È inutile girarci troppo attorno ma a ‘sto giro è davvero il caso di prendere in prestito le parole di Moravia al funerale di Pasolini.
Anche se l’hanno fatto cani e porci, ci tengo comunque a dire che non sono probabilmente la persona più adatta per lanciarmi in giudizi sui testi di Franco Battiato.
Di una cosa però sono sicuro: il suo pionieristico lavoro di inizio carriera sul poderoso sintetizzatore VCS3 è certamente roba degna della miglior poesia.
Non posso nemmeno dire di essere un conoscitore di tutta la vastissima opera di Battiato.
Ma di un’altra cosa sono sicurissimo: tutti i dischi suoi che ho sentito mi hanno fatto sbarellare come pochi altri dischi.
Dalla fase “sperimentale” alla fase in cui il nostro si butta sul pop io son sempre cascato non bene ma benissimo.
Il mio parere poi è decisamente poco autorevole – per non dire irrilevante – quindi mi pare il caso di chiudere queste umili righe con le parole di colui che è unanimemente considerato il più autorevole critico musicale a livello internazionale, il buon vecchio Simon Reynolds:
Battiato’s native status as a seer to be taken seriously is a bit beside the point for non-Italian listeners, given the language barrier.
But even responding purely to the sonic surface, the mixture in Battiato’s music—especially evident in these early albums—of playful mischief and questing passion is captivating.
Quindi grazie di tutto al Maestro e via con il pezzo della settimana, preso direttamente da uno di questi “early albums” a cui si riferiva l’esimio sig. Reynolds.
Propiedad Prohibida (Franco Battiato, 1974)
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