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da Stefano Peverin

Sanremo (nel senso di festival) è finito, evviva Sanremo. Per qualche giorno ancora sopporteremo saggi commentatori tuttologi che, non capendo, una beata mazza di musica, commenteranno sapientemente le gesta dell’italica canzone, inneggeranno al presentatore piu ruffiano dell’universo terracqueo, fingeranno emozione per la presenza di Bosso, pensando, ovviamente, solo alla sua malattia e non alla sua musica (sono convinto che se non fosse ammalato mai avrebbe calcato quel palco, e, forse, molti non avrebbero saputo della sua esistenza in vita), poi, piano piano, come neve al sole, si spegneranno gli echi di questa megamanifestazione markettara, e Sanremo tornerà ad essere la città dei fiori ed, in parte, la città simbolo degli assenteisti (ricordate il dipendente in mutande che timbra il cartellino?). Di questo Festival rimarranno, tra le pieghe della memoria, gli starnazzamenti di Facchinetti che crede di avere ancora 30 anni (vedi la tinta cangiante dei suoi capelli), dimenticando che i Pooh non sono i rolling stones e che lui non sarà mai Mick Jagger, rimarrà la convinzione che quella manifestazione non rappresenta nè la musica vera, nè la musica italiana, rimarrà la volontà di condizionare i gusti degli italiani inscenando potenti fiction televisive ed incantando il pubblico con luci sfavillanti che possano coprire la piattezza delle note e l’inutilità dei testi, rimarrà, certamente, un Italia che, nonostante vogliano convincerci del contrario, arranca e cerca di ritrovare un pò di benessere, rimarrà la lotta al terrorismo internazionale, rimarranno certi politici da basso cabotaggio che speculano su qualsiasi cosa, rimarranno le pantomime parlamentari in cui diventa complicato persino approvare una legge fondamentale che difenda i diritti di tutti, come la Cirinnà, insomma, tutto, più o meno rimarrà come prima, a parte il conto corrente di Conti (abile manovratore della piattezza culturale) e dei comprimari capaci solo di ecidenziare la bellezza esteriore senza la minima capacità di far emergere anche qualcosa di piu profondo come il valore.
Almeno hanno vinto gli Stadio, che, pur non apprezzandoli troppo, sono musicisti seri, preparati e che approcciano lo show biz con capacità e voglia di fare qualcosa che rimanga nei cuori degli appassionati. Per il resto continuiamo la nostra vita, ascoltiamo la musica che più ci piace, non dimenticando di usare il nostro cervello nelle scelte e di non abbandonare mai la “fame di imparare” senza piegarci ai consigli per gli acquisti.
Detto ciò buona domenica di pioggia.

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