Burocrazia Emilia Romgna: 100 giorni all’anno rubati all’attività agricola per adempimenti inutili
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da: Ufficio Stampa Coldiretti
Ci vuole più di un anno per vedersi liquidare i danni da animali selvatici, più di tre mesi per ottenere la qualifica di Imprenditore agricolo e molti mesi per le pratiche edilizie in agricoltura. Sono solo alcuni degli esempi di burocrazia inutile che hanno spinto migliaia di agricoltori insieme con i loro trattori a scendere in piazza davanti alla Regione Emilia Romagna.
Insieme con la necessità di prevenire e controllare i danni da animali selvatici, la semplificazione è stata la principale richiesta fatta dagli agricoltori che vogliono eliminare gli adempimenti burocratici superflui, che tolgono all’attività d’impresa 100 giorni di lavoro all’anno e che si traducono in una perdita di competitività nei confronti dei colleghi di altre regioni e dei concorrenti stranieri.
Con la riforma “Del Rio” che ha azzerato le Province – spiega Coldiretti Emilia Romagna – diventa fondamentale accelerare i processi di semplificazione dando attuazione al principio del “silenzio assenso” previsto dall’articolo 11 della Legge Regionale 19 del 2011. Una norma che da cinque anni è rimasta disattesa per provvedimenti importanti come, tra gli altri, l’assegnazione del carburante agricolo, i risarcimenti danni animali selvatici, la qualifica di imprenditore agricolo professionale, l’iscrizione nell’elenco degli operatori agrituristici, l’autorizzazione unica ambientale per gli allevamenti, i permessi per costruire le strutture agricole.
“Semplificazione della burocrazia inutile e norme per il territorio che mettano gli imprenditori agricoli in grado di competere sia con i loro colleghi di altre regioni, sia con quelli del resto d’Europa sono fondamentali per lo sviluppo delle nostre aziende” ha detto il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello.
Lentezze e ritardi, per non dire immobilismo, dell’assessore all’Agricoltura, caccia e Pesca, Simona Caselli aggravano sempre di più la situazione. Solo nell’ultimo periodo – ricorda Coldiretti Emilia Romagna – c’è stato un lungo ritardo nell’assegnazione dei fondi del Piano regionale di Sviluppo Rurale per quanto riguarda i finanziamenti destinati alla lotta integrata. L’assessorato Agricoltura – afferma Coldiretti – fino a un mese fa aveva annunciato di voler pagare per la lotta integrata solo il 25 per cento delle domande, lasciando fuori 3 domande su 4, nonostante ne avessero i requisiti.
“In una Regione che pretende di essere tra le più green d’Europa anche il minimo ritardo è inaccettabile – commenta il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello – soprattutto in un settore che produce alimenti di eccellenza, molti dei quali competono con il resto d’Europa e con il mondo, come dimostra il record di 5,8 miliardi di esportazioni raggiunti dal settore agroalimentare regionale”.
Nel mirino degli agricoltori c’è anche la necessità di rivedere le zone vulnerabili ai nitrati. Dopo la presentazione all’inizio del 2015 dello studio dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) che ha scagionato definitivamente gli allevamenti, accertando finalmente la responsabilità nell’inquinamento delle acque sotterranee da parte anche di settori diversi dalle attività agricole, l’assessore regionale all’Agricoltura, dopo aver dichiarato l’impegno “per una maggior flessibilità nelle pratiche agronomiche, alla deroga ai carichi di organico nelle zone vulnerabili e ai periodi di divieto”, invece di predisporre immediatamente una nuova perimetrazione, con la conseguente modifica delle zone vulnerabili ai nitrati, non ha praticamente fatto più nulla.
“Non possiamo – dice Tonello – perdere ulteriore tempo: se vogliamo tutelare davvero l’ambiente e sostenere i prodotti di elevata qualità dell’agricoltura, non possiamo più chiedere soltanto alla zootecnia di addossarsi oneri e vincoli che dipendono da attività diverse. È necessario che l’Emilia Romagna presenti sollecitamente a Bruxelles una proposta di modifica delle aree con un nuovo piano che tenga conto delle nuove fonti di inquinamento non agricole come comprovato dallo studio Ispra”.
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