Colpevole o innocente?
Colpevole, per me colpevole, assolutamente.
E non mi riferisco alla (commentatissima) ‘scivolata’ di Alessandro Barbero, storico medievalista, noto volto televisivo e novello influencer. D’altronde l’episodio è di dominio pubblico – “virale”, come si usa dire in tempo di pandemia. In una intervista a La Stampa il professor Barbero si interroga su cosa mai impedisca al genere femminile di affermarsi pienamente. E si risponde subito, suggerendo una curiosa spiegazione: “vale la pena di chiedersi se non ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi”. Le donne cioè, mancherebbero “di quella aggressività, spavalderia, sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi”.
La sparata di Barbero è passibile di due spiegazioni. Se la si prende sul serio, sicuramente il professor Barbero sarebbe da internare immediatamente. Nessuno oggi, pur fieramente antifemminista, si sognerebbe di sostenere un minus biologico od ontologico del genere femminile rispetto al genere maschile.
Una castroneria lombrosiana del genere? Forse solo un terrapiattista, un creazionista, un mormone di estrema destra… No, andiamo, non può essere; Alessandro Barbero insegna all’Università!
Io propendo per una seconda spiegazione: la stupidaggine di Barbero è colpa del suo innamoramento per i media e i social media. In Televisione e su YouTube [un esempio a caso] Barbero parla come una mitragliatrice. Risponde come un lampo, naturalmente prima di riflettere. Niente appunti, niente pause, zero dubbi. Chiacchiera. Cazzeggia. E alla fine, per stupire il suo pubblico, spara una battuta ad effetto. Solo che a volte non gli viene bene. O invece sì: la gaffe (Mike Bongiorno insegna) fa parte del mestiere.
In ogni caso, un vasto fronte femminile – tranne la grande Natalia Aspesi, cui le 92 primavere non hanno tolto intelligenza, acume e ironia – si è scagliato contro il bieco maschilismo di Barbero, arrivando a chiedere la sua epurazione dalla televisione di Stato.
Diversa invece la posizione dei colleghi televisivi e della maggioranza dei giornalisti e commentatori (Aldo Grasso sulla prima pagina del Corriere) che lo hanno sostanzialmente difeso, ricordando la triste pratica della censura che ha seminato tanti video-morti: Dario Fo, Franca Rame, Enzo Biagi, Michele Santoro, Daniele Luttazzi…
Fin qui, tutto secondo copione. Ma la conta dei commenti non è finita. Ce ne sono altri. Incredibili. E un po’ indecenti.
Sono le prese di posizione, gli attestati di stima e solidarietà, le pacche sulle spalle, in certi casi il tifo da ultrà, del mondo accademico, e segnatamente dei docenti universitari di Storia e di Scienze Umane. La casta, perché di questo si tratta, si è schierata a difesa del povero collega. Intendiamoci: non per difendere la Storia, ma per sostenere un uomo che tutti i giorni la storia la fa a pezzi, Coriandoli.
Perché quella che il sorridente Barbero distribuisce in video non è Storia. E non è nemmeno divulgazione.
La divulgazione (e quanta di più ce ne vorrebbe in Italia) è una cosa seria. Bisogna lavorare sodo per rendere facili cose difficili, senza tradirle. Divulgazione è quella che da quarant’anni continua a fare Piero Angela. O quella delle ultime edizioni di Kiimangiaro e di altri programmi o brevi siparietti che si incontrano su Rai Storia o Rai News 24. Divulgazione è quella di Passato e presente di Paolo Mieli: che sceglie un argomento specifico, si documenta, prepara le domande e invita in studio tre giovani ricercatori e un docente specialista della materia.
Fare divulgazione non è improvvisare, banalizzare, saltare da palo in frasca, cavarsela con una battuta o un paragone sballato, citare un pressappoco, prendere fischi per fiaschi e venderli come storia.
Perché la Storia è affascinante ma non è una cosa semplice. Ma per renderla semplice – compito e obbiettivo di un divulgatore – non puoi ridurla all’amorazzo tra Antonio e Cleopatra o alla gastrite di Napoleone. Questa è la vera colpa del professor Barbero, la sua personale scorciatoia per il successo mediatico: abbandonare la storia, la ricerca, il dubbio e servirci un un frullato dolciastro senza capo né coda.
Barbero risponde su tutto, è esperto di tutto, dall’invenzione della ruota alla caduta del Muro di Berlino. La storia medievale, la sua materia, è troppo stretta per il suo ego, deve nuotare come un pesce (cieco e sorridente) nel gran mare della storia: re e regine, servi e padroni, guerre e trattati, epidemie e invenzioni… Nuota e sorride, ammicca, blandisce il popolo incolto.
Ecco fatto: così la Storia, “il lungo cammino dell’uomo”, diventa “gossip storico”, degno del settimanale Novella Tremila.
Non ho niente contro Novella Tremila e periodici consimili: fanno il loro mestiere lo fanno anche bene. Fanno gossip e lo dichiarano apertamente. E anche per il professor Alessandro Barbero sono portato alla clemenza. E’ colpevole di scempio della Storia, ma per lui avrei pensato a una dolce pena.
Dimentichi la Storia, evidentemente non è la sua materia. Liberi, sua sponte, i canali Rai. lo aspettano altri mari da attraversare, altri pubblici da divertire. Una sua rubrica di “curiosità storiche” su Oggi o su Gente sarebbe un successo. Magari accanto alla collaudata pagina su Padre Pio.
Cover: foto Wikimedia Commons
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Francesco Monini
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