NOTA A MARGINE
La nuova Germania e le sue serre con ciclamini
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“Serra con ciclamini”, questo è il titolo del testo che Rebecca West ha pubblicato nel 1955, ma che in Italia è stato tradotto solo quest’anno da Masolino D’Amico per la casa editrice Skira. L’argomento non è però la botanica. Un volume a metà tra il reportage e il romanzo, la narrazione degli ultimi giorni del processo di Norimberga e dei primi anni della Germania del secondo dopoguerra, l’epilogo e la rinascita della nazione tedesca fra il 1946 e il 1954, un libro “di una grandezza tale, che non si capisce perché fino a ora non fosse stato pubblicato in Italia”, così lo ha descritto Gianni Venturi durante la sua presentazione alla libreria Ibs di martedì scorso. Nelle sue pagine “l’apparente tranquillità della prosa” crea uno stridente contrasto con la reale “violenza intellettuale” dei contenuti, continua Venturi, secondo il quale la specificità della narrazione risiede nello “sguardo femminile” della West, dotato di una lucidità e di un’intelligenza impressionante.
Il volume, pubblicato in inglese nel 1955 con il titolo “A train of powder”, riunisce tre interventi stesi per diverse testate dalla narratrice, giornalista e critica britannica Cicily Isabel Fairfield, acclamata dal “Time” nel 1947 “migliore scrittrice al mondo”, che aveva scelto come proprio pseudonimo il nome di un personaggio di “Villa Rosmer”, un dramma di Henrik Ibsen.
La prima parte è quella scritta sul campo, durante gli ultimi giorni del processo di Norimberga. Secondo il giornalista Marco Contini – anch’egli presente alla presentazione martedì – l’immagine che ne esce è, sia per quanto riguarda la popolazione sia per quanto riguarda le forze alleate, quella di “gente stravolta, sfinita, stanca della guerra, che vive nella povertà assoluta”, “una Germania che in quel 1946 chiedeva di essere punita e quella punizione doveva essere il primo gradino della rinascita”. Anche la descrizione dei gerarchi nazisti in aula è molto diversa dalle figure fredde, austere e solenni che ciascuno di noi ha in mente pensando ai video dell’epoca: “gli occhiali da sole che indossano non segnano la distanza rispetto a chi si ha intorno, diventano uno schermo perché non si riesce a sostenere lo sguardo altrui”, afferma Contini. I vinti “perdono la grandezza del male e diventano gentaglia”, conclude Venturi. Nel suo resoconto troviamo poco degli atti giudiziari, ma possiamo capire moltissimo del contesto. A emergere dalle pagine della West è il tentativo di far vincere il diritto, ma nella costante sensazione di disorganizzazione. Rebecca West ne scrive come un “fallimento delle speranze che aveva suscitato”, un “evento informe” che non è capace di lasciare “nessuna immagine chiara nell’animo delle persone” che l’hanno vissuto, infine, impietosamente, come “uno di quegli eventi che non diventano un’esperienza”.
La seconda parte narra invece della ricostruzione e il suo emblema è proprio la serra di ciclamini del titolo, messa in piedi da un veterano zoppo. L’anziano giardiniere con una gamba sola, tutto preso dalla sua serra e dalla coltivazione di ciclamini da mettere in commercio, diventa per West il simbolo della ripresa: “Era fuggito in un’altra dimensione, in cui il dolore non aveva potere su di lui. Era fuggito nel suo lavoro”. Una speranza che però sembra venire meno già nella terza parte, con la Germania e Berlino, la sua capitale, divise in due fra le potenze occidentali e l’Urss. “Una Berlino – spiega Contini – che vive senza sapere cosa sarà di lei” e che sembra dover scontare, lei sola per tutta la nazione, le colpe del secondo conflitto mondiale.
“Serra con ciclamini” è un libro che aiuta a capire quanto sia difficile orientarsi e narrare un “grosso e caotico evento storico”, in altre parole la storia nel suo farsi, perché Rebecca West sembra riuscire, con il proprio talento di narratrice, a farne emergere le infinite contraddizioni e sfumature.
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Federica Pezzoli
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