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C’era anche Ferraraitalia all’undicesima edizione del Festival della Mente che si è tenuto da venerdì a domenica a Sarzana. Una tre giorni di appuntamenti interamente dedicati alla creatività. Promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia e dal Comune di Sarzana, con la direzione scientifica di Gustavo Pietropolli Charmer, l’edizione 2014 ha dedicato grandissimo spazio all’adolescenza. Moltissimi gli esperti di fama internazionale che hanno incantato un pubblico eclettico proveniente da ogni parte dello Stivale e non necessariamente di addetti ai lavori. Noi non faremo un resoconto dettagliato di questa full immersion, che non ci compete. Diremo tuttavia che abbiamo apprezzato una manifestazione che ha messo a confronto – finalmente e concretamente – le generazioni. Che bandendo ogni nostalgia e pessimismo, ha evitato gli allarmismi e il disfattismo. Che si è tenuta alla larga da frasi di rito – ormai anatemi – del tipo «Poverino, non ce la farà mai a trovare un lavoro e a realizzarsi»’ o «Tu sei unico, sei il migliore». Nulla di tutto questo. Semmai c’è stato un invito alla ‘normalità’, alla condivisione, all’uguaglianza. A non crescere i nostri ragazzi facendoli sentire invincibili e unici, salvo poi farli precipitare in frustrazioni che sanno di ‘fallimento’ alla prima occasione in cui non realizzano un obiettivo. No. Si è ricordato loro – e a chi li educa – che per essere al passo coi tempi non basta essere ‘digitali’, ma bisogna leggere, tanto e sempre, perché la cultura crea coscienza e aiuta a capire chi e cosa ci circonda (David McCullough Jr, insegnante, in Ragazzi, non siete speciali). Che ha invitato i genitori a vegliare su preadolescenti la cui maturità fisica non corrisponde a quella mentale (Sofia Bignamini, psicoterapeuta, in L’esplosione dei mutanti) e a non avere da loro aspettative suggerite dall’aspetto adulto. A non confondere la loro capacità tecnologica con la capacità di gestire, emotivamente, i contenuti del web e dei social. Ecco allora che i genitori devono cercare di essere all’altezza dei figli, devono cercare di comprendere i mezzi di comunicazione – per loro obsoleti – che i ventenni maneggiano dalla culla. E in epoca di grande violenza, si è detto agli adulti lasciate litigare i bambini, perché così, dovendo poi fare pace, sperimentano e imparano la ‘relazione’ la rinuncia, la resistenza, l’amicizia (Daniele Novara, pedagogista, in Litigare fa bene). Non impartite sempre punizioni, perché il conflitto non è violenza, anzi. La violenza è spesso racchiusa nell’incapacità di gestirlo, il conflitto. Diffidate semmai di chi è troppo tranquillo. Allo stesso modo, se i diciottenni se ne stanno solo ‘stravaccati’ sul divano – come esemplifica Michele Serra ne Gli sdraiati e ha ribadito in Tutte le famiglie infelici si assomigliano – preoccupatevi, ma non troppo. Interagite. Il punto è che non sta scritto da nessuna parte che il nostro mondo è migliore del loro. Sono cambiati i paradigmi, ma chi stabilisce quali sono quelli giusti? A noi questo taglio, senza condanne e senza scusanti per le nuove generazioni, e senza alibi per le ‘over’, è piaciuto. Ci è piaciuta la sollecitazione alla responsabilità di tutti. Ci è piaciuta questa assenza di toni apocalittici, che non portano da nessuna parte e certo non aiutano i ragazzi a costruirsi un futuro. Che è anche nostro. E se giornalismo è creare le coscienze, ci piace pensare che Ferraraitalia continuerà a portare contributi, da Sarzana come da Roma, con la convinzione profonda che nessuna realtà basti a se stessa. Se non a rischio di una dannosa auto referenzialità.

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Camilla Ghedini



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