Oggi è la Giornata mondiale della terra. Una ricorrenza dedicata all’ambiente e alla salvaguardia del pianeta, istituita nel 1970, ma che in questi anni sta diventando davvero popolare. Su Google per l’occasione è stato creato un apposito “doodle”: piccola sequenza di immagini animate, dedicate a un tema. La scritta del motore di ricerca oggi sfodera due fiori rotondeggianti, che prendono il posto delle due lettere “o” del logo con un colibrì rosso che muove le ali in continuazione per succhiarne il nettare mantenendosi in volo.
Quando ci clicchi su, torna la scritta Google, ma con le “o” trasformate nei musi di due scimmie macaco con il pelo imbiancato dalle nevi giapponesi; ci clicchi ancora e ti appare una rotondeggiante medusa quadrifoglio; poi la lettera “o” diventa il corpo di un pesce palla; un altro clic e uno scarabeo cammina via dalla rotondità di una “o” di terra marrone, per prendere la forma di un camaleonte velato che si sovrappone a tutta la scritta.
La scelta di sottolineare l’evento da parte di un colosso dell’informazione online come Google è l’ennesima dimostrazione che i tempi sono maturi per la nostra sensibilità ambientalista e animalista. Siamo pronti per apprezzare la bellezza di creature piccole e grandi, con un aspetto che non rientra necessariamente nello stereotipo di un’estetica consolidata. La natura ci appare bella nelle sue manifestazioni, è il messaggio di vita e vitalità che è bello, che ci conquista, commuove, incuriosisce.
Nel saggio dedicato alla Storia della bellezza, Umberto Eco cita una frase di Guglielmo di Conches, che dice: “La bellezza del mondo è tutto ciò che appare nei suoi singoli elementi, come le stelle in cielo, gli uccelli nell’aria, i pesci in acqua, gli uomini sulla terra”. Insomma, non è bella sola la rosa perfetta, ma ciò che palpita e dà emozione; lo scorrere della vita è bello.
Per il fotografo e artista contemporaneo Mustafa Sabbagh [leggi relativo articolo] un mazzo di fiori acquisisce il massimo fascino nel momento del suo sfiorire. Charles Baudelaire diceva: “Il bello è sempre bizzarro. Non voglio dire che sia volontariamente, freddamente bizzarro, perché in tal caso sarebbe un mostro che esce dai binari della vita. Dico che contiene sempre un poco di bizzarria, che lo fa essere il bello in particolare”. A ben pensarci, già cinquecento anni fa la forza dirompente dei quadri di Caravaggio viene anche dalla sua capacità di andare oltre la perfezione per cogliere la caducità di una mela che ha un piccolo baco e di una foglia di vite che si accartoccia un po’.
Ecco, piano piano prevale questo tipo di estetica, la commozione per la vita che palpita e lotta, per la fogliolina che si fa strada tra l’asfalto, per una coccinella inaspettata sul cruscotto. E ci piace – forse – vedere che il ciclo della vita è più forte della climatizzazione stabile di un ufficio, della lontananza asettica del mondo virtuale, della presenza in ogni mese dell’anno di fragole e lamponi sulla nostra tavola. Bella la terra e le sue zolle, bello uno scarabeo che ci vive dentro, bello un frutto imperfetto e saporito da cogliere dall’albero, belli i giardini selvaggi e un’erba ribelle. La terra si muove e con lei le foglie, le stagioni, le nostre emozioni. Nonostante tutto c’è gioia; “Smile, without a reason why”, cantava Noa in Life is beautiful that way, colonna sonora di La vita è bella.
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Giorgia Mazzotti
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