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Qualche volta, come fanno i bambini piccoli, mi meraviglio di cose che nel mondo adulto sono date per scontate. Perché l’acqua del rubinetto è potabile ma la usiamo per tutto tranne che per berla? La risposta è perché beviamo l’acqua minerale. Spendiamo di più, ci riempiamo di bottiglie e la beviamo felici. Allora vediamo come è fatto il mercato di questa bevanda tanto gradita. Da ormai più di tre decenni le acque minerali hanno affrontato il marketing in modo aggressivo, a colpi di packaging e pubblicità. Il settore si aggira sui 2,3 miliardi di euro, dunque un mercato molto interessante. Prevale la grande distribuzione e incrementano le label private (quattro grandi gruppi industriali detengono il 70% del mercato). La crisi tuttavia inizia a colpire anche questo settore che mostra negli ultimi anni un leggero calo. Però l’Italia è un grande mercato, tra i maggiori del mondo (dopo gli Emirati Arabi) con consumi procapite superiore a 190 litri a testa ogni anno. Sono circa 90 miliardi i litri imbottigliati ogni anno nel mondo.
Eppure costa di più dell’acqua del rubinetto e ha indiscutibili svantaggi sotto il profilo ambientale. La maggior parte è in vendita in bottiglie di plastica (pet) non sempre riciclate (anche se le innovative bio-bottiglie iniziano a svilupparsi); inoltre il grave problema del trasporto su gomma aggrava le tematiche ambientali. In poche parole, l’impatto ambientale comporta consumo di energia e di combustibili fossili sia per la produzione delle bottiglie sia per il trasporto delle stesse. Però il consumo aumenta ed è incrementato del 300% in trenta anni.
Forse questo mutamento dei consumi è dovuto anche alla qualità dell’acqua del rubinetto (vedi precedente articolo in proposito), ecco perché la maggior parte degli italiani considera l’acqua minerale più sana e naturale. In fondo, dalla normativa italiana è considerata “acqua terapeutica”. Allora parliamone.
Per farlo, utilizzo un opuscolo scritto da un mio ex collaboratore di Federambiente “Guida alla lettura delle etichette delle acque minerali italiane”, in cui offre una semplice comprensione delle caratteristiche fisico-chimiche delle acque consumate nelle nostre case per una scelta consapevole e ragionata di quella più adatta alle nostre esigenze. Leggendolo si è così in grado di distinguere un’acqua in base al contenuto dei principali ioni (calcio, magnesio, sodio, potassio, bicarbonato, cloruro, solfato, nitrato) e verificare il posizionamento di quella che abitualmente beve rispetto alla media del campione studiato (95 acque con sorgenti ubicate in quasi tutte le regioni italiane). Alla fine di ogni paragrafo, un box fornisce le indicazioni per poter classificare la propria acqua partendo dalle informazioni riportate sull’etichetta (e-book è in vendita in tutti i principali stores italiani ed internazionali al prezzo simbolico di 0,99 euro, per accedere alla pagina clicca qui).

Tra le altre cose, l’opuscolo dice che l’acqua media italiana:
– è classificabile come bicarbonato-alcalino terrosa (cioè con predominanza dello ione bicarbonato sugli ioni solfato e cloruro e degli ioni calcio e magnesio sugli ioni sodio e potassio);
– in funzione della conducibilità, il 60% delle acque è caratterizzata da una mineralizzazione media, ma il 13% presenta una mineralizzazione eccessiva, la maggioranza è caratterizzata da un carattere basico – il ph medio è risultato pari a 7,25 – e quasi la metà ha una durezza bassa con una media del campione pari 32,94 °F;
– considerando i valori del residuo fisso, gran parte delle acque risultano avere una mineralizzazione bassa con un valore medio del campione pari a 459,10 mg/l;
– quasi un’acqua su cinque è classificabile come calcica e il valore medio è risultato pari a 91,01 mg/l, circa il 10% risulta magnesiaca con un valore medio di questo ione pari a 23,20, solo il 2% sono considerabili sodiche e ben il 72% sono utilizzabili in diete povere di questo ione il cui valore medio risulta pari a 28,45 mg/l mentre il tenore medio in potassio è risultato pari a 5,72 mg/l;
– relativamente agli anioni poco più del 10% delle acque sono classificabili come contenenti bicarbonato con un valore medio di questo ione pari a 311,47 mg/l, quasi tutte le acque sono classificabili come dolci in funzione del contenuto in cloruri il cui valore medio è risultato 23,81 mg/l, quasi il 10% sono acque solfate con valore medio di 94,75 mg/l e più dell’80% delle acque sono utilizzabili nell’alimentazione dell’infanzia in funzione del tenore in nitrati il cui valore medio è pari a 6.63 mg/l;
– relativamente agli ioni minori è stato possibile fare degli approfondimenti relativamente al tenore in fluoruri che ha consentito di classificare il 7% delle acque come fluorate ed ha fatto emergere che ben il 43% è utilizzabile nell’alimentazione per l’infanzia relativamente alla presenza di questo anione il cui valore medio è risultato pari a 0,6122 mg/l, nessuna acqua è ascrivibile tra le ferruginose ed il tenore medio in stronzio è risultato pari a 1,1095 mg/l.;
– il contenuto in silice medio è risultato pari a 17,19 mg/l.

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it