Al Vittoriano trionfa l’eleganza del Signor Boldini da Ferrara
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“La vita è moto; Boldini è stato il pittore dinamico per eccellenza. Dinamico non soltanto perché è stato ossessionato dalla realizzazione di ciò che vive e vuol divenire, ma anche perché, fino all’ultimo respiro, ha voluto superare se stesso. Boldini fu il pittore del gesto, diremmo del respiro del gesto, di quel fremito che aleggia attorno ad una mano quando si è appena posata e non si è ancora appesantita nella dimenticanza di se stessa. Nei suoi quadri, il gesto non è posa, è moto, cioè transizione, sì che, pur esprimendo quello che è, esso contiene ancora quello che è stato e già esprime ciò che vuol divenire”. (Emilia Cardona).
“Il Signor Boldini da Ferrara, un nome nuovo ma che brillantemente esordisce”, come lo aveva definito Telemaco Signorini, ci attende a Roma, al Complesso del Vittoriano, ala Brasini.
Con la sua eleganza, il suo talento, la sua leggiadria, la bellezza di tele le cui tenui sfumature accarezzano la delicatezza di visi ottocenteschi che accompagnano nella piacevole passeggiata nella Belle Epoque. Donna Franca Florio, dal manifesto imperioso, conduce lo spettatore verso un’entrata a luci soffuse che è il giusto preludio a quanto l’attende, attraverso una scala che, all’ombra di un profilo scultoreo che osserva, pian piano introduce e invita alla scoperta: 160 opere, alcune raramente esposte, provenienti da 30 musei di tutto il mondo, quali il Musée d’Orsay di Parigi, lo Staatliche Museen zu Berlin – Nationalgalerie di Berlino, il Musée des Beux-Arts di Marsiglia, la Galleria degli Uffizi di Firenze e il Museo Giovanni Boldini di Ferrara.
Si inizia dalla “timeline”, un manifesto dl colore rosa e grigio, colori che profileranno tutta la visita, che introduce la vita di Giovanni Boldini, nato a Ferrara il 31 dicembre 1842 da Benvenuta Caleffi e dal pittore Antonio Boldini. Fin dall’età di 14 anni, momento in cui realizza il magistrale autoritratto, Boldini inizia a dipingere e frequenta la scuola di pittura dei fratelli Domenichini. Trasferitosi a Firenze nel 1864, il pittore entra in contatto con esponenti di rilievo del gruppo dei macchiaioli, come Cristiano Banti e Telemaco Signorini, e qui frequenta gli ambienti alla moda del Caffè Michelangiolo e del Caffè Doney. Inizierà poi a viaggiare, da Parigi, dove, nel 1867, visita le mostre di Courbet e Manet, e Londra, dove gli vengono commissionate opere anche per la duchessa di Westminster. E’ però il 1871 l’anno di svolta: Boldini va a Parigi con la modella e compagna Berthe, spesso ritratta, con la quale si trasferisce prima a Montmartre e poi a Place Pigalle. Da qui inizierà ad esporre nei saloni parigini più illustri cambiando anche amanti e modelle.
Il 1886 è l’anno del famoso ritratto di Giuseppe Verdi, prima quello ad olio poi quello a pastello; dal 1889, anno in cui presenta cinque dipinti ad olio e vari pastelli all’Esposizione Universale e riceve il Grand Prix e la medaglia d’oro per il Pastello bianco, ricomincia a viaggiare. E’ il turno della Spagna e del Marocco. Le tappe della vita di Boldini si susseguono in un crescendo di avvenimenti e successi importanti: torna a Milano per la prima del Falstaff di Verdi (1893), partecipa alla prima Biennale di Venezia (1895), diventa amico di Marcel Proust (1899), viene premiato all’esposizione Universale di Parigi con il Grand Prix (1900), esegue il Ritratto di Donna Franca Florio (1901), termina il ritratto della principessa Marthe-Lucile Bibesco esposto al Salon du Champ-de-Mars (1911), ottiene il titolo di ufficiale della Légion d’Honneur e quello di Grand’Ufficiale della Corona d’Italia (1919), inizia il suo rapporto epistolare con Filippo Tommaso Marinetti (1920), ammirando d’Annunzio. Una vita costellata dall’amore per le donne, da Berthe, a Gabrielle de Rasty, ad Alaide Banti, che l’artista definisce “mia fidanzata per 60 anni”, fino alla moglie trentenne Emilia Cardona, sposata alla veneranda età di 87 anni. Sempre affascinato dalla bellezza e dalla sensualità che avvolge, Boldini ha realizzato fra le opere più belle e rappresentative del fascino e dell’eleganza di ogni donna. Abiti sontuosi e fruscianti, salotti, tessuti, luci soffuse, attimo fuggente: questo il travolgente mondo di Boldini che ammiriamo a Roma. Tra le celebri opere esposte vi sono La tenda rossa (1904), Signora che legge (1875), Ritratto di signora in bianco (1889), Ritratto di Madame G. Blumenthal (1896).
E, soprattutto, la grande tela dedicata a Donna Franca Florio, realizzata tra il 1901 e il 1924, capolavoro simbolo della Belle Epoque. Nel 1901, Ignazio Florio, erede di una delle più importanti famiglie di imprenditori di Palermo, affida a Boldini il ritratto della bellissima e affascinante moglie, chiamata “Donna Franca, la Regina di Sicilia” e definita da D’Annunzio “l’unica. Una creatura che svela in ogni suo movimento un ritmo divino”. Ignazio non ama il ritratto, lo ritiene troppo sensuale e provocatorio, il vestito eccessivamente scollato. Il lavoro, per questo non viene pagato. Boldini ne fece una seconda versione, che piacque a Florio, esposta a Venezia nel 1903. Ma se ne perdono le tracce e, a distanza di anni, l’artista, su richiesta di donna Franca, prende la prima versione del ritratto che aveva conservato nel suo atelier, realizzando quanto vediamo oggi. Opera, peraltro, prestata al Vittoriano, perché oggi, coinvolta da procedura giudiziaria, sarà presto messa all’asta.
Nella ricerca dell’attimo fuggente, possiamo continuare il nostro viaggio nell’opera boldiniana.
L’esposizione è divisa in quattro sezioni: la luce nuova della macchia (1864-1870), la Maison Goupil fra chic e impressione (1871-1878), la ricerca dell’attimo fuggente (1879-1891) e il ritratto Belle Epoque (1892-1924).
Memorabili, nella prima sezione i ritratti di Adelaide Banti sulla panchina (1870-1875) e la famiglia Banti (1866), nella seconda la colorata Place de Clichy (1874), la Signora che legge o le Dame del Primo Impero (1875) adagiate comodamente su eleganti poltrone e divani azzurro e oro (1875), nella terza i ritratti della Contessa de Rasty coricata e in abito da sera (1880), il ritratto di Cecilia de Madrazo Fortuny (1882), di Madame Seligman dalla spilla luccicante a forma di libellula(1883) e di Emiliana Concha de Ossa, dal viso lungo avvolto in un elegante velo trasparente (1889-1901), e, nell’ultima, quelli di Josefina Alvear de Errazuriz (1892), dell’attrice Reichenberg (1895), di Mademoiselle De Nemidoff dall’elegante pettinatura (1908), di Gertrude Elizabeth Lady Colin Campbell dalla scollatura ornata di rose (1894) o di Madame G. Blumenthal (1896).
Le atmosfere parigine si sentono e si vedono. Come si legge nella seconda sala, “i caffè risuonano come officine, all’ombra degli alberi si stringono i dolci colloqui; tutto s’agita e freme in quella mezza oscurità, non ancora vinta dall’illuminazione notturna; e un non so che di voluttuoso spira nell’aria, mentre la notte di Parigi, carica di follie e di peccati, prepara le sue insidie famose” (Edmondo de Amicis). Vivace cromatismo variopinto che aleggia nelle sale. Splendore di vita mondana che arriva da qui fino agli abiti sinuosi della Belle Epoque, silhouette leggere e aggraziate, pizzi, merletti, collane di perle e fiori eleganti ad ornare la bellezza. Beltà su beltà. Femminilità pura. Centinaia di delicate muse passate per l’atelier di un artista unico. Da vedere. Perfida divina!, avrebbe detto Boldini, come aveva apostrofato la Marchesa Dora di Rudinì.
Giovanni Boldini, Complesso del Vittoriano – Ala Brasini, Roma, 4 Marzo-16 Luglio 2017. Sotto l’egida dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, con il patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e della Regione Lazio, la retrospettiva è organizzata e prodotta da Gruppo Arthemisia, in collaborazione con Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale e AIAC (Associazione Italiana Arte e Cultura), ed è curata da Tiziano Panconi e Sergio Gaddi. Sito web: http://www.ilvittoriano.com/mostra-boldini-roma.html
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Simonetta Sandri
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