Skip to main content

da: responsabile eventi Ibs Ferrara

Presso la storica sala dell’Oratorio San Crispino, Libreria Ibs+Libraccio di Ferrara presenta l’ultimo libro di Riccardo Forni edito da Streetlib Editore, dialogano con l’autore Sabrina Bonomi, Mauro Fanan e Stefano Scansani. L’incontro è previsto alle ore 17:30 di venerdì 20 novembre

Sono passati parecchi mesi dal commissariamento di Carife nel Maggio 2013 da parte di Banca d’Italia, terminata nel Luglio del 2015 con la cessione al nuovo azionista di maggioranza il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. Ferrara, come altre zone del Paese[1], è ancora, a metà del 2015, una realtà in affanno, in crisi, con valori di benessere economico e sociale tendenzialmente stagnanti, o in discesa, e processi di profonda riorganizzazione in atto che, secondo l’istituto di ricerca SWG, per quanto riguarda il quadro economico presenta un pericoloso trend che segnala lo sgretolamento del tessuto sociale con l’aumento del senso di esclusione o inclusione, rispetto al contesto sociale ed economico nazionale, con una forbice aperta al 46% tra inclusi ed esclusi che varia dal 27 a 73 %[2].
Ferrara ha, da tempo, un valore di benessere economico e sociale basso rispetto alle altre provincie del Nord Italia e stenta a ripetere il periodicamente richiamato “fasto” degli Estensi basato, allora, su skills ancora attuali: alleanze e relazioni territoriali, strategiche e commerciali; incentivanti politiche d’immigrazione per persone capaci di fondersi con la cultura prevalente; innovazione nelle produzioni a valore aggiunto. A Ferrara ci sono approssimativamente 160 mila famiglie e circa il 40% aveva rapporti con Carife, per 175 anni punto di riferimento per lo sviluppo del territorio, fino all’intervento storico di commissariamento da Banca d’Italia. Banca con intuizioni innovative (suo il primo Bancomat nel 1976) che non diventano strategici vantaggi competitivi per sottostima delle professionalità e dei Piani Strategici. Primo Bilancio Sociale in Italia, nel 1998 e ’99, sussidio di dialogo con non specialisti, abbandonato già nel 2000, forse perché -“[…] il bilancio sociale, significativo strumento[…] di verifica del nostro agire […]”- poteva essere elemento di trasparenza su posteriori azioni caratterizzate da “razionalità limitata”, “asimmetria informativa”, “opportunismo”, “azzardo morale”. Iniziava un’era autocratica che faceva il bello e il cattivo tempo, a dispetto degli organi di controllo, erogando ai gruppi, credito senza limite, senza adeguate garanzie. I crediti agli «amici» diventano sofferenze di bilancio, il cui conto sarà pagato da piccoli azionisti e dipendenti, quando il ciclo si chiude, nove anni dopo: bilancio 2012 a -104,4 milioni e commissariamento il 30 Maggio 2013.
Lascia perplessi -per la tutela di azionisti, proprietà e per rispetto agli interventi degli ultimi amministratori- un sistema di controllo che commissaria nel 2013 la nuova governance del Cda 2010 per fotografie ispettive scattate nel 2009, per fatti del 2007.
Il “governo e la proprietà” sono un “continuum” nella selezione dei soci col metodo della cooptazione tipico della banca fondata da cittadini non da enti pubblici; centro di potere privato con legittimi interessi pubblici. Gli enti e istituzioni locali indicano, per l’Organo d’indirizzo, con la stessa logica dei soci, la discrezionalità, persone che esercitano regolari azioni di lobbying a favore d’aziende, cooperative e gruppi imprenditoriali locali e innescano sulla S.p.a. altre sofferenze oltre a quelle “contratte” lontano dal territorio. La Banca richiedeva di maggior indipendenza, competenza e capacità d’analisi disinteressata dagli uomini della proprietà.
Una banca che per decenni è stata una presenza viva, un punto di riferimento, anche e proprio per le economie di questi citati territori di prossimità del basso lombardo-veneto, della Romagna, del modenese e bolognese, ritraendo il biglietto da visita di una comunità e un polarizzatore di attenzioni, imprenditoriali e non, verso il capoluogo estense.
Ora, questa banca, così come la ricordiamo, non ci sarà più e la cabina di regia finanziaria dello sviluppo locale sarà sempre più, altrove. E se anche dovessero prevalere, per il futuro, soluzioni della proprietà legate alla dimensione territoriale, la nuova proprietà dovrà rivedere profondamente il suo paradigma culturale e imprenditoriale, cambiando interamente il telaio sul quale ordire la trama della storia che vorrebbe scrivere.
La tensione emotiva individuale e sociale verso di essa era -ed è ancora oggi- solo positiva, non calava, anzi, dipendenti e azionisti “lanciavano, sempre, il cuore oltre l’ostacolo”.
Essere “Carife”, voleva dire esser, comunque, nel salotto buono della città … costasse quel che costasse. Perché? Perché la società ne aveva sempre una percezione positiva. Perché era una banca con intuizioni innovative (suo il primo Bancomat in Italia nel 1976). Perché diffondeva ottimismo e perché aveva saputo interpretare il ruolo di azienda di servizi per la crescita economica del territorio -si trattasse di agricoltura o artigianato-.
Perché svolgeva una meritoria opera di educazione finanziaria. Perché conduceva, con intelligente oculatezza ed equità, il potere discrezionale dell’erogazione di contributi, sponsorizzazioni, benefit; anzi, essere ‘toccati’ dal contributo della Fondazione, è un esplicito riconoscimento del proprio valore e di quanto si “conta”. Perché aveva saputo modificare il ruolo del bancario in quello professionale orientato a una consulenza qualificata. Perché aveva capito che fare banca, non era più rimanere dietro uno sportello in attesa del cliente, ma essere capaci di mettere in azione servizi di consulenza per dare peculiarità e sostegno effettivo all’economia reale del territorio e perché aveva intuito che questa trasformazione passava da una valorizzazione umana di collaboratori e personale, sviluppandone talenti, valori e competenza, migliorando il benessere sul luogo di lavoro e la realizzazione personale. Perché era stata la prima banca in Italia ad adottare il Bilancio Sociale come atto di trasparenza e marketing. Perché, poi, tutti questi fattori non diventino vantaggi competitivi strutturali, istituzionali e strategici, per sottostima delle professionalità interne, per infelici scelte negli innesti di vertice e per inosservanza dei Piani Strategici di sviluppo dei primi anni 2000, che avrebbero, forse, scritto una storia diversa e raccontato l’efficienza possibile di una banca con radici nel locale e testa nel globale, tutto questo resterà, un mistero: con tanti indiziati e parecchi colpevoli.
La storia di Carife è finita in un caso di “ir-responsabilità sociale”, per “co-responsabilità” morale di una precisa classe dirigente, in anni definiti, che s’allontana dallo spirito originario di corretta relazione tra “risparmio e attività produttive”: «l’utilità […] di rendere pubbliche le sue operazioni con tutti i mezzi possibili […] e […] che l’istituzione […] esser dovesse come la moglie di Cesare, contro cui nessuno potesse nemmeno concepire un leggero sospetto», G. Recchi, il primo segretario nel 1848; 175 anni fa, sideralmente lontani dal 1999-2009.
Riccardo Forni, classe 1957, giornalista professionista dal 2000, pubblicista dal 1985.
Dopo il Liceo Scientifico, studi universitari tecnico-scientifici e umanistici alle spalle, frutto degli anni di Agraria e Scienze Politiche, con dubbio metodico, pratica la curiosità intellettuale e l’aggiornamento continuo, quale regola di vita e professionale, contagiando e contaminando, con malie trasversali, i diversi mondi che frequenta.
Nel 2011, decide -in ossequio al non è mai troppo tardi- di tornare, sui libri, e, in diciassette mesi e venti giorni, termina gli studi universitari, sostenendo diciassette esami; uno, per la prima volta, ripetuto: Macroeconomia, tra le materie oggi preferite, laureandosi -e finalmente dopo 34 esami in carriera!- in Psicoeconomia con questa tesi.
Dal 1983, per lavoro, si occupa d’informazione e comunicazione pubblica, operando, prima, per la Provincia di Ferrara, poi, dal 2007 per l’Azienda Sanitaria Locale di Ferrara.
Dal 1990 al 2007 ha partecipato intensamente alla vita di TP Associazione Pubblicitari Professionisti e FERPI Federazione Relazioni Pubbliche Italiana con ruoli dirigenziali, di formatore e professionali.
Dal Luglio 2015 è Presidente dell’Associazione Stampa di Ferrara, sezione locale di ASER-FNSI.

sostieni periscopio

Sostieni periscopio!

tag:

Riceviamo e pubblichiamo



Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it