Udi e Centro Donna Giustizia: “Solidarietà alle donne di Colonia”
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da: Unione Donne in Italia e Centro Donna Giustizia
Contro le molestie, le violenze, i furti che centinaia di donne di Colonia e altre città della Germania hanno subito la notte di capodanno, giovedì 4 febbraio le donne in occasione dell’inizio del carnevale scendono in piazza contro il “sessismo e contro il razzismo”.
Esprimiamo piena solidarietà alle donne fatte oggetto di borseggi, molestie e stupri nella notte di Capodanno in alcune città europee.
Denunciamo la strumentalizzazione dei fatti da parte dei media e di un razzismo che non ha alcuna legittimazione, soprattutto in tema di libertà femminile.
Non si strumentalizza il corpo delle donne! Il sessismo non e’ una questione di razza ma attraversa tutte le culture.
Non utilizzerete i nostri corpi per promuovere ideologie xenofobe e di incitamento all’odio, proprie di quella cultura machista che contrastiamo ogni giorno nel nostro “civile” paese.
Non siamo le “vostre donne” da difendere contro gli immigrati, come in molti hanno affermato nelle scorse settimane. Siamo le donne che anche in occidente quotidianamente subiscono violenze tra le mura domestiche, per le strade e sul lavoro; siamo le donne che non hanno diritto al welfare, che più di altri patiscono la crisi, le donne che troppo poco possono avere accesso a servizi essenziali come asili nido, consultori, centri antiviolenza.
Tutte le donne hanno diritto alla libertà, all’inviolabilità del corpo e della mente.
Sempre e ovunque.
Esprimiamo piena solidarietà alle donne fatte oggetto di borseggi, molestie e stupri nella notte di Capodanno in alcune città europee.
Denunciamo la strumentalizzazione dei fatti da parte dei media e di un razzismo che non ha alcuna legittimazione, soprattutto in tema di libertà femminile.
Non si strumentalizza il corpo delle donne! Il sessismo non e’ una questione di razza ma attraversa tutte le culture.
Non utilizzerete i nostri corpi per promuovere ideologie xenofobe e di incitamento all’odio, proprie di quella cultura machista che contrastiamo ogni giorno nel nostro “civile” paese.
Non siamo le “vostre donne” da difendere contro gli immigrati, come in molti hanno affermato nelle scorse settimane. Siamo le donne che anche in occidente quotidianamente subiscono violenze tra le mura domestiche, per le strade e sul lavoro; siamo le donne che non hanno diritto al welfare, che più di altri patiscono la crisi, le donne che troppo poco possono avere accesso a servizi essenziali come asili nido, consultori, centri antiviolenza.
Tutte le donne hanno diritto alla libertà, all’inviolabilità del corpo e della mente.
Sempre e ovunque.
Lettera aperta a Angela Merkel, a Donald Tusk, al Presidente Jean-Claude Juncker e a Matteo Renzi
Le violenze avvenute tra la notte di S. Silvestro e Capodanno 2016 a Colonia e in altre città tedesche hanno provocato indignazione e dolore nelle donne di tutta Europa.
Per tutti i fenomeni riconducibili alla violenza maschile sulle donne, dolore e indignazione sono sentimenti che conosciamo bene. Il femminicidio è un’esperienza che unisce le donne di tutto il mondo, come le unisce la solitudine di fronte ai responsabili istituzionali, che nonostante gli impegni assunti negli organismi internazionali, persistono in un atteggiamento omissivo e parziale.
La Convenzione di Istanbul, fortemente voluta dal Consiglio d’Europa e purtroppo non sottoscritta e ratificata dalla Germania e dalla UE, prescrive interventi non solo di sostegno alle vittime, ma dà indicazioni chiare sul piano squisitamente politico. Su questo, e ciò ci lascia sgomente, la reazione complessiva in sede Europea di fronte al gravissimo attacco subito da centinaia di donne il 31 dicembre 2015, è stata tardiva, imbarazzata e, purtroppo, occasione per dirigere il giusto disgusto per l’accaduto a finalità estranee alle priorità avvertite, ormai storicamente, dalle donne. Prima fra tutte il perseguimento della piena libertà.
Noi crediamo che gli Stati europei, prima ancora di essere inadeguati nell’accoglienza delle persone, siano fortemente in contraddizione, in quanto a dichiarazioni e fatti, di fronte alla prima delle differenze: quella tra donne e uomini.
Lo spirito solidale manifestato di fronte agli attacchi criminali, in più occasioni e coralmente, dai massimi rappresentati degli Stati, dalle comunità religiose di ogni confessione, fino ai massimi esponenti della cultura, è mancato nell’occasione della strage di libertà perpetrata a Capodanno.
Ancora una volta abbiamo visto l’impreparazione, l’incertezza e l’usuale tolleranza verso le espressioni muscolari della dominanza machista.
Noi, pur consapevoli dell’essere tuttora e da sempre in lotta per la nostra liberazione dalla violenza maschile, riteniamo insopportabile che alcuni obiettivi, anche i più parziali, in materia di libertà femminile, conquistati con fatica, siano elusi da paesi autorevoli in Europa e dall’Europa stessa e che queste elusioni costituiscano il segnale allarmante di un disimpegno.
Disimpegno nell’applicazione di norme minime e non negoziabili, come quelle sulla violenza, che bene o male tutti i paesi hanno approvato. Lasciate sulla carta, vengono nominate per diffondere un falso senso comune della parità e, con il linguaggio dei media forti e manipolatori della realtà, si danno per anacronistici i termini che descrivono la condizione imposta alle donne. La violenza sessuata tra le pareti domestiche, nei rapporti di lavoro dipendente, nelle istituzioni scolastiche, viene suggerita come male inarginabile, quella subita per le strade, o nei luoghi del tempo libero dal lavoro e degli impegni quotidiani, come male procurato dalle vittime stesse.
Nelle forze di polizia, nei responsabili politici, è radicata la convinzione che la violenza perpetrata da sconosciuti, da bande criminali o da branchi di maschi di qualunque colore o religione, che da sempre avanzano il diritto di proprietà sulla notte, sia conseguenza di un naturale rischio che le donne si assumono, per quella specie di binomio tanto radicato nella cultura occidentale: rischio-colpa.
La rimozione di uno o più responsabili è non solo insufficiente, ma fuorviante, perché non si sono uditi né visti ripensamenti sul linguaggio e sui modi di porsi verso le cittadine, sia europee che provenienti da altri paesi. Noi ci chiediamo quale sia il tipo di formazione richiesto al mondo dell’informazione, alle forze di polizia e agli operatori dei servizi nel nostro continente.
Teniamo a ricordare, come prescrive la Convenzione di Istanbul, che le donne danneggiate hanno diritto al risarcimento del danno subito, ed è naturale che sia l’amministrazione competente a provvedere, in attesa di una possibile rivalsa sui responsabili. C’è poi un altro risarcimento ed è quello dovuto a tutte le donne presenti nel nostro paese, che consiste nella vera attenzione dei politici alla salvaguardia delle libertà conquistate dal femminismo per tutte.
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