Ho un attimo di smarrimento. La noia lineare che accompagna la lettura dell’intervista di ieri resa dal vicepresidente del Consiglio Alfano al quotidiano “La Repubblica” è improvvisamente turbata da un’affermazione che non m’aspetto. Alla domanda “quali sono i vostri punti irrinunciabili?” l’ineffabile Angelino replica inaspettatamente: “La parola chiave sarà lavoro: aumentare il numero degli occupati e dare una speranza ai nostri ragazzi”.
Gulp! Che succede? L’occupazione al primo posto! Alfano come la Cgil?!? Fatta questa premessa, adesso seguirà certamente un attacco frontale alla Merkel e alle dottrine neoliberiste: il classico scavalcamento a sinistra, degno della migliore tradizione democristiana, anche se è persino troppo facile con l’attuale Pd.
Ma poi purtroppo Alfano spiega meglio in cosa consiste la sua idea di centralità del lavoro.
Prima di tutto: “tagli robusti alla spesa pubblica improduttiva”. Vabbé, ci può stare, anche se temo non avremmo le stesse idee nel definire qual è quella improduttiva e rimane piuttosto oscuro come questi tagli possano creare nuova occupazione.
E poi: “riforma elettorale, fine del bicameralismo perfetto”: ok, titoli condivisibili, non facciamo gli schizzinosi, ma che c’entrano col lavoro e l’occupazione?
E ancora: “detassazione per le imprese”. Ecco, questa mi sembra d’averla già sentita. Quando è stata fatta non ha mai prodotto occupazione, ma che ci importa? Intanto detassiamo le imprese con la scusa del lavoro e poi magari per compensare facciamo pagare più tasse ai lavoratori! Semplice e già sperimentato. E’ vero che così l’economia va a rotoli, ma poi possiamo sempre far cassa alzando l’età pensionabile.
E infine, la perla: “determinazione del salario di produttività”. Ma che vuol dire? Il salario di produttività c’è già, fa parte di tutti i contratti nazionali di lavoro, si contratta generalmente in azienda, quando le condizioni economiche della stessa lo consentono. Chi lo deve determinare? Il governo? Ma soprattutto cosa c’entra con l’occupazione?
Letto questo, giro la pagina, anzi chiudo il giornale: è troppo!
E’ vero che ormai in questi anni ci siamo dovuti assuefare al peggio, ma queste fumoserie, queste affermazioni furbette e insensate, questo misto di studiata superficialità e incongruenza resta una delle eredità più devastanti della politica dell’ultimo ventennio.
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Giuliano Guietti
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