La scomparsa degli annunci di morte
“La vita nella grande città”, scrive Philippe Ariès (1914-1984) nella sua magnifica Storia della morte in Occidente “ci fa credere che nessuno debba più morire”. La sparizione dalla vita temporale e la radicale rimozione della morte – e non soltanto del crepare nei macelli delle dittature – sono percepibili anche a Ferrara. Piccole cose e atti quotidiani testimoniano queste processo collettivo di passare sotto silenzio il pensiero della morte, un pensiero che potrebbe anche ostacolare la propensione al consumo. Nelle piccole e medie città italiane, ad esempio, è sempre più difficile trovare quegli annunci di morte affissi in modo “selvaggio” ai muri delle case. In passato, tra un incontro d’affari ed un altro, facendo la fila alla fermata dell‘autobus o uscendo dal bar era possibile leggere, anche se solo di sfuggita, la notizia del decesso di qualche concittadino. Le poche note biografiche riportate nei manifesti, raccontavano anche piccole storie di vita, ricordavano ai passanti che non siamo affatto immortali. “Ora”, scrive Ariès, “bisogna fingere che non si morirà mai”. Forse la morte è rimasto l’ultimo tabù che si oppone ad una mercificazione totale della vita umana.
Quei manifesti bianchi bordati di nero con i simboli della morte non sono ancora del tutto spariti dalle strade italiane, ma se non sbaglio il loro numero è sensibilmente diminuito. Vuol dire forse che si muore di meno in Italia? Dal momento che gli annunci di morte pubblici spariscono dai muri delle case, gli abitanti delle città perdono anche la consapevolezza della propria finitezza. Questo non avrà ripercussioni sui consumi, ma che impatto può avere sul patrimonio umano di una comunità?
[Si ringrazia Giovanna Runggaldier per la traduzione dell’articolo dal tedesco all’italiano]
Philippe Ariès, Storia della morte in Occidente, 1998, Bur – Biblioteca Universale Rizzoli, collana “La scala. Saggi”
Carl Wilhelm Macke, giornalista pubblicista indipendente, è segretario generale dell’associazione “Journalisten helfen Journalisten” con sede a Monaco di Baviera. Amante da sempre dell’Italia, è un cultore della letteratura emiliano romagnola contemporanea. Vive tra Monaco di Baviera e Ferrara.

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Carl Wilhelm Macke
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)