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In Siberia si annega o si brucia: immagine contraddittoria ma tragicamente reale di un vasto territorio in ginocchio, di cui su stampa e Tg si parla troppo poco o si tace. La terribile alluvione del mese scorso e l’incendio che continua a imperversare attualmente offrono un panorama apocalittico di proporzioni vastissime e senza precedenti che riguarda le regioni siberiane di Krasnoyarsk, Irkutsk e la Yakuzia, tutto l’estremo Nordest della Russia.
Una catastrofe ambientale senza precedenti per estensione, virulenza e impatto sui delicati equilibri di quei territori, a cui si aggiungono anche le coste del mar Artico, la Groenlandia, il Canada e l’Alaska, dove si segnalano incendi e focolai. Una cortina di fuoco e fumo che invade il Nord del mondo, proprio quei Paesi freddi in cui è difficile immaginare un fronte ardente preoccupante. Cambiamenti climatici che vedono salire le temperature oltre i 30°, accompagnate da venti forti? Responsabilità umana legata a comportamenti dolosi e pratiche poco chiare?
Scorrono ipotesi, convinzioni, illazioni, chiavi di lettura differenti di questi fenomeni che chiedono chiarezza innanzitutto, risposte e spiegazioni accreditate e attendibili. Nella regione di Krasnoyarsk la popolazione ha dato vita in questi giorni a una grande manifestazione di protesta, chiedendo le dimissioni del governatore che aveva cinicamente dichiarato che “combattere gli incendi non è redditizio”.
Abbiamo raggiunto telefonicamente lo scrittore Nicolai Lilin, che in Siberia ha lasciato parenti, amici e un pezzo del suo cuore, impegnato quotidianamente a seguire a filo diretto ciò che accade nelle regioni colpite dalla devastazione con notizie di prima mano, trasmesse da coloro che stanno vivendo il dramma. “Le proporzioni dell’incendio sono impressionanti – racconta – le ricadute non sono solo ambientali ma anche sociali, umane, perché quelle foreste, tutte le foreste sono i polmoni dell’umanità. Le fiamme stanno trasformando il paesaggio in un enorme buco nero con pesanti conseguenze sull’habitat e la salute della gente di cui vedremo gli effetti. Siamo vicini ai 4 milioni di ettari spazzati via dal fuoco, destinati a crescere ogni giorno se non arginato e circoscritto. Un disastro sociale, economico e ambientale a cui non si sta dando voce in tutta la sua rilevanza nei media internazionali. Arrivano foto satellitari sempre più allarmanti e il vento che soffia è come un lanciafiamme che alimenta ulteriormente il rogo. Il fumo arriva fino in Alaska e Canada e la fuliggine viene trasportata dall’aria e raggiunge zone anche lontane centinaia di chilometri, come il Tatarstan, dove alla gente è consigliato di indossare mascherine. La resina degli alberi e la torba emettono esalazioni che si respirano; la torba, in particolare, per la sua conformazione conserva il calore e le braci e continua a covare e bruciare sottoterra.
Chiediamo a Lilin della gente, la sua gente, e lui racconta degli sforzi che i civili stanno facendo perché, fino qualche giorno fa dovevano contare solo sulle loro forze. “Si sono formate squadre di volontari locali che fanno del loro meglio, poco. Ivan, un mio amico, ha usato i suoi soldi e il suo mezzo agricolo per contrastare il fuoco e, insieme agli altri tentare di salvaguardare il villaggio. Inutilmente, perché è bruciato tutto. Le persone sono profondamente colpite, arrabbiate e impotenti davanti alle autorità locali che non intervengono. L’oro verde, il legname, che è un business enorme legale e sommerso, porta un indotto di 49 miliardi l’anno come esiti della vendita in Cina. E i treni carichi di tronchi non smettono di viaggiare. Nel frattempo, la gente è costretta ad abbandonare i luoghi in cui è sempre vissuta”.
Lilin specifica che i primi incendi sono divampati già a marzo e molte persone segnalarono il pericolo: “La Taiga è la loro vita, la loro casa, il loro sostentamento, il loro futuro. Ma che futuro può avere un territorio grande due volte il Belgio che arde perennemente e che avrà la prospettiva di ricrescere e ripopolarsi della fauna nell’arco di 100 anni? “Danni enormi alla flora e alla fauna, alla qualità di acqua e aria – ribadisce Lilin – Non si è parlato di numeri riguardanti vittime umane ma ci sono dispersi, persone scomparse, che sicuramente saranno andate incontro alla morte, date le circostanze. Solo in questi ultimi giorni il presidente Putin, in una riunione straordinaria, ha dato ordine di impegnare l’aeronautica militare per contrastare dall’alto le fiamme, e di inviare mezzi di terra per intervenire. Merito, forse, anche della mobilitazione sul web che ha attirato l’attenzione sulla drammatica situazione”.
“Non si sta togliendo futuro solo alla Taiga, ai suoi villaggi, alla gente che la popola da sempre in un rapporto ancestrale col territorio, alla sua potente foresta boreale, alla sua fauna costituita da lupi, orsi, linci, visoni: si sta togliendo futuro a tutti noi – conclude Lilin – con i cambiamenti del clima, l’incuria, l’indifferenza, il cinismo di chi predilige il business alla salvaguardia della vita”.

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Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).


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