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Terapia

Dice: scrivere è meglio che andare dallo psicoterapeuta. Costa meno e alle volte serve.
E quando non si ha nulla da scrivere? Boh, si scrive e basta (parafrasando Vasco).
-Buongiorno dottore
-Buongiorno paziente. Che poi le non è neanche paziente è uno che camuffa e si nutre di gastrite.
-Vabbé lo so.
-Sa, pure che questo incontro non è mai esistito, che io non sono reale e che sue pugnette mentali se le sta scrivendo da solo alla tastiera del computer? Almeno dobbiamo essere certi che lei ne sia consapevole, altrimenti siamo messi veramente male.
-Si lo so. E’ solo una prova. Oramai sono anni che mi trastullo con la battutina sopra citata. L’ho detta una prima volta ad una presentazione di un libro. E’ piaciuta, E ora come un mantra o un mantello la indosso tutte le volte che mi viene chiesto perché scrivo.
-Esatto. Perché scrive?
-Ma allora dottore lei è un po’ tardivo. Cerco di fare uscire le parole in modo che non si trasformino in acidi gastrici, che non mi si tramutino nel fiato del drago e poi mi refluiscano nella trachea.
-Ok, quindi cosa mi vuole dire? Non le dico neppure di accomodarsi sul lettino perché tutto il contesto è frutto della sua immaginazione. Poi, spero che la categoria dei professionisti della mente non se la prenda con me, anzi con lei.
-Ecco dottore quello che le volevo dire è questo, io ho ancora sogni infantili, ho passato il mezzo secolo da poco, ma non sono un adulto fatto e finito. Mi mancano dei pezzi. Sono ancora in attesa di un imprenditore illuminato che capisca le mie potenzialità (che poi nemmeno sono sicuro di avere), un editore che rimanga folgorato dalle mie parole fino al punto da mettermi sotto contratto per scrivere il romanzo dei romanzi, il mio sindacato che veda in me il nuovo Di Vittorio oppure un qualsiasi partito estremamente di sinistra del 1.5% che punti su me per riprendersi il quarto stato.
-Si, decisamente, lei è grave. Mai pensato di farsi vedere da qualcuno?
-E daje, sto scrivendo appunto per risparmiare alcune centinaia d’euro.
-Vada avanti, ma si ricordi che non ho tutta la giornata.
-Dicevo appunto che ho aspirazioni acerbe, verdi come i rusticani, credo di avere abbandonato i sogni di giocare nella Spal e quello di lavorarci alla Spal da pochi anni. Magari per segnare le righe del campo col macchinino elettrico. Non lo so come posso guarire, credo di avere bisogno di un cocktail di autostima (una dose da cavallo), sport, aria pulita, passione, rivalsa, urla da stadio, scaglie di comunitarismo, due lanci in un torrente, un birra fredda, un buon libro letto e uno pubblicato. Ecco se mi prepara la ricetta, poi vado in farmacia e mi compro tutto il necessario.
-Guardi che sono un professionista, mica un firma ricette. Al limite devo essere io ad avvallarle la cura. Credo comunque che gli elementi per dichiararla infermo di mente ci siano tutti. Sta scrivendo a doppia voce tra lei e me che siamo la stessa persona, pigia i tasti in maniera isterica cercando di far uscire uno scritto che abbia senso. Il problema è che lei non vede il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, lei il bicchiere lo vede addirittura rotto. Tocca a lei aggiustarlo.
-Si lo so, ho continuamente bisogno di stimoli esterni, la polvere depositata sul piazzale antistante il mio box di cantiere non mi aiuta, i soffi, gli sprizzi, gli sguazzi del petrolchimico, mi spengono. Mi sento inadeguato alla vita nel recinto delle mura della fabbrica. Alle volte vorrei fuggire, ma non posso, non ci riesco. Vorrei fare altro, ma cosa? Sti cazzo di sogni infantili cominciano a pesarmi. Non sono operaio, non sono impiegato, né tecnico, né amministrativo. Sono un involuto.
-Credo comunque che lei debba continuare
-A fare che?
-A scrivere, non che la ritenga un genio, ma le serve. Gettare le parole sullo schermo la fa sentire meglio, poi, che scriva male o bene, quello lo deciderà chi legge. Ma continui, è come pasturare, prima o poi una bellissima tinca come quella che suo padre, quando lei era bambino sbagliò a guadinare e la fece fuggire prima di averle fatto prendere una boccata d’aria, abboccherà. Lo so che l’avrebbe rilasciata lo stesso, ma già da lì si percepiva che a lei mancava sempre una figura per fare un punto.
-Posso dirle una cosa dottore?
-Ma certo paziente, mi dica.
-Lo sa che lei è gran poco professionale, mi sembra un terapeuta da bancone del bar.
-Certo che lo sono. Sono lei stesso.
-Va bene, dottore non è che mi abbia aiutato molto, comunque essendo gratis ha fatto quello che ha potuto.
-La saluto paziente, mi stia bene.
-Mi stia bene pure lei dottore alla prossima seduta. Mo vediamo se ci pubblicano, ma a ‘sto giro sarà difficile.
-A presto, ma non troppo.

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Cristiano Mazzoni

Cristiano Mazzoni è nato in una borgata di Ferrara, nell’autunno caldo del 1969. Ha scritto qualche libro ma non è scrittore, compone parole in colonna ma non è poeta, collabora con alcune testate ma non è giornalista. E’ impiegato metalmeccanico e tifoso della Spal.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it