Da settimane i banchi dei centri commerciali sono pieni di Stelle di Natale, le poinsettie (Euphorbia pulcherrima) che riempiranno di colore le nostre case durante le prossime feste. Ho sempre avuto la sensazione che queste piante contenessero un timer, programmato per il loro totale deperimento, a partire dal giorno della Befana. Così almeno è sempre successo, fino all’anno scorso, quando la mia piantina senza sponsor e pedigree, acquistata per pochi euro in un supermercato, non solo ha troneggiato sul pianerottolo della mia scala per tutte le feste, ma è sopravvissuta, con le sue foglie verdi e qualche goccio d’acqua, fino a quando, arrivata la primavera ho deciso di metterla in giardino. Nel suo vasetto di plastica, all’ombra della rete ricoperta d’edera, ma con le spalle riscaldate dal sole che batte fino a sera dall’altro lato della stessa rete, in mezzo alla informe confusione che ormai ha preso il possesso del mio giardino, ha trovato una casa di suo gusto. Non l’ho praticamente mai innaffiata, questa estate fresca e molto piovosa ha provveduto alle sue necessità, e da una settimana l’ho riportata sul pianerottolo delle scale, dopo averle fatto passare una decina di giorni nella terra di mezzo che è il garage non riscaldato. Pare stia bene, le ho messo vicino una stella nuova con le brattee belle rosse, per farle compagnia e per fare un po’ di massa alla base della pianta, che crescendo in altezza, ha perso le foglie lungo gli steli che si sono ingrossati e allungati. Non sono mai stata in Messico, la terra di origine della poinsettia, ma penso sia uno spettacolo fantastico vederne degli esemplari alti più di due metri. La facilità con cui la mia piantina si è mantenuta da sola, come una comune erbaccia, mi fa pensare che non sia stato un virtuosismo del mio pollice verde, ma un segno dei cambiamenti climatici che stiamo vivendo, o forse doveva andare così, intanto sono curiosa di vedere se riuscirà a sopravvivere anche dopo questo Natale, e nell’attesa, metto in sospeso l’argomento.
Albero vero o albero di plastica? Preferisco quello vero. In commercio si trovano alberi di vivaio di tutte le dimensioni e prezzi, quindi di solito acquisto un bell’albero e lo riempio di piccoli oggetti acquistati o che mi sono stati regalati in tanti anni di vita, piccole cose che rendono il mio albero una vera collezione di ricordi e pensieri gentili. Negli anni passati, finite le feste lasciavo la pianta nel vaso e qualche volta sono riuscita ad utilizzarlo per due anni di seguito, altrimenti è finito tagliato a pezzi e bruciato nella stufa. Mi rendo conto che questo processo faccia orrore a molte persone, ma per smaltire la plastica di un albero finto ci vogliono troppi anni per i miei gusti, quindi se la plastica è una scelta per comodità posso condividerla, ma non credo sia una scelta giusta dal punto di vista dell’ambiente, un ambiente che tranne in rarissimi casi, ha subito un danno enorme proprio grazie alla riforestazione indiscriminata con abetaie. Soprattutto in tutti i casi in cui, per una pessima moda di parecchi decenni fa, l’abete ha sostituito ettari di macchia mediterranea, eliminando un sistema complesso in grado di trattenere terreni franosi e resistere agli incendi con maggiore efficacia. Danni ambientali a parte, trovo fastidiosa la pratica comune di piantare l’abete in giardino o, peggio ancora, negli spazi condominiali, la considero una delle tante sciagure paesaggistiche che ci tocca subire, non per la pianta, ma per le assurde potature che le vengono inflitte per adattarlo alla mancanza di spazio. L’abete comune è una pianta robusta, sta bene anche in pianura e in vent’anni raggiunge comodamente 12 metri di altezza, più o meno come una casa di tre piani. Vent’anni fa anch’io ne ho piantato uno in giardino, perché quando si è presi dall’entusiasmo e dall’horror vacui si fanno un sacco di sciocchezze, si pianterebbe di tutto o peggio ancora, come nel mio caso, ci si rende disponibili a dare ospitalità a tutti gli esuberi degli amici. Il mio abete è stato piantato da piccolo, una cosina da niente che negli anni si è presa non solo il suo spazio, ma anche quello delle piante vicine, che sono state spostate o addirittura eliminate per lasciare all’albero tutti i suoi rami, anche quelli più bassi. Adesso il mio abete è bellissimo, non è mai stato potato, ma arriverà il momento in cui tenterà di espatriare nel cortile del mio vicino, e allora saranno dolori, perché dovrò scegliere tra una potatura infelice o la sua eliminazione e come sempre, sarà la pianta a pagare l’errore del suo giardiniere.
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Giovanna Mattioli
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