da: ufficio stampa Altroconsumo
#dirittiallamoda, incontro a Roma per un sistema di produzione nel comparto moda senza sostanze tossiche, consapevole e innovativo.
Unire l’etica all’estetica nella filiera produttiva nella moda, eliminando l’utilizzo delle sostanze tossiche nel processo di realizzazione dei tessuti.
Obiettivo: arrivare a rendere i consumatori consapevoli e far loro valutare al momento dell’acquisto non solo il livello di prezzo di un capo ma anche il costo reale, sociale e ambientale, che si cela dietro un prodotto moda.
È quanto si prefigge Altroconsumo che presenta oggi i risultati dell’indagine Cambiamo abito, dossier che ripercorre le diverse esperienze, tra innovazione e tentativi di sensibilizzazione, riunendo oggi a Roma, al convegno #dirittiallamoda, i diversi attori del sistema di produzione e controlli delle filiere, organizzazioni impegnate in campagne concrete, esperti e opinion maker.
Da Greenpeace, attiva dal 2011 sulla campagna Detox, a Blumine/Sustainability-lab che ha fatto della ricerca sulla svolta sostenibile un proprio asset, dal ministero delle Sviluppo economico, Divisione lotta alla contraffazione, alla Guardia di Finanza, alla Confcommercio – Federazione Moda Italia, tutti i diversi soggetti si incontrano per provare insieme a disegnare una nuova geografia della produzione.
Il quadro normativo è chiaro, la legge già impone in Europa, attraverso il Reach, la limitazione dell’uso di sostanze tossiche per la salute e per l’ambiente. I sistemi di certificazione volontaria delle imprese, come Oeko –Tex sono una bussola utile nella scelta per chi vuole acquistare consapevolmente. Ma insieme a Greenpeace Altroconsumo vuole meglio e di più: l’eliminazione entro il 2020 di undici classi di sostanze tossiche nel mondo della produzione moda, attraverso tappe programmate e verifiche periodiche.
Nel mirino ci sono undici classi di sostanze pericolose per l’ambiente e per la salute, tra cui ftalati, alchilfenoli etossilati, PFC, ammine associate a coloranti azoici, metalli pesanti. Sostanze ricercate da Altroconsumo nei test sul tessile e in diversi casi rintracciate. Sui pigiamini per bambini trovati ftalati e coloranti; sulla biancheria intima coloranti, solventi, metalli pesanti, nonilfenolo e nonilfenoletossilato; sui jeans tracce di metalli e formaldeide; sulla maglie da calcio tracce di metalli. Altroconsumo ne chiede l’eliminazione e non la semplice riduzione. Quando ci sono di mezzo sostanze tossiche, non esiste una soglia di concentrazione sotto la quale il problema diventa accettabile, essendo tutti noi contemporaneamente esposti a più fonti tossiche, rischiando dunque l’effetto cocktail. Da sottolineare: i residui rintracciabili sul prodotto finito equivalgono solo a una piccolissima parte della quantità usata nelle filiere di produzione: la maggior parte è già finita nell’ambiente.
Altroconsumo si impegna a nome di tutti i consumatori: vestire più green e sostenibile non deve essere appannaggio di pochi eletti a prezzi irraggiungibili ma un modo di pensare, vivere e scegliere i capi di abbigliamento responsabile e attento alla salvaguardia dei diritti, al rispetto dell’ambiente, al premiare le aziende virtuose per spingere tutto il settore a migliorarsi.
Fornire a chi acquista strumenti concreti, come l’etichetta consapevole che racconti la storia di produzione del capo, una smart label, diffondendo la cultura della valutazione oggettiva e della scelta attiva innescherà un processo virtuoso tra una domanda più cosciente e un’offerta più pulita.
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