Je suis Ilan: in Italia la scomoda pellicola boicottata a Parigi
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Per una volta, l’Italia si è dimostrata più avanti, trasmettendo in anteprima, lo scorso 6 maggio, dall’auditorium della Conciliazione di Roma, il film choc di Alexandre Arcady sui 24 giorni della prigionia-sequestro-uccisione del giovane ebreo Ilan Halimi. E’ stata l’italia, quindi, e non la Francia, a proiettare “24 jours – la vérité sur l’affaire Ilan Halimi”, un evento organizzato dalla Rai e dal Progetto Dreyfus. La pellicola, infatti, è stata boicottata da Parigi, e anche se, per la prima volta, la polizia giudiziaria ha aperto alla troupe di Arcady il 36 di Quai des Orfèvres e l’Eliseo ha organizzato una proiezione alla presenza di Hollande, “24 jours” in Francia è stato ostacolato. “Né la tv di stato, né Canal Plus, né i grandi media hanno voluto mettere sul tappeto quest’affaire”, considera il regista. Allora Roma ha preso il coraggio di parlarne, di far sapere che un giovane, nel 2006, era stato rapito e ucciso da estremisti islamici (“la banda dei barbari”), nella banlieue parigina, per il solo fatto di essere ebreo. La proiezione sui Rai Due è avvenuta alla presenza della madre di Ilan, Ruth, al cui libro scritto con Émilie Frèche si è ispirato il regista, e di ospiti prestigiosi, dal regista, al filosofo Bernard-Henry Lévy, fino all’attore Vincent Cassel e ad alti rappresentanti delle comunità religiose italiane.
Ruth è una donna indifesa, piccola e minuta ma forte e determinata e non succube della sua tragedia, una madre ferita che potra la sua orribile storia in giro per il mondo, perché si sappia quello che ne è stato del figlio, perché se ne parli, perché ci si ribelli, perché non accada più.
Ecco, allora, arrivare sulla scena un film che parla di una terribile verità spesso taciuta, quella di episodi a sfondo antisemita nei nostri civilissimi paesi, spesso vicini, come la Francia.
Il tutto risale al 20 gennaio 2006, quando il ventitreenne Ilan, che vive tranquillamente gestendo un negozio di telefonia a Boulevard Voltaire, viene rapito nella cittadina di Sceaux.
“Mi chiamo Ruth Halimi, ho tre figli. È incredibile quello che mi è accaduto a Parigi nel 2006, ma purtroppo è accaduto, è tutto vero”, sono le prime parole sussurrate dalla madre di Ilan che danno il via al racconto, un’intensa Zabou Breitman. Ilan è caduto nella trappola tesa da un’avvenente ragazza mediorientale, che lo porta direttamente nelle mani dei sequestratori. Una delle tante adescatrici di notai e medici ebrei, più o meno facoltosi, al servizio degli integralisti islamici nella Ville Lumière del Duemila.
Gli ebrei vengono torturati e uccisi a scopo estorsivo “perché gli ebrei sono ricchi e si aiutano tra loro”, afferma nel film Youssouf Fofana (Tony Harrisson), capo della “banda dei barbari”, un gruppo di integralisti islamici con base nella periferia parigina e diramazioni in Costa d’Avorio. Ilan viene tenuto nascosto nella periferia parigina, al buio e bendato, dove viene brutalmente torturato per tutta la durata del sequestro. Per la sua liberazione i terroristi chiedono un riscatto, che varia ogni volta, mentre la famiglia e le autorità locali cercano una via per riportare il ragazzo a casa. Lo stillicidio di telefonate e richieste è interminabile. Dopo 24 giorni, il 13 febbraio, Ilan viene ritrovato nudo, agonizzante, con ferite gravi anche da taglio, ematomi, contusioni e bruciature sull’ottanta per cento del corpo. Lo recuperano lungo i binari della ferrovia a Sainte-Geneviève-des-Bois, nel dipartimento di Essonne, ma, poco dopo, morirà in ospedale. La conclusione dei medici è che ”nessun colpo è stato mortale”. È l’insieme delle violenze e delle torture subite (la barbarie), la fame (stomaco vuoto perché non sporcasse) e il freddo (la crudeltà infinita) ad averne causato la morte. Invano la madre aveva cercato di far comprendere agli inquirenti la matrice del rapimento, il fatto che l’identità ebraica fosse il vero movente. “C’erano 400 persone a occuparsi del caso, 24 ore su 24”, ricorda Arcady, “ma pensavano si trattasse di una banda di criminali comuni che mirava solo al riscatto. La polizia francese ha commesso un grave errore di valutazione. L’antisemitismo è radicato profondamente. Per i rapitori, Ilan era come un animale anche se aveva la loro età, la stessa nazionalità: siamo tornati ai vecchi schemi che credevamo scomparsi con il nazismo e la soluzione finale. Un ebreo che viene imprigionato, torturato, rapato a zero, abbandonato in un bosco e bruciato vivo”. In seguito, la polizia ha arrestato i 19 colpevoli (su 29) e ammesso la matrice, ma la mente corre ai fatti di Charlie Hebdo, e ci si chiede perché una mobilitazione analoga non sia avvenuta anche per questo giovane ebreo vittima di una crudeltà senza limiti, disumana e inimmaginabile. A Ilan, che in ebraico significa “albero”, nel XII Arrondissement parigino è stato intitolato un parco comunale. Poco, troppo poco.
Alexandre Arcady, non nascondendo le difficoltà incontrate per produrre il film, continua: “Il movente ormai riconosciuto del sequestro e dell’uccisione è l’antisemitismo. Ilan è il primo giovane ebreo ucciso in Francia dopo la Shoah. Questo crimine antisemita non è stato un semplice fatto di cronaca, ma l’indice di un grave fenomeno sociale. E lo scopo di questo film è di scuotere le coscienze”. Mentre molti ebrei di Francia lasciano il paese per l’aumento di episodi antisemiti, mamma Ruth, che ha fatto trasferire la salma del figlio a Gerusalemme (“affinché i suoi carnefici, una volta usciti di galera, non vadano a sputare sulla sua tomba”), ha trasformato il suo dolore in reazione alla barbarie e si batte perché la morte di Ilan non cada nell’oblio e, soprattutto, serva da campanello d’allarme. Che lo sia, dunque. Per tutti.
Progetto Dreyfus è un think tank dedicato all’ebraismo e a Israele, che diffonde informazioni e materiale utile al dibattito su cultura, scienza, innovazione, tecnologia, turismo, politica e conflitto mediorientale e lavora per sviluppare iniziative condivise con altre realtà della società civile su obiettivi e valori comuni. Nasce nel 2012 come iniziativa spontanea sui social network e nel 2014 si inquadra come un’associazione culturale senza scopo di lucro con base in Italia.
http://www.progettodreyfus.com
24 Jours: La Verité sur l’affaire Ilan Halimi, di Alexandre Arcady, con Zabou Breitman, Pascal Elbe, Jacques Gamblin, Sylvie Testud, Eric Caravaca, Syrus Shahidi, Francia, 2014, 110 mn.
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Simonetta Sandri
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