L’area vasta, una nuova geografia economica per il ferrarese
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Nei primi anni Ottanta, nacque un certo interesse per il ferrarese, si fecero dei ragionamenti sia nell’ambito del Censis, con il suo cono d’ombra, sia da parte di ricercatori che si occupavano della riscoperta della “regione” ferrarese, e anche in seno all’ufficio studi camerale, tanto da imporci un approfondimento e riunirci, insieme, nella sede di Nomisma, in Strada maggiore a Bologna, per parlare dei nostri territori con il professor Fabio Gobbo.
Il dato interessante, rafforzato anche dalla possibilità di costruire una “Romea con la gobba”, fu sostanzialmente la scelta di dare un taglio geo-politico all’operazione di valorizzazione: porre il fuoco sul ferrarese, in particolare sulla costa e il suo primo entroterra, puntando però sulla direttrice sud-nord, sulle molteplici peculiarità ambientali e turistiche, e su uno sviluppo rurale potenzialmente avanzato.
Se si prova, partendo da Mantova e segnando con un righello il congiungimento a est-nord con Rosolina e a est-sud con Cervia, ne esce la figura del cono, che incrociando la fascia delle Terre di mezzo del ferrarese, forma l’area di riferimento per un nuovo sviluppo, che poi si rafforza, per contiguità, con la parte a sud della Romagna e con la parte nord di Chioggia, fino a tutta la laguna veneta.
Questo era il senso della nuova geografia economica (l’area vasta) che si era delineata a Nomisma, e che si sarebbe consolidata con il tracciato della nuova strada Romea, facendo della vecchia, una strada del parco.
Il professor Gobbo ci disse che si trattava di una risposta forte e che occorreva mettere insieme forze, soggetti ed attori anche perché noi ferraresi avremmo dovuto scegliere, per stare in questa lunga e larga fascia dell’alto adriatico, di essere il terzo lato tra la via Emilia e l’asse centrale pedemontano veneto.Gli elementi riferiti ci convinsero ed iniziarono, da allora, una serie di relazioni tra istituzioni, imprese, forze sociali e agenzie per lo sviluppo.Si pensi all’area lagunare di Venezia, al delta del Po, al porto di Ravenna, al bacino turistico del riminese; luoghi necessari per una ripartenza di valori di territorio da riempire in una lettura di integrazioni, di produzioni e di servizi d’avanguardia.
All’inizio ci sembrava un percorso possibile che la politica locale, con l’aiuto anche di Provincia, Regione, ecc., avrebbe dovuto sostenere, trovando la quadra tra progetti, risorse, atti amministrativi, patti e contratti d’area. Con il passare del tempo, ci si rendeva conto che le cose non progredivano perché molti si mettevano in mezzo per bloccare il progetto, troppi i distinguo e il solito politichese e, per finire, emergevano vecchie e nuove ideologie, interessi compresi. Quanti anni persi!
Ora ed in queste settimane, dopo quella ventata di speranza, si intravede un’opportunità, data dal riordinamento degli enti locali, e nello specifico dal superamento delle vecchie province e dai parametri posti per gli ambiti da ridefinire, anche se l’operazione ne prevede un ampio ridimensionamento delle funzioni e dei ruoli.
Il Castello però ha pensato bene di tenersene fuori, distante e solo, di non entrare nel progetto di area vasta, pensando, scegliendo, un ritorno al Rinascimento di un lontanissimo ducato. Ed ecco, quindi, un nuovo ducato-provincia, che trova il primo impatto negativo con Comacchio, seguito da alcuni mugugni nell’argentano, quelli del centese, che non vogliono farsi assorbire dalla città metropolitana e, per finire, alcuni altri piccoli comuni foresi che pensano di non stare nella prima contiguità con la città capoluogo.
Si continua ancora a pensare in piccolo, senza una chiara visione, non guardando a quel futuro che è sulla costa adriatica, e la costa è la Romagna.
E si diceva: se poi ci tolgono la prefettura, la questura, l’Inps, la Camera di commercio, la Guardia di finanza, Bankitalia che non c’è più, e qualcosa d’altro, cosa ci rimarrà; diventeremo una città deserto o poco più, con alcuni bei palazzi storici.
Ma non bisogna, forse, andare verso una pubblica amministrazione più leggera, snella ed efficiente, ma non siamo, ormai, tutti per quel ‘cambia verso’ e per la spending review, oppure questa è solo per gli altri? Noi dobbiamo sceglier la strada e i territori dove crescere insieme, dove spendere, laddove si deve spendere, recuperando risorse, energie, bellezze, saperi, intraprese, lavoro e benessere. Dobbiamo integrarci per far parte di una grande Romagna, per portare la città di Ferrara nel Parco del delta, un patrimonio dell’umanità che l’Unesco ci riconosce. Quello che sta pensando il sindaco Tagliani, ossia di unire entrambe le sponde, non è solo un’opportunità, ma una scelta strategica ed anche un modo per non restare soli. Speriamo bene.
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Enzo Barboni
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