A modo suo. Un breve intervento fuori stagione
Per noi che abbiamo avuto una formazione culturale e politica nei leggendari e molto discussi anni sessanta, non è così difficile trovare un modello culturale che dia un orientamento alla nostra vita o che ci ispiri nella visione di come dovrebbe essere una città colta, vivace, civile. Ci sono autori immensi come Leopardi, Goethe, Manzoni, Croce, Gobetti, Brecht, Mann, Ungaretti, Bobbio, per dare solo qualche esempio, e così via fino a Magris o Habermas, che per noi sono e restano i ‘Maestri’. Ma purtroppo questi orientamenti, questi fari intellettuali non hanno più nessun peso culturale per i giovani d’oggi.
Non ho voglia di cantare una grande lamentazione sul degrado culturale di questi ultimi anni, cosa totalmente inutile, o forse utile solo a chi scrive per calmarne i nervi. Ogni professionista oggi, sia esso un architetto che un artista, un avvocato o un giornalista (per parlare della mia categoria), dovrebbe continuare con il lavoro di ogni giorno ma in modo ‘kantiano’, che significa che io mi aspetto dagli altri un lavoro serio, competente, coscienzioso, ma anche ricco di creatività e curiosità, e che anch’io a mia volta mi comporto reciprocamente in modo responsabile nel mio lavoro, nella mia vita, come cittadino d’Europa, di Ferrara o di Monaco. “Resistere, resistere, resistere” come slogan contro il degrado della vita pubblica e della responsabilità per la “res publica” mi pare molto giusto, ma non è sufficiente perché è un atteggiamento troppo passivo ed anche retorico. Si sente un po’ il lontano “vento sessantottentesco” che talvolta ci manca in questi giorni di “cash & carry”.
Thomas Mann ha definito una volta il senso della parola “traduzione”: orientarsi ad un modello a modo suo (in tedesco: auf eigene Art einem Beispiel folgen). Noi, e mi pare i giovani d’oggi inclusi, abbiamo bisogno di una “Vita attiva” (Hannah Arendt), di creatività umana, di un senso profondo per l’urgenza di una “globalizzazione civile”. Oggi non si può parlare o scrivere di cultura rimanendo dentro le mura di Ferrara o di Monaco, ma nemmeno rimanendo nella cornice della sola Europa. Dobbiamo aprire le finestre delle nostre case, talvolta soffocanti e piene di polvere culturale ma anche di una storia civile, umana e di grandi valori. E non si tratta solo di difendere il nostro grande tesoro culturale, artistico e di valori democratici. Dobbiamo fare uno sforzo e andare oltre, aprire le nostre finestre per trovare nuovi orizzonti culturali. Oggigiorno essere solo italiano o tedesco o spagnolo non basta più per vivere una vita al passo coi tempi. Essere solo italiano o tedesco, oggi, è anche molto noioso, per me troppo.
Carl Wilhelm Macke (Monaco di Baviera/ Ferrara/)

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Carl Wilhelm Macke
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)