da: Maria Cristina Nascosi Sandri
Il 4 marzo avrebbe compiuto 100 anni e sarebbe bello fosse ancora qui ad insegnarci, tanto.
In questi giorni è stato, ‘per fortuna’ – come direbbe, non senza un certo senso dell’ironia, Primo Levi – ricordato un po’ dappertutto, non solo nella ‘sua’ Ferrara, ma anche all’estero, a Los Angeles, tra l’altro, dove si trova uno degli Istituti di Cultura Italiani all’Estero più prestigiosi, presieduto fino a poco tempo fa da un altro grande intellettuale ferrarese, Guido Fink, per molti versi molto simile a Giorgio Bassani e non solo per origini, formazione e religione.
Molto si dice, certo, ricordandolo, ma per la maggior parte, son cose ‘ dette’ e ri-dette da anni.
Allora è giusto, forse, rammemorarlo con alcuni suoi versi, con le sue stesse parole, affinché la Novità ancora up-to-date dei suoi progetti applicata direttamente alla sua stessa esistenza, abbia ad esser davvero lezione permanente per chi è restato dopo di lui, vero intellettuale e perciò vero antesignano e prae-monitore di quanto è stato ed è, ancor oggi.
Leggiamolo in diretta, dunque, in uno dei suoi testi più pregnanti, e cerchiamo di non dimenticarlo, come un po’ era accaduto anni fa, mai, per davvero, né lui, né la sua Ferrara ed il suo territorio, il suo Delta, che, come Michelangelo Antonioni, amava tanto e che tanto bene descrive con la sua poetica narrativa, con il suo stile indiretto ‘libero’ anche in prosa…
Le leggi razziali
La magnolia che sta giusto nel mezzo
del giardino di casa nostra a Ferrara è proprio lei
la stessa che ritorna in pressoché tutti i miei libri.
La piantammo nel ’39 pochi mesi dopo la promulgazione
delle leggi razziali con cerimonia
che riuscì a metà solenne e a metà comica
tutti quanti abbastanza allegri se Dio vuole
in barba al noioso ebraismo
metastorico.
Costretta fra quattro impervie pareti
piuttosto prossime crebbe
nera luminosa invadente
puntando decisa verso l’imminente cielo
piena giorno e notte di bigi
passeri di bruni merli
guatati senza riposo giù da pregne gatte nonché da mia
madre
anche essa spiante indefessa da dietro
il davanzale traboccante ognora
delle sue briciole.
Dritta dalla base al vertice come una spada
ormai fuoresce oltre i tetti circostanti ormai può guardare
la città da ogni parte e l’infinito
spazio verde che la circonda
ma adesso incerta lo so lo
vedo
d’un tratto espansa lassù sulla vetta d’un tratto debole
nel sole
come chi all’improvviso non sa raggiunto
che abbia il termine d’un viaggio lunghissimo
la strada da prendere che cosa
fare
(Da: Epitaffio, Milano, Mondadori, 1974)
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