Per garantire ai cittadini possibilità di indirizzo e di controllo, a partire dagli anni Settanta si è avviato un poderoso processo di decentramento amministrativo. Enti e servizi sono stati sottratti all’impunità garantita dalla lontananza e incardinati al territorio.
Ora è iniziata la retromarcia: la nuova tendenza si esprime nella formuletta “area vasta” e impone la riaggregazione di ciò che prima si era smembrato.
Un esempio per tutti: la creazione delle Unità sanitarie locali successivamente trasformate in Asl, cioè aziende, in nome di un efficientismo sbandierato ma non praticato. Adesso capita invece che l’Asl di Ferrara distolga lo sguardo dai quartieri e dalle frazioni e lo indirizzi verso altre realtà urbane, Bologna e Imola. La nuova logica è quella dell’economia di scala; la necessità è allargare il bacino di riferimento in termini di approvvigionamento e di utenti, per ridurre le uscite e accrescere i proventi. Un analogo riassetto, sempre in ambito sanitario, è avvenuto di recente per il 118, il servizio di pronto intervento.
Dietro questo apparente impazzimento c’è la presa d’atto che le cose, così come sono, contabilmente non stanno in piedi. Di conseguenza si cerca una via d’uscita. Il problema vero è la carenza di risorse e si tenta di ovviare con escamotage organizzativi.
Ma visto che servono soldi, c’è una strada sicura per reperirli. Fino ad ora è stato preso alla lettera il provocatorio Petrolini che esortava a prelevare il denaro dove si trova, cioè presso i poveri “che ne hanno poco, ma sono tanti”!
Io preferirei invece che si lasciassero istituzioni e servizi comodamente sotto casa e sotto lo sguardo vigile dei cittadini; magari creando alleanze e facendo rete in un sistema consortile, ma restando ciascuno ancorato al proprio territorio. E per reperire il denaro auspico il rivoluzionamento della prassi: i soldi li si prenda là dove realmente si trovano, presso i ricchi che sono pochi ma ne hanno tantissimi…
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Sergio Gessi
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