A vela in notturna: il luccichio del cielo stellato sopra un mare nero petrolio
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Nell’elenco delle emozioni fissate nella memoria, a esclusione di quelle attinenti alla sfera affettiva e dei sentimenti, non esiterei a inserire l’incanto della navigazione notturna a vela. Una suggestione antica, che nei millenni ha coinvolto mitiche civiltà che attraverso la navigazione commerciale e militare hanno determinato il loro futuro e sono passate alla storia: Fenici, Cartaginesi, Greci, Romani, Vichinghi e tante altre in ogni mare del globo terracqueo, fino ad arrivare con un balzo di secoli alla navigazione moderna di Cristoforo Colombo. Tutti con il naso all’insù da secoli per osservare e comprendere costellazioni e stelle. Così con i mezzi sofisticati della contemporaneità, anche gli eredi in solitario, i pluri circumnavigatori del mondo come lo scomparso Ambrogio Fogar o Giovanni Soldini o il compianto Bernard Moitessier, scrittore e romantico erede della grande navigazione francese, Eric Tabarly o altri ancora. Non è necessario aver solcato i mari caldi del sud e gli oceani, circumnavigato Capo Horn o partecipato alla Transat per provare quel brivido, possiamo navigare più semplicemente in altura e in acque domestiche, come nel medio-alto Adriatico fra Ravenna e la croata località di Lussino.
Impostazione del carteggio e rotta di 90 miglia per 90° est.
Condizione ideale e premessa fondamentale è avere compagni di viaggio con i quali condividere appieno ogni accadimento nella navigazione, dalla routine all’impredivilità di alcuni possibili imprevisti di navigazione. Ma andiamo con ordine.
Come d’abitudine arrivati alla banchina di ormeggio dell’imbarcazione nel tardo pomeriggio del mercoledi vi sono prioritari i controlli fondamentali: vele, carburante per il motore ausiliario, batterie, acqua in stiva, carta nautica e accessori, gps, dotazioni di bordo come prescritto dalle norme vigenti, documenti regolari da presentare in un eventuale controllo durante la navigazione e per le autorità portuali d’arrivo, cambusa di soddisfazione. Il servizio meteo-mare consultato ci tranquillizza e ancora un rapido controllo a più mani e occhi delle attrezzature per la navigazione, àncora, luci regolamentari, parabordi, cime varie e infine spinta liberatoria per distaccarsi dal molo.
Vento e moto ondoso ci consentono di uscire in mare aperto rapidamente di bolina larga e al traverso, dopo aver acceso le luci di navigazione. Il buio sta prendendo il sopravvento con il tramonto alle spalle, il cielo è sgombro da nubi e i primi luccichii tremolanti sopra le nostre teste si percepiscono anche se debolmente.
Il comune denominatore dell’equipaggio è l’intercambiabilità fra di noi e una dose di buona conoscenza delle regole che disciplinano l’andar per mare (l’essere tutti patentati senza limiti non ci pone al riparo dal prestare sempre attenzione a ogni istintivo segnale di pericolo o di cambiamento della situazione).
Turni di tre ore in coperta per due membri dell’equipaggio consentono di far riposare gli altri quattro compagni di navigazione; rigorosamente assicurati alle cinture si governano le vele e la timoneria, si chiacchiera, ma soprattutto si scruta il mare e il cielo. La notte è sufficientemente calda, il mare appare nero petrolio, ma qui saremmo nel pieno nelle atmosfere di un romanzo di Joseph Conrad o di Herman Melville. Il Mare Adriatico effettivamente appare oscuro, poca onda e il rilevamento radar mette in rilievo solamente qualche piccola increspatura. La paura per chi naviga in notturna sono i corpi galleggianti semi sommersi, si racconta vi siano anche containers galleggianti che non si vedono, ma si sentono in chiglia o in deriva o sull`elica o sulla pala del timone e si spera nel caso peggiore si possano contenere i danni. La luna minimale a falce illumina pochissimo il mare, e fortunatamente direi: se fosse al massimo bagliore, a malapena si vedrebbero le stelle e le costellazioni. Come si favoleggia, “un mare di stelle” sulla testa e questo è il lato romantico e indimenticabile della traversata: lo spettacolo è di quelli che lasciano senza fiato, ci si deve concentrare, ma a occhio nudo si vedono nitidamente fra le altre l’Orsa maggiore a nord ovest e Cassiopea a nord est, fra tanto brillare.
Certo, suggerisco anche un buon libro intriso di fantasia e avventura “Isolario arabo medioevale” di Angelo Arioli, un orientalista della Sapienza di Roma: “Isole che appaiono e scompaiono, abitate da donne solamente, isole delle scimmie…Sono autori di varia provenienza, Iraq, Persia, Marocco, musulmani, mercanti, viaggiatori che raccontano di isole mirabili, dal Mar di Cina all’Oceano Indiano, piccoli universi dagli ambigui confini in un arco di tempo che va dalla metà del IX secolo al XV secolo”.
Dal buio della notte spunta un’enorme sagoma già vista al radar, ma che avrebbe dovuto darci la precedenza: un cargo, un condominio a motore navigante, con dodici piani di luci accese che ovviamente non si ferma e ci consente solo la libertà di commentare, visto che non ci ha speronato.
Il vento che all’inizio spirava da sud-est, come abituale in tempo stabile, si è fermato. Si ammainano le vele in attesa di qualche refolo e si accende il motore. La notte non solo si vedono stelle e costellazioni brillare in cielo, ma sul mare si scorgono diverse luci immobili o in movimento bianche rosse e verdi che identificano le imbarcazioni, le direzioni di navigazione e la loro attività non sempre in chiaro. Dopo dodici ore di navigazione sempre vigile, in compagnia di alcuni “ferri da stiro”, yacht a motore che si divertono a farci ballare, siamo in vista di Lussino. Documenti all’autorità del Paese ospitante e scendiamo a terra. Il resto è normale navigazione da diporto per qualche giorno su una costa, quella croata, ricca di isole e di piccoli ristoranti dove il pesce è quello che nuotava qualche ora prima.
Da non dimenticare per la volta successiva di Bernard Moitessier: “Un vagabondo dei mari del sud”.
Il ritorno la domenica mattina riaccende la competizione con il vento e con il moto ondoso. Si naviga di giorno, le stelle e le costellazioni non si vedono e il mare, il nostro Adriatico, per fortuna non è nero petrolio.
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Marco Bonora
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