da: Alcide Mosso
In un periodo storico nel quale molti pastori scelgono il grigio anonimato e si fanno promotori di un vuoto irenismo che spiana la strada al radicalismo islamico (e non solo), desidero esprimere il mio vivo apprezzamento al nostro Arcivescovo, che seguendo il monito di San Paolo, svolge il suo ministero “opportune et importune”, costringendo anche i non credenti ad interrogarsi sul presente e sul futuro della nostra comunità.
In particolare vorrei ringraziare Mons. Negri di quanto sta facendo per ricordare Rolando Rivi, il giovane seminarista ucciso nel reggiano dai partigiani comunisti.
Nel contempo vorrei che si ricordasse un’altra vittima dell’odio anticristiano, ucciso nel ferrarese e caduto nel dimenticatoio.
Mi riferisco al parroco di Dosso, don Raffaele Bartolini. Come scrive Don Lorenzo Bedeschi, nel suo libro “L’Emilia ammazza i preti”, il sacerdote “fu ammazzato la sera del 20 giugno 1945, perchè la sua abilità psicologica e intelligente era di grave ostacolo all’organizzazione estremista. Fu ucciso davanti a molti parrocchiani, sul sagrato della chiesa. Stava godendo il fresco e conversando con la sua gente davanti alla canonica la sera tardi, parlando del più e del meno, quando due giovanotti in divisa caki e armati intimarono il coprifuoco. «A casa tutti, tu no» dissero rivolti verso il parroco. Lo trascinarono con sè, mentre la gente fuggiva, ed egli si dimenava. La breve colluttazione fu terminata con una scarica di pistola e di mitra. Fu lasciato morto sul sagrato. I due se ne andarono tranquillamente. Li attendeva una motocicletta sulla strada”.
Capisco che ricordare certi avvenimenti può dare fastidio, può apparire “non politically correct” o disturbare la digestione di chi preferì non vedere e non denunciare, ma credo che il cadavere di Don Bartolini, lasciato ore e ore sul sagrato senza che nessuno trovasse il coraggio di avvicinarsi, interroghi la coscienza di tutti e chieda ancor oggi giustizia. Se non quella dei tribunali, almeno quella della memoria, dell’attribuzione delle responsabilità e della verità storica, presupposto indispensabile per la costruzione di una società che ambisce a definirsi civile.
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