Nino Di Matteo è il pm di Palermo che Totò Riina vuole morto. Di Matteo è stato pm in molti processi in cui Riina era imputato: per le stragi di Capaci e di via D’Amelio; per gli assassinii dei giudici Chinnici e Saetta. Ma fin qui tutto torna: la mafia condanna a morte i suoi nemici. Ciò che, invece, fa problema sono le amare dichiarazioni di questo magistrato coraggioso e competente. “Per fortuna prevale la passione, che ha ancora la meglio sulla razionalità pura che consiglierebbe di mollare tutto. Fare il magistrato secondo la Costituzione ‘non paga’. Né in termini di serenità personale, né di apprezzamento da parte delle Istituzioni e degli uomini che le rappresentano. Ho la netta consapevolezza che, quando ti inoltri su certi crinali investigativi sui rapporti fra mafia e Istituzioni, senti – per usare un eufemismo – di non essere capito da chi rappresenta lo Stato e persino da vasti settori della Magistratura. Troppi pensano che le nostre indagini siano tempo perso, risorse sottratte alla ‘vera lotta alla mafia’, che consisterebbe soltanto nell’arrestare la manovalanza criminale, nel sequestrare carichi di droga. Invece, oggi più che mai, un contrasto serio alla criminalità organizzata deve recidere i suoi legami con Istituzioni, politica, banche, finanza, forze dell’ordine, apparati dello Stato. Ti senti additato al pubblico ludibrio come un ‘acchiappanuvole’, o peggio come un soggetto destabilizzante che rema contro le Istituzioni per scalfirne il prestigio… Ma non importa, andiamo avanti”.
“Le parole sono pietre” recita il titolo di un bel libro di Carlo Levi: e queste sono dei macigni! Fino a quando un servitore dello Stato democratico e costituzionale descrive il proprio ‘vissuto’ come espressione di una condizione di solitudine rispetto alle Istituzioni e alla politica che dovrebbero sostenerlo e valorizzarlo, non saremo mai un ‘Paese normale’… Lo Stato e la politica devono essere presenti ogni giorno a fianco di chi difende la legalità e la Costituzione, e non solo ‘post-mortem’ ai funerali… di Stato!
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Fiorenzo Baratelli
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