stampo accademico, tenuta da rinomato professore americano della prestigiosa università del Michigan a Ann Arbor nonché attivista gay. Se non vogliamo indulgere in lazzi di tardo-berlusconismo (in cui evidentemente continuiamo a vivere come dimostrano recenti discutibilissimi servizi fotografici su stampa prezzolata), dovremmo dire che la sessualità ovviamente è una componente fondamentale della natura umana, sia essa negata con ascetismo, esagerata con la pornografia, normalizzata con i diritti umani oppure vivisezionata con gli studi accademici.

È da questo punto che è iniziata la brillante conferenza di David Halperin, tenuta abilmente al berlinese Institute for Cultural Inquiry tra istrionismo, ironia, filosofia greca (in greco) e post-strutturalismo.

Dopo un inizio brillante, Halperin passa a trattare un passo di Analitici Priori (Anal. 68a25-27) sulla teoria del male preferibile per cui di fronte ad un bene maggiore ed un male maggiore è (eticamente) preferibile un bene minore ed un male minore. È curioso però che Aristotele spieghi questo sillogismo applicandolo al caso dei rapporti sessuali ed erotici (Anal. 68a39-b2) per cui si giunge alla conclusione che è preferibile avere un partner che è innamorato ma non vuole avere rapporti sessuali piuttosto che un partner che non è innamorato ma preferisce avere rapporti sessuali. Per Aristotele la verità di questo sillogismo risiede appunto nella differenza tra amore e attrazione sessuale con l’implicito presupposto che l’amore sia fondamentalmente migliore del sesso: “amore quindi è preferibile al rapporto sessuale secondo il desiderio erotico” (Anal. 68b2-6).

La questione quindi è fino a che punto amore e sesso si possono sovrapporre? Oppure, per dirla altrimenti, a cosa serve il sesso?

Il rigore analitico di Aristotele non sembra lasciare scampo: qualsiasi sia lo scopo, questo è comunque sottoposto all’amore persino a costo della sua sparizione.

Osservando però il sillogismo più attentamente nel testo greco Halperin è in grado di dimostrare due cose: innanzitutto che il rapporto d’amore / sessuale qui indicato non è eterosessuale bensì omosessuale, più specificatamente “pederastico” secondo l’uso greco, cioè un “rapporto” tra un maestro (più anziano) e pupillo (più giovane); questa asimmetria quindi si riverbera quindi sulla vera natura del sillogismo che stabilisce un ruolo attivo di dare amore e il ruolo passivo di ricevere in cambio non amore bensì benevolenza.

Dalla logica piuttosto complessa del male minore si deduce quindi che Aristotele presuppone una connessione finalistica tra sesso e amore ovvero che il sesso ha come finalità intrinseca l’amore e quindi come tale può persino sparire quando il suo scopo è terminato.

L’argomento che Halperin muove contro questo edificante sillogismo aristotelico è forse crudo ma è stato posto con notevole eleganza, non priva però di una certa triste ironia: un gay può frequentare una sauna gay per avere contatti sessuali da parte di persone che senza alcuna ombra di dubbio non sono interessati né a lui in quanto persona bensì a lui i quanto “corpo,” corpo desiderante (oppure come si usa dire nella più bieca pornografia di basso livello “meathole”). Si tratta di una sorta di scambio crudele ma giusto, si sembrerebbe dire, per cui essere desiderati esclusivamente per il proprio corpo e nient’altro è irrefutabilmente vera proprio perché accade in questi termini. Ma non è questa però la confutazione più veritiera dell’edificante sillogismo aristotelico? Ovvero che il sesso abbia senso quando non ha senso (oltre che se stesso)?

È nello scontro tra queste due probabilmente estreme posizioni che si profila ma ahimè si interrompe l’interessante disquisizione suggerendo che sarebbe necessaria una combinazione tra sesso (qui declinato in termini crudelmente omosessuali) e un amore-erotismo (declinato in termini tipicamente romantici) una sorta di “queer sexuality” che implichi una complessa dialettica (addirittura metafisica) l’una con l’altra.

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Federico Dal Bo

È giornalista pubblicista e traduttore, dottore di ricerca in Ebraistica, dottore di ricerca in Scienza della traduzione, residente a Berlino

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