Ogni giorno un brano intonato alla cronaca selezionato e commentato dalla redazione di Radio Strike.
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Da un po’ di tempo, così, a naso, sento che c’è un ennesimo spettro che si aggira per l’Europa: l’antipatia per la Germania.
Tralasciando la questione Grecia/Europa ecc. mi accorgo che la cosa mi ritorna addosso SEMPRE durante queste serate di chiacchere con una bottiglia di acqua in mano.
Anche quando sono da solo, in realtà.
Oggi per esempio, appena aperto internet mi trovo davanti un interessante articolo a riguardo pubblicato su Prismo.
E ieri, tentando di abbassare la temperatura mi sono sparato uno di quei live gelidi di Nico negli anni ’80.
Poi sono uscito e mi sono accorto che c’era pure un po’ di venticello!
Nico funziona sempre.
E ho realizzato che sarò sempre immune a questa antipatia per la Germania.
In più torno a casa, vado per andare a letto ma mi piovono addosso delle chiacchere casuali sul cinema e puntualmente chi salta fuori?
Murnau, Lang, Herzog e Fassbinder.
Non si scappa.
E questa settimana se n’è andato anche Dieter Moebius ovvero la metà che restava dei Cluster.
La mia fase krautrock l’ho passata da un po’ ma mi viene voglia di mandare tutto in vacca e riguardare quel documentario meraviglioso della BBC, “Krautrock: The Rebirth Of Germany”.
È un documentario fatto davvero da dio (sempre grazie BBC) su tutto ciò che scatenò quell’onda inarrestabile di grandiosa musica “altamente germanica” dalla fine dei ’60 a, più o meno, la fine dei ’70.
La cosa bella è che tanta di quella musica si impollinò molto anche con certo nuovo cinema tedesco di quell’epoca.
Nel documentario si vedono ad esempio gli Amon Duul insieme a Fassbinder e all’inizio si sente la gigantesca colonna sonora dei Popol Vuh per “Aguirre” di Herzog.
Altra cosa lampante è l’enorme personalità di quella musica, alimentata di nuovo dalla volontà di ricostruire una loro Germania.
Ed ecco che il loro cinema, di nuovo, viaggia parallelo.
Vedi per esempio il remake di Nosferatu ad opera ancora di Herzog, concepito come ha dichiarato più volte lo stesso regista, proprio come una lettera d’amore al patrimonio artistico di quella Germania spazzata via dal nazismo.
Quei ragazzi e meno ragazzi – Roedelius dei Cluster per esempio fece in tempo ad essere arruolato nelle ultime milizie di ragazzini che presidiavano una Berlino già sconfitta – lavorarono come dei pazzi e spesso il risultato finì per essere in anticipo su tantissima musica a venire.
Ma riuscirono soprattutto a fare la cosa a cui penso tenessero di più: riallacciarsi alla loro tradizione classica/sperimentale e lanciarla nello spazio insieme al rock’n’roll della loro infanzia e adolescenza.
Quindi per oggi un pezzo che chiude il cerchio attorno a ‘sti sperimentatori illuminati, a questa questione Germania/soldi ma anche a quel proverbio tedesco sui soldi che mi ha insegnato ancora Herzog: il diavolo caca sempre sul mucchio più grosso.
PS:
il documentario è tutto su YouTube con sottotitoli!
Selezione e commento di Andrea Pavanello, ex DoAs TheBirds, musicista, dj, pasticcione, capo della Seitan! Records e autore di “Carta Bianca” in onda su Radio Strike a orari reperibili in giorni reperibili SOLO consultando il calendario patafisico. xoxo <3
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