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Sarà forse perché ci ha lasciato giusto vent’anni fa (e chissà oggi che Italia avrebbe cantato), ma la prima cosa che mi è venuta in mente è un verso di Fabrizio De Andrè: “Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti.” E’ una frase scomoda. Scomodissima. Da usare solo in casi eccezionali, quando tutti i ragionamenti intelligenti non funzionano più, quando le armi dell’ironia e della satira risultano inutilizzabili.
Ecco, l’impressione che mi sono fatto è che questa volta non siamo di fronte a un “caso come tanti altri”, uno scontro politico tra un super ministro e qualche sindaco “disubbidiente” da aggiustare con una mediazione di rito. No, la situazione è molto diversa e molto più grave: quasi un punto di non ritorno. A forza di tirare la corda, la corda si è spezzata. Da una parte c’è la Costituzione Italiana e il suo primo custode (il presidente Mattarella), i trattati internazionali, la dichiarazione dei diritti dell’uomo. Dall’altro un leader politico (in gran spolvero nei sondaggi) che ha deciso scientemente di rompere il quadro delle istituzioni e della democrazia italiana. E’ Stato Salvini ad accendere la miccia, a porre le premesse dello scontro istituzionale a cui stiamo assistendo: Il Decreto Sicurezza, l’attacco al Sistema di Accoglienza e integrazione realizzato a Riace, ora la “disobbedienza politica” in nome della Costituzione dei Sindaci di Napoli e Palermo ne è la diretta conseguenza. Gli esiti di questo braccio di ferro sono ad oggi inconoscibili. Siamo cioè di fronte a un quadro che potrà evolvere o in senso democratico o in senso autoritario.
Per capire la gravità del momento, basta spostarci un poco a Est e guardare l’Ungheria del dittatore Orban che, dopo aver chiuso le frontiere, riesuma il lavoro forzato (50 ore settimanali) per i propri sudditi. Le piazze ungheresi sono a ferro e fuoco e si temono conseguenze incalcolabili. L’Ungheria ha bisogno di lavoratori stranieri per far funzionare le sue fabbriche e alimentare il suo sviluppo economico, ma Viktor Orbàn ha scelto una misura demagogica e totalitaria. Vuole il potere, sempre più potere, e per raggiungere il suo obbiettivo ha deciso di andare anche contro le leggi dell’economia.
L’impressione è che la strategia di Matteo Salvini sia molto simile. I Porti chiusi, gli atteggiamenti muscolari, lo smontaggio e la vanificazione del sistema dell’accoglienza, la trasformazione (di fatto) di tutti gli stranieri in clandestini, non sono solo norme antiumanitarie ma assolutamente controproducenti. Anche l’Italia, come l’Ungheria, ha bisogno di lavoratori stranieri regolari per far funzionare le proprie fabbriche. Abbandonare i canali dell’immigrazione legale e brandire l’arma (spuntata) delle espulsioni di massa, ci consegna l’Italia di oggi e di domattina, dove centinaia di migliaia di immigrati senza diritti non possono né lavorare nè procurarsi pane e companatico.
Ho l’impressione che Salvini lo sappia benissimo. Sa che dietro lo slogan “prima gli italiani” non c’è un’idea di economia e di società che possa in qualche modo funzionare. Salvini ha semplicemente continuato a tirare la corda – esattamente come Orban in Ungheria – per portare l’Italia nel caos e nella ingovernabilità. Non vuole cioè un’altra Italia: vuole un’Italia ingovernabile. Non assomiglia a uno statista, ma a un capopopolo deciso a giocarsi il tutto per tutto in uno scontro frontale. Magari, dio non voglia, attraverso una battaglia civile.
Fino a ieri, In molti abbiamo pensato che la strategia del leader leghista  fosse solo quella di accaparrarsi qualche punto in più nei sondaggi elettorali. Ma se la sua strategia fosse invece quella di prendersi il Paese, l’Italia tutta intera?
Magari mi sbaglio, ma se siamo davvero a questo punto, se la strategia di Salvini sta finalmente scoprendo la sua vera natura: eversiva, antistatalista, antidemocratica, allora siamo davvero alla frase di Faber: “Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”.
In tutti i casi, d’ora in poi è vietato distrarsi. Occorre capire e prendere una posizione precisa: da una parte o dall’altra. Tutti, compreso questo piccolo giornale.

in copertina elaborazione grafica di Carlo Tassi

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it