da: Claudio Riccadonna
Ogni giorno si consumano drammi inaccettabili per chi poi è costretto, volente o nolente, a conviverci. Stragi provocate non di rado dalla spavalda guida in stato d’ebbrezza dei cosiddetti pirati della strada che falciano intere famiglie; omicidi cagionati da futili motivi (uno sguardo di troppo alla ragazza del “carnefice”, il chiasso intollerabile del vicino di casa) e potremmo continuare, vero, nell’ingeneroso elenco.
Fin qua tutto “normale”, considerata ormai la preoccupante ordinarietà, abitualità di tali episodi!
Eppure di fronte all’inspiegabile, capace di smuovere anche le coscienze più refrattarie, non di rado capita poi di ascoltare, impotenti, nel bel mezzo di qualche servizio televisivo, domande “sensazionalistiche” mirate, che ingenerano un sentimento di sbigottito smarrimento: “Cosa prova, in questo momento, dopo l’efferato omicidio di suo marito?” “Intende perdonare l’assassino di sua figlia o l’ubriaco al volante che ha investito e ucciso il suo bambino? Ma quali risposte ci attendiamo suvvia?
Domande “poco intelligenti” che palesano la mancanza di buon senso, che appartengono a quella sorta di becero “giornalismo d’assalto” e che lasciano interdetti, annichiliti, a fronte ben di altre urgenti priorità… Esempi di un giornalismo deleterio , probabilmente, poco sensibile e rispettoso dei diritti e della dignità altrui. “Cui prodest”, a chi giova l’imbarazzo dei succitati quesiti, formulati perlopiù nella “freschezza del sangue innocente appena sparso”, nell’intensità viva di un dolore agonizzante e insopportabile?
Mi chiedo se abbia un qualche significato sottoporre un poveretto, forse una madre o un padre disperati, ad un ulteriore oltraggio, in nome dello scoop!
Dove si nasconde quel codice deontologico a cui ogni valido professionista dell’informazione dovrebbe attenersi?
D’altra parte la possibilità del perdono, attiene, nel suo valore profondo alla dimensione privata-personale, ad una predisposizione d’animo, alla coscienza individuale talvolta motivata e addestrata dalla forza religiosa e spirituale. Probabilmente, un’informazione costruttiva e responsabile dovrebbe, opportunamente e convenientemente, astenersi da indagini “superflue”.
Si vuole forse alimentare un morboso dibattito pubblico, inutile e scarsamente educativo e suscitare, come sottolineato da una esperta di comunicazione “lo sdegno dei lettori/spettatori, affamati di vendetta?”.
Tuttavia nella carta dei doveri del giornalista del 1993 non si legge forse che” Il giornalista abbia il dovere fondamentale di rispettare la persona, la sua dignità e il suo diritto alla riservatezza…”
Claudio Riccadonna
(Ala – Trento)
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