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di Giuseppe Fornaro

Esiste la sinistra italiana? Possibile? Forse in un’altra Europa. Qui in Italia non risulta pervenuta. La vediamo sui giornali, in televisione nei talk show, sulle riviste patinate, ma non lì dove dovrebbe essere. Davanti le fabbriche, sempre più numerose quelle che chiudono, davanti gli uffici, le scuole, tra i senza tetto, i senza lavoro, i giovani. E se c’è è solo per le foto di rito. Sentiamo il suo vociare, i suoi comunicati stampa, sentiamo le dichiarazioni sempre contro qualcosa, la sentiamo, molto, perché è una sinistra ciarliera, e cialtrona. Eppure in Grecia e Spagna la sinistra avanza, stravince, perché non qui? Perché la sinistra o sa coniugare gli ideali con la prassi quotidiana oppure non è. Syriza in Grecia ha trionfato perché in questo ultimo decennio di crisi economica cha ha gettato letteralmente nella fame ampie fasce della popolazione ellenica, quel partito ha saputo stare concretamente accanto alle persone, ha saputo accoglierne la sofferenza con atti concreti, oltre che con un progetto politico, ha organizzato ambulatori popolari con medici volontari che curavano gratuitamente le persone bisognose; ha organizzato mense per chi non riusciva a mettere insieme il pranzo con la cena e nemmeno il pranzo con il pranzo del giorno dopo. Essere di sinistra, appunto, essere, è una prassi, non un bagaglio ideologico o concettuale da sbandierare, un insieme di belle frasi buone per colpire l’uditorio, un bagaglio di buone letture. Certo servono, ma non ci fanno diversi da altri. È esserci lì dove sono le contraddizioni. Essere crogiuolo dei bisogni per dare loro un senso di valori, incanalarli in un progetto di cambiamento, per far sì che la propria diversità sia riconosciuta nella prassi quotidiana. Essere per la giustizia essendo giusti. Essere per l’eguaglianza praticandola. A Ferrara, per restare nel nostro piccolo recinto, conosco un solo medico di sinistra, di cui non farò il nome per rispettarne la privacy, che presta la sua opera volontaria per curare gratuitamente i cosiddetti ultimi. Ma si tratta di una scelta personale, individuale.
Essere giusti vuol dire non cincischiare di fronte all’ipotesi di licenziamento in 48 ore dei dipendenti pubblici infedeli e truffatori, tanto per fare solo un esempio preso dagli ultimi fatti di cronaca. Di fronte all’evidenza dei fatti 48 ore sono pure troppe perché uno che timbra in mutande e torna a letto, o uno che va a fare canotaggio in orario d’ufficio sta truffando la collettività che gli paga lo stipendio, dunque tutti noi che siamo il suo datore di lavoro, sta truffando i colleghi che dovranno farsi carico anche del loro lavoro e i cittadini che come utenti della pubblica amministrazione si attendono delle risposte celeri che invece non arrivano anche per queste prassi disoneste. Allora, di fronte a questi fatti non si possono usare le mezze frasi, i “sì, però…”, “sì, ma il codice civile…”, “sì, ma ci sono già le leggi…”. No! Bisogna essere giusti e dire senza mezzi termini che questa gente deve essere licenziata. Anche perché poi, quella stessa gente quando andrà a votare, voterà chi la rappresenta meglio, voterà chi è simile a sé. E allora smettiamola di gettare fango sulla casta disonesta dei politici, perché nelle istituzioni quei politici ce li hanno mandati quelle stesse persone disoneste che spesso godono di connivenze. Per fare pulizia della casta bisogna fare pulizia delle tante piccole caste e privilegi in cui hanno gioco facile i disonesti e i truffatori. Duole sentire prese di posizione prudenti di esponenti sindacali come Camusso, segretario della Cgil a cui sono iscritto. Basta con le mezze frasi! Le persone ci riconoscono se siamo in grado di essere chiari, non ambigui, di dire senza timore da che parte stiamo. E dire che si deve licenziare in 48 ore non vuol dire stare con Renzi, ma stare dalla parte della giustizia. Chi pensasse il contrario o è stupido o è in mala fede. Oppure è entrambe le cose.

L’etica del lavoro e nel lavoro un tempo era parte costitutiva dell’identità dell’essere di sinistra. Ma oggi parlare di etica, a qualsiasi livello, è considerata alla stessa stregua di una bestemmia in chiesa.
Non voglio tirare Papa Francesco per la tonaca, ma per il concetto di sinistra come la intendo io, è l’unico che sa far seguire le azioni alle parole. Un Papa che fa costruire delle docce sotto il colonnato del Bernini, che è già di per sé un’opera d’arte, a beneficio dei senza tetto, che fa aprire dei dormitori, che apre la porta santa del Giubileo nel posto più sperduto e sofferente del mondo è un esempio concreto che il consenso le persone sono disposte a darlo a chi dimostra coerenza. E infatti, Papa Francesco è ormai un leader mondiale riconosciuto.

Per tornare alla sinistra, temo che Renzi continuerà a stravincere (infatti i sondaggi gli danno costantemente ragione) perché lui è un altro che alle parole fa seguire spesso le azioni e con questa sinistra ha gioco facile. Si può essere d’accordo con lui o meno, e io non lo sono su molte cose, ma gli va riconosciuto che fa quello che dice. Poi, può non piacere, ma è questo che lo rende riconoscibile, che lo fa credibile. A chi è credibile perché coerente le persone sono disposte ad accordare la propria fiducia. Fiducia. Un’altra parola che si è persa ormai. O meglio, è un sentimento che si è perso. Per lo meno io l’ho perso nei confronti della cosiddetta sinistra per averla conosciuta molto da vicino nella mia vita. Tra le ultime esperienze annovero quella della lista Valori di sinistra alle passate amministrative di cui sono stato candidato sindaco e che per me, cane sciolto senza tessera di partito, ha avuto più il significato di volerci mettere la faccia in una sfida che era soprattutto impegno civico. Ma non è da questa esperienza recente che viene la mia sfiducia, sarebbe ben misera cosa e sospetta di essere originata da acrimonia, ma è radicata nelle considerazioni più profonde che facevo più sopra e da una lunga militanza. E del resto cos’è la fiducia? Secondo lo Zingarelli è un “Senso di sicurezza che viene dal profondo convincimento che qualcuno o qualcosa siano conformi alle proprie attese e speranze”. Ecco, non trovo nella sinistra, comunque si chiami, questo essere conforme. E non solo alle mie di attese e speranze.
Speranza, un altro sentimento che molti in questo Paese stanno perdendo. Ed è proprio sulla speranza di riscatto dei più deboli che storicamente la sinistra ha saputo costruire programmi politici di governo di lungo periodo. Ha saputo avere una “visione”, come si suol dire. Ora manca questa visione. L’azione politica della sinistra si riduce al contrasto quotidiano e alla polemica nei confronti dei propri avversari. Si sprecano energie a ribattere alle posizioni degli altri, piuttosto che a costruire un progetto perché questo, oltre ad essere più faticoso, fa conquistare meno titoli di giornale nell’illusione che ciò serva a costruire il consenso. I fatti danno drammaticamente torto a questa idea, con una sinistra ridotta ai minimi termini e non certo per colpa del sistema elettorale, ma semmai per l’incapacità di lavorare affinché la speranza diventi un percorso e un progetto di governo concreti.

P.S. Non ho citato il M5S perché non lo annovero nemmeno tra i possibili soggetti di cambiamento, giusto per non essere sospettato di simpatie grilline. Mi darebbe fastidio!

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