Ripartire dai fondamentali: lettera aperta ricevuta dal movimento “Gentedisinistra”
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da: Gente di Sinistra Ferrara
Ripartire dai “fondamentali”
Per Gentedisinistra è tempo di maggese
Gentedisinistra dopo oltre 7 anni di attività si prende il tempo di “maggese” per riflettere sul proprio percorso e sulla difficoltà di cambiare il modo di fare politica con le persone in carne ed ossa.
Riteniamo di aver fatto molti sforzi per proporre una politica “nuova”, per sviluppare un’idea di partecipazione, per unire le forze in campo, per condividere idee ed energie; abbiamo cercato di esserci su molti argomenti e su molti piani individuando i nessi che li legano.
Tuttavia, a volte, siamo stati semplicemente assimilati a qualsiasi altro gruppo che fa politica e fare politica in questi anni non è certo associato a fare qualcosa di bello, pulito e necessario.
Ciò che vediamo intorno a noi
Poi molte persone sono distratte e non hanno voglia di grattare un po’ la superficie per andare a scavare almeno un pochino. Si accontentano di quel che appare, di quel che viene comunicato sui mezzi di informazione, di quel che la politica “ufficiale” fa passare.
Pensiamo anche che ci sia una forte tendenza a ritirarsi nel proprio privato a cercare di vivere bene insieme al gruppo di persone a cui si è legati affettivamente, senza avere voglia di fare qualcosa di pubblico e collettivo. Crediamo che sia radicata molto bene l’idea che tanto non si può cambiare, che il proprio impegno personale è inutile in una situazione deteriorata come quella che viviamo tutti i giorni nel nostro Paese
Inoltre se anche le persone qualche volta si sentono deprivate di qualcosa (la salute, l’ambiente, la casa, ecc.) si concentrano solo sul proprio obiettivo e si sentono appagate in ciò, senza vedere tutto il resto che riguarda sempre la loro vita che continua sui soliti binari.
Ma abbiamo considerato che sembra esserci qualcosa di più profondo e tentiamo di scoprirlo.
Necessità di valori fondamentali
Intanto abbiamo constatato che chiedere un impegno per “il bene comune” inteso come il bene collettivo, si può fare solo se si riesce prima a far passare l’idea che esistono dei principi di fondo, che devono essere dissepolti e riportati al loro valore, dei “fondamentali” per i quali vale la pena spendersi.
Oggi sembra che i valori che gridiamo con le nostre iniziative politiche e che diamo per scontati, non trovino più ascolto o non siano neppure compresi, o che siano percepiti come svuotati di senso.
Nelle lotte che conduciamo su singole (anche importanti) vertenze, si avverte sempre di più che la gente non ci comprende in quanto ormai i valori di riferimento e di fondo sono cambiati a livello più profondo di quello politico. Il senso di questi valori è modificato dal potere dominante attraverso forme più sottili, attraverso stili di vita e di pensiero proposti in modo subdolo dalla comunicazione di intrattenimento, dal mercato e dai modelli di consumo.
Sono stati svuotati e dimenticati i valori sottesi alle nostre lotte
Avviene così che le nostre lotte fanno riferimento a valori ormai abbandonati o di cui si è dimenticato o distorto il significato. Egoismo ed individualismo hanno pervaso le coscienze e ampiamente eroso collaborazione, solidarietà, responsabilità, dignità e inchiodano le persone alla loro infelicità. Queste stesse parole valoriali hanno perso significato o assunto significati diversi.
L’erosione è così profonda che noi stessi e ciò che resta della sinistra non possiamo più dirci sicuri di declinarle in modo condiviso.
Parole come libertà, solidarietà, lavoro, diritti sociali e politici, democrazia, ecc., hanno assunto nel concreto significati diversi da quelli autentici e che non ci piacciono, perché sempre più ci appaiono come prodotti di visioni culturali create a difesa di chi è più forte, di chi conta di più.
La nascita di un pensiero critico non è sicuramente favorita dai media, dalla scuola, dai partiti, dalle istituzioni.
Invece il potere dominante produce risultati; ha l’obiettivo costante di distoglierci dall’abitudine alla riflessione, al pensiero critico e alla ricerca perché altrimenti non avrebbe consensi ma nemici acerrimi.
Competizione vs solidarietà
Il mondo del lavoro, peraltro, è cambiato al punto tale che la cifra che lo connota si riassume quasi esclusivamente nella parola competizione, a tutti i livelli e questo non fa che aiutare il disorientamento, perché la competizione favorisce la chiusura del sé, non l’apertura verso l’altro.
Crisi globale, antropologica, di senso
Ci troviamo di fronte ad una crisi globale e non settoriale che coinvolge mutazioni antropologiche e riguarda il modo di essere profondo dell’uomo e della sua vita.
Quando ci sono crisi di questo tipo è necessario ridefinire i “fondamentali” per ritrovare il senso del nostro esistere e della nostra stessa vita. E’ necessario demolire le incrostazioni che hanno mistificato l’essenza della vita ed imposto categorie fuorvianti, è necessario ritrovare e ridefinire le ragioni di fondo a cui sia la vita individuale che collettiva (compresa la politica) devono guardare. Se lo stato delle cose dominante, con il mercato che pervade tutto, ha pervaso anche la percezione di sé come persona, sentimenti, relazioni, rapporto con la natura, spiritualità, allora non bisogna aver paura di dire che la politica deve saper parlare anche di queste cose e soprattutto di queste cose (quindi di amore, amicizia, bellezza, gratuità), perché la politica attuale e l’economia che la sottende hanno devastato l’uomo a queste profondità ed hanno costruito un sistema che contraddice la persona a queste profondità.
Il mercato frammenta la persona
La complessità della persona viene frammentata nei ruoli che gli attribuisce il mercato e l’economia. La soggettività di consumatori che abbiamo assunto ci induce a ricercare il prezzo più basso proposto dal mercato per quel determinato oggetto: sulla sua vera necessità o utilità è inutile soffermarsi, l’importante è averlo. “Occorre” avere denaro, e in funzione di ciò tendenzialmente si declinano tutti i pensieri sui rapporti tra le persone, senza esclusione di ambiti, amore compreso.
Ma se il pensiero è occupato da queste preoccupazioni, che spazio rimane per uno sguardo critico sul mondo? qual è la voglia, dove l’energia per cambiarlo? d’altra parte, se tutto è monetizzabile, fa così piacere cambiarlo?
Concretezza dei “fondamentali”
Tornare ai “fondamentali” non significa quindi costruire definizioni metafisiche di concetti svuotati di significato dalla mistificazione e dalla distorsione profonda di cui sopra ma di ritrovarli con uno sguardo che vada all’essenziale dei bisogni materiali e spirituali della vita. Perciò occorre mettere sotto critica gli stili dominanti chiedendosi di ogni cosa se è veramente importante e perché, cioè se risponde ad un bisogno reale e quale; criticare la mistificazione dei bisogni e trovare quelli veri.
Bisogni e desiderio
In questo, è necessario mettere in campo la questione del ‘desiderio’, la sua ridefinizione per capire quando è autentica spinta creativa esistenziale e quando è compulsio ne consumistica indotta (de-sidera, dalle stelle, o de- supermercato?)
Il “Gioco dei perché”
Dobbiamo ritrovare la capacità di chiederci il perché delle cose, dei comportamenti, degli avvenimenti. Come bambini che, specialmente quelli intelligenti e molesti, scoprono il mondo attraverso i perché. Cominciamo a guardare il mondo con questo sguardo nuovo, chiedendoci perché sentiamo che una cosa è importante, ritroveremo l’uomo, liberato dai falsi bisogni e dalle false paure. Perché i beni comuni sono importanti? perché alla base dei beni comuni c’è il NOI, il prendersi cura degli altri e delle loro necessità primarie.
Perché il lavoro è importante? perché garantisce all’uomo la sopravvivenza, la dignità e con essa la sua libertà e proprio per questo non deve essere sfruttamento.
Questi non sono che alcuni esempi per dire che di qualunque lotta, di qualunque proposta politica, occorre ritrovare i valori fondamentali che la ispirano: la relazione (nessuno è felice da solo), la libertà (eliminare la schiavitù dei bisogni indotti), la dignità (la persona al centro nella sua pienezza).
Trasversalità culturale, capacità di ascolto:il valore dell’altro
Ridefinire i fondamentali implica il tentativo di costruire valori universalmente condivisi; ciò può avvenire solo aprendosi all’ascolto di altre etiche, altri linguaggi da tradurre reciprocamente: riconoscere che i valori non stanno solo nella cultura occidentale di sinistra e nei suoi linguaggi. Questo lavoro deve essere trasversale alle varie culture, religioni, filosofie, esperienze; non deve appiattirle o ignorarle ma valorizzarne l’apporto, perché tutti possano partecipare con la propria identità ma in un atteggiamento di ascolto e integrazione.
Ricomporre Babele
Questo metodo aperto e arricchente, va applicato coinvolgendo persone di diversi orientamenti, delle diverse culture che la globalizzazione ha messo in contatto ma ancora non in ascolto, sfidando le prevedibili reazioni degli ambienti intransigenti di ogni schieramento e cultura e sfidando, cosa più difficile, le tentazioni alla chiusura che albergano in ciascuno di noi e che facilmente riemergono (ricomporre Babele è difficile per tutti). Come dice Edward Said, intellettuale palestinese: “le culture dell’altro sono preziose per noi, per dinamizzare le nostre società. Non si tratta di tollerarle, facendo del multiculturalismo un feticcio, ma di assumerle come risorsa critica di noi stessi”.
Politica e vita
Se la politica non riparte dai percorsi che abbiamo cercato di dire, si costruisce come disciplina separata dalla vita e disumanizzata quanto l’economia del mercato.
Forse scopriremo che i desideri ed i bisogni la cui coltivazione aiuta la felice realizzazione umana sono strettamente legate a quei “fondamentali” che ritroveremo e che in parte abbiamo già nominato (come dignità, solidarietà ecc.) e che sono legati alla ‘relazione’ umana, ad un io connesso al tu ed al noi, alla relazione con la vita che viviamo e che ci circonda.
Spiritualità, solidarietà e lotte sociali
Anche la spiritualità è parte integrante della natura umana, e ci consente di valorizzare la introspezione nei rapporti personali in modo da discernere gli impulsi dell’ego dalla propria autenticità profonda, di accogliere l’altro, di aprirci alla diversità anche nelle piccole cose. Bisognerebbe che coltivassimo quell’anima che ogni giorno il “potere” cerca e ci riesce, di distruggere, ma quando si vuol coltivare l’anima il gioco si fa duro per ognuno di noi.
Il tema della spiritualità come superamento della chiusura egoistica, (cioè uscita dal recinto di sé per pensarsi come un noi) può apparire distante dalla politica ma non lo è: vediamo ogni giorno che nella crisi economica le persone sono sempre più sole e isolate e armate le une contro le altre, non riescono a far emergere scelte solidali.
Quello che abbiamo visto nel film “Due giorni e una notte”, si è verificato a Pomigliano quando la Fiom dello stabilimento FIAT ha indetto uno sciopero contro la decisione dell’azienda di far lavorare il personale in straordinario per diversi sabati consecutivi per far fronte ad un incremento di ordini della Panda. Ma sono pazzi?, tuonano gli altri sindacati ed alcuni quotidiani. Nel mezzo della crisi, come si può rifiutare di lavorare per la ripresa della produzione?
Scavando, si scopre che lo sciopero è motivato dalla circostanza che in azienda ci sono oltre 1.400 lavoratori in contratto di solidarietà: hanno accettato un orario ridotto, con conseguente riduzione di stipendio, per mantenere il posto di lavoro. La Fiom sciopera per chiedere l’istituzione di un terzo turno di lavoro che permetta di produrre richiamando a stipendio pieno i lavoratori, piuttosto che ricorrere allo straordinario di chi già lavora.
Conclusione: allo sciopero hanno aderito 5 lavoratori su 1.500. Onore a loro, meritano un monumento! Questo è “due giorni, una notte” italiano, con una conclusione in cui la solidarietà è stata sconfitta e derisa, da una vergognosa informazione parziale e faziosa. Difficile lottare per gli altri, quando non arrivi a fine mese o rischi il posto di lavoro, ma senza sguardo sull’altro e sulla sua dignità saremo tutti sconfitti. In questo egoismo dilagante siamo tutti coinvolti, la mancanza di solidarietà ormai pervade ognuno di noi e si fa davvero fatica a resistere ed ad avere uno sguardo diverso e più coraggioso nei confronti del mondo.
Lo spirito è logorato, si fatica a vedere oltre l’io la felicità del noi. Spiritualità perché: perché è quella cosa che ti consente di pensarti come qualcosa che va oltre i confini del tuo io e perciò di resistere alla lusinghe del potere che ti vuole ridurre a niente.
Ritrovare le parole perdute
Vogliamo ragionare insieme sui fondamentali anche perché vogliamo restituire il loro significato alle parole.
I fondamentali, anche le parole che li indicano, vanno indagati a partire dalle cose concrete, anche quelle che ci hanno impegnato fino ad ora, anche dai fatti politici e sociali, ma applicando uno sguardo diverso, di ricerca dei valori sottesi. Da li a risalire verso le ‘parole’ da riconquistare e ridefinire, ripulire.
La questione delle parole svuotate di significato, riempite di un significato diverso, abusate e consumate fino a renderle prive di senso, è centrale se vogliamo ricominciare a parlare e comunicare: avere un lessico comune, parole che hanno per tutti un significato condiviso è il primo, indispensabile passo.
Di queste parole (diritti, libertà, collettività, bene comune, aiuto, ascolto, ecc.) è stata fatta una strage. Nessuna di loro, nel significato attuale, corrisponde più a quello che abbiamo in testa noi quando le pronunciamo. Se ne sono impadroniti politici, giornalisti, divulgatori da strapazzo che le hanno piegate agli usi che più gli sono stati utili, indifferenti alla modificazione di senso che questo ha comportato.
Le hanno fatte diventare parole “di moda” per qualche periodo e poi, come se fossero cose frivole, buttate via perché avevano finito la loro breve vita cestinando contemporaneamente il significato profondo e originario di queste parole-valore.
Il risultato è che oggi, dire “bene comune”, ad esempio, non ha quasi più alcun significato che tanto lo si è “appiccicato” a mille cose diverse quindi si è banalizzato.
Occhiali nuovi
Ridare il valore originario a queste parole significa rimetterle in discussione, ripulirle, ridargli vita e ricominciare ad utilizzarle per quel che valgono e veicolare nuovamente i concetti che esprimono.
Questo processo, parte essenziale di un agire politico nuovo, non può che partire dall’ascolto anche per accogliere le parole che altri soggetti, gruppi sociali hanno nel loro cuore (i giovani, per esempio, su quali parole metteranno l’accento? Quali aggiungeranno?).
Le parole sono il mezzo con cui comunichiamo per questo la loro importanza è così alta. Fare politica dopo aver reso evidente che i concetti espressi da determinate parole sono essenziali per la vita personale e collettiva forse contribuirà anche a rendere maggiormente sensibili e consapevoli le persone con le quali speriamo di trovarci a lavorare fianco a fianco.
La realtà che ci circonda è mutata profondamente e noi con lei: abbiamo perso le chiavi di lettura per individuare e ritrovare i valori profondi del vivere umano, sui quali improntare il vivere sociale, politico, economico. Ci servono occhiali nuovi, costruiamoli insieme!
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