SALUTE E BENESSERE
Artrosi all’anca: cosa può fare l’osteopatia
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L’osteopatia si ispira alla medicina olistica, che ritiene che gli individui ‘funzionino’ come un’entità unica, che non può essere divisa in più parti. L’osteopatia, quindi, non considera la malattia come una manifestazione patologica a sé stante, ma come uno squilibrio delle funzioni dell’intero organismo. L’osteopata, attraverso tecniche manuali, può rimuovere gli ostacoli al normale funzionamento di un organo o di un apparato per ripristinare proprio quell’equilibrio funzionale che si era alterato, con localizzazioni solitamente a carico delle articolazioni.
Chi può trovare un alleato nell’osteopatia è per esempio chi soffre di artrosi dell’anca, malattia degenerativa che interessa tra il 15% e il 22% della popolazione. Il trattamento osteopatico delle disfunzioni articolari e muscolari, contigue o meno alla lesione dell’anca, infatti, può permettere un recupero della mobilità articolare, una riduzione del dolore e un miglioramento nella deambulazione.
In genere le prime avvisaglie di un’artrosi dell’anca (coxartrosi) si manifestano all’età di 60-65 anni. A volte si rivelano già a 35-40 anni, ma vi deve essere una predisposizione. L’eziologia, ossia la causa scatenante, può essere primaria o secondaria a malformazioni congenite non riconosciute nei primi mesi di vita (displasia dell’anca), patologie dell’adolescenza, traumi articolari da incidente, sovrappeso e turbe posturali, che alterano il carico sul bacino e sulle anche. Il dolore al fianco o all’inguine coinvolge coscia e ginocchio, aumenta quando si cammina e spesso costringe il soggetto a fermarsi, ma può insorgere anche la notte.
L’anca può esser colpita, oltre che da degenerazione della cartilagine, ossia artrosi, da un’infiammazione delle borse sinoviali, che sono ad essa adiacenti, o da contratture permanenti di alcuni muscoli stabilizzatori del bacino e della postura, come il piriforme e il grande psoas. Queste situazioni possono simulare un dolore da coxartrosi. Tutte queste patologie potranno manifestarsi con dei segni e dei sintomi che andranno esaminati e decifrati.
La persona potrà lamentare un dolore simile a delle fitte all’inguine o nell’area della natica, oppure un dolore anteriore alla coscia o isolato al ginocchio che può esser confuso e curato come fosse un problema locale. Il dolore può aumentare la notte, in particolare se si dorme sul fianco, o aumentare durante la deambulazione o la corsa, costringendo la persona a fermarsi per qualche minuto e creando una zoppia. Spesso la diagnosi arriva dopo aver fatto una radiografia del bacino e delle anche, in alcuni casi però è necessario eseguire una risonanza magnetica che esamini anche i tessuti molli.
È da sottolineare che questi esami strumentali vanno prescritti sulla base di sintomi clinici precisi, poiché sono inutili se si è di fronte ad una persona con contratture dei muscoli posturali e dei legamenti del bacino valutabili semplicemente con la visita posturologica e osteopatica. L’osteopata affianca alla valutazione posturale anche test clinici palpatori in cui percepire tensioni e rigidità muscolo-tendinee e articolari anomale.
Le articolazioni esaminate dovranno essere non solo quelle del bacino e dell’anca. Spesso la causa predisponente della patologia dolorosa è da ricercare in una caviglia poco mobile da anni (per esempio per una distorsione mal curata) o per una condizione di rachide lombare e dorsale che ha perso dinamicità e flessibilità articolare che condiziona le attività di vita quotidiana e crea adattamenti anomali. Nei casi di grave coxartrosi l’unica soluzione è la protesi artificiale, con il trattamento osteopatico però si possono prevenire tali situazioni o comunque ritardare nel tempo l’intervento chirurgico.
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Nuccio Russo
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