Per il loro quarto ciclo di incontri alla Sala Agnelli della Biblioteca Ariostea l’Istituto Gramsci e l’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara hanno scelto un titolo che potrebbe apparire paradossale o provocatorio a prima vista, ma che a sentire gli organizzatori non lo è affatto: “La democrazia come problema”. E non si può dar loro torto, visto che è dai tempi di Platone che filosofi, politici, artisti e letterati si arrovellano su questo tema.
Forse ha proprio ragione il direttore dell’Istituto Gramsci, Fiorenzo Baratelli, quando nell’incontro introduttivo di venerdì pomeriggio afferma che la democrazia è “il regime politico e sociale più complesso che finora il genere umano ha pensato”, ma proprio per questo “è il sistema più adatto più adatto alla complessità dell’uomo e alla sua convivenza in società”. La figura centrale nella democrazia, infatti, è il cittadino. Se ciò significa da una parte che le istituzioni democratiche, cioè la forma, e lo stato sociale, cioè i contenuti, sono costruiti in funzione dei cittadini, dall’altra implica che fondamentale è l’esercizio democratico, cioè la partecipazione attiva da parte di questi ultimi. Dunque la democrazia non è solo complessa, ma “deve essere costruita, anzi necessita di continua cura”: “è imperfetta, esigente, fragile – continua Baratelli – caratterizzata da un continuo cambiamento”. Chi dunque può negare che sia “un insieme di problemi”? Come se ciò non bastasse oggi viviamo il paradosso della democrazia uscita vincitrice dallo scontro con i totalitarismi del Novecento, ma arrivata al 21° secolo “stremata” e circondata da “un’aura di scetticismo”. I 12 incontri che si svolgeranno fino a novembre serviranno quindi a tentare di “capire le ragioni di questo malessere” e le sfide che il sistema democratico deve affrontare nel tempo presente. Non ci sono soluzioni facili, ma esercitare la propria intelligenza critica per tentare di capire dove stiano i problemi e pur sempre un punto di partenza. Già Tocqueville metteva in guardia rispetto al rischio che la democrazia potesse degenerare in un “dispotismo mite”, che leva ai cittadini “il fastidio e la fatica di pensare.” L’obiettivo allora è andare oltre quella “dittatura del presente” di cui ha parlato il filosofo Salvatore Veca – ospite del primo incontro del 6 febbraio – che “scippa il senso della possibilità e riduce lo spazio dell’immaginazione politica e morale”, mentre avremmo “un disperato bisogno di idee nuove e audaci, che siano frutto dell’immaginazione politica e morale”.
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Federica Pezzoli
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