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imageIl lettore sarà costretto ad ammettere che non poteva andare diversamente, che dovevano dargli quel nome e nessun altro. (Nikolaj Gogol, Il cappotto)

Come si fa a nascere e sentirsi chiamare Gogol? Come si riesce a vivere con un nome dalle origini sconosciute che sembra un soprannome e che per molti significa semplicemente un richiamo a uno scrittore lontano? Con questo mistero convive Gogol Ganguli, giovane bengalese insignito di un nome impegnativo dal padre Ashoke che, una buia e fredda notte d’ottobre, in India, aveva visto la morte in faccia durante il deragliamento di un treno che, accartocciatosi in un lampo, lo aveva ritrovato coinvolto. Ashoke si era salvato solo grazie al racconto che stava leggendo al momento dell’incidente, Il cappotto, di Nikolaj Gogol. Al lume di una lanterna, infatti, un soccorritore aveva intravisto le pagine del libro sparse e un foglio sventolante che Ashoke teneva in mano. E così era stato recuperato vivo, grazie a quella magica pagina dello scrittore russo che, sette anni più tardi, avrebbe dato il nome al suo primogenito. Il giovane Gogol era ignaro di quella ragione del suo nome, un nome-cognome che lo avrebbe fortemente infastidito per tutta la sua vita, che lo avrebbe spesso irritato e accompagnato nel viaggio americano dove avrebbe trovato lavoro, una posizione sociale invidiabile, una moglie, una famiglia e una separazione. Dal 1968 al 2000, tutto e tutti ruotano intorno a una vita tormentata, fatta di libri, studio, aule universitarie e case arredate, di un essere in bilico fra India e America, fra culture e tradizioni, nostalgia e voglia di futuro, profumi di paesi lontani, dalla madre Ashima, mai completamente integrata nella società americana, alla sorella Sonia e il suo futuro marito Ben, fino alla prima bionda aristocratica fidanzata di Gogol, la raffinata ed elegante Maxine, e al matrimonio combinato con Moushimi, che si perderà, alla fine, con un Dimitri di un tempo.
Tradito da un tentativo di recuperare terreno sul fronte di casa, a un passo dal terribile e tenendo naufragio, Gogol troverà un nuovo punto di partenza, nella vita, proprio dove meno se lo aspettava. La dedica del padre, che un giorno gli avrebbe rivelato il segreto del suo nome, nel frontespizio di un libro di racconti di Gogol, sarebbe stato presto il nuovo inizio. Infatti, nell’attesa di tempi migliori, intanto, lui avrebbe iniziato a leggere….

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Jhumpa Lahiri, L’omonimo, Marcos y Marcos, 2003, 242 p.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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