La fotografia di questa infermiera sta facendo il giro del web: Rayena, la moglie di Bobby. Professione: infermiera. Questo lavoro difficile, duro, impegnativo, ma così importante nel momento più difficile della vita di un essere umano, quando si è malati, deboli, soli, indifesi. Pubblicando e diffondendo questa immagine, Bobby ha voluto rendere omaggio a uno dei mestieri più difficili del mondo. A parlare è lui, compagno paziente e comprensivo. Vicino come solo chi ama veramente sa fare. Rayena sta riposandosi, con il suo bambino, si alzerà fra un paio d’ore e si vestirà per andare all’ospedale, posta il marito. Tutti gli oggetti necessari ad accompagnarla saranno esaminati con cura e attenzione, solo la sua pettinatura e il suo trucco saranno sbrigativi, veloci e lasciati un po’ al caso. Si lamenterà di essere orribile, e lui le dirà che non è affatto vero (per lui è sempre bellissima e l’ama profondamente), porgendole una tazza bollente e fumante di caffè lungo. Mentre si siede sul divano, le gambe lunghe e affusolate incrociate in posizione yoga, il figlioletto allegro e vociante le toccherà i capelli e cercherà di salire sulle sue ginocchia, incurante del tempo e della sua fretta di uscire. Deve correre a prendere l‘autobus, o arriverà in ritardo. La fermata non è lontana, ma deve andare. Non è mai arrivata in ritardo, in quasi vent’anni di servizio.
Mentre marito e moglie parlano, lei gira la testa a destra e sinistra, pensando al lungo turno che l’attende, alle vite che l’aspettano. Alcune c’erano ieri, altre ci saranno oggi. Altre ancora forse non ci saranno. Per lei è sempre un dolore, se qualcuno se ne va in altro luogo che non sia casa. Bella, immersa fra i suoi pensieri, magari immagina che il marito non comprenda. Ma lui capisce. Eccome. D’altra parte l’ama, sempre profondamente, e la conosce bene. Si sono conosciuti da giovani e da allora non si sono mai lasciati.
Uno sguardo alle sue cose care, abbracci lunghi e baci affettuosi, a lui e al figlio, e Rayena esce, per andare a prendersi cura di persone che passano i giorni peggiori della loro vita. Incidenti automobilistici, ferite d’arma da fuoco, esplosioni, ustioni, che colpiscono persone di ogni genere, poveri, ricchi, drogati, prostitute, giovani e anziani, uomini, donne, padri, madri, figli, figlie e famiglie intere. Non importa chi si sia o cosa sia successo, ognuno riceverà attenzione. Lei si occuperà di loro, al pronto soccorso e in corsia. Senza distinzione.
Rientrerà a casa dopo quasi 14 ore, e si toglierà quelle scarpe che hanno camminato su dolori, bile e lacrime, talvolta sangue. Le lascerà fuori per poter far riposare un po’ i suoi piedi doloranti, ma forse anche per lasciare sulla porta anche quelle ore difficili e i suoi ricordi. Le sue mani avranno curato, consolato, accarezzato, accompagnato, salutato. La sua testa avrà pensato, gioito, sofferto, temuto, sperato.
Ci sono giorni in cui non vorrà parlare, sarà terribilmente silenziosa, altri che non farà in tempo a varcare la soglia che avrà bisogno di sfogarsi subito, nemmeno il tempo di sedersi. E il marito ascolterà, paziente. Sempre. Ci sono giorni in cui riderà fino a piangere, altri che piangerà solamente, che riuscirà a fare solo questo. Ma sarà sempre puntuale sul lavoro, precisa, immancabile e preziosa, perché lei è un’infermiera. Un eroe. Meravigliosa creatura.
Il testo trae libera ispirazione dal post di Bobby Wesson, parzialmente tradotto.
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Simonetta Sandri
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