di Cristina Venitucci*
da PARIGI – Mercoledì 7, il primo dei pazzi giorni parigini della settimana scorsa, ero al lavoro e poco prima di mezzogiorno stavo sbirciando ripetutamente il telefono in attesa di un messaggio. Nel pomeriggio infatti, mi sarei dovuta recare nell’11° arrondissement, non distante dalla redazione di Charlie Hebdo, per incontrare la Fede (Federica Veratelli di cui abbiamo scritto qui), altra ferrarese a Parigi, e non avevamo ancora stabilito l’orario del nostro appuntamento. Quando ho
ricevuto il suo Whatsapp quindi, mi è sembrato tutto normale. Il messaggio però, non riportava un orario, come mi aspettavo. « 10 morti, guarda le notizie », diceva invece.
Così sono stata io a dare la notizia ai colleghi francesi. Sgomento.
Ho finito di lavorare e verso le 16 e mi sono incamminata in strada. Anche se ero nel 9° arrondissement, ho avuto la netta impressione che l’atmosfera fosse completamente cambiata rispetto a sole poche ore prima.
Avevo una lista di commissioni personali da svolgere, ma vi ho rinunciato. Occuparmi di qualsiasi altra cosa mi sembrava stupido e irrispettoso. Così come anche rincasare. C’era troppa tensione nell’aria, e l’11° arrondissement era così vicino, così familiare. «Vengo comunque da te Fede», ho comunicato via Whatsapp.
Sono salita sul bus, dove regnava il silenzio. Dopo poco ho prenotato la fermata e il conducente non se ne era accorto. Ha tirato dritto. «Ha saltato la fermata.», gli ho detto, indicando il segnale rosso acceso.
«Scusi » mi ha risposto, centrando in pieno la mia comprensione.
Anche la metro 9, su cui sono salita per scendere a Voltaire, nell’11° arrondissement, è arrivata che pareva neanche toccare le rotaie. Silenzio, anche qui. Risalendo le scale dell’uscita eravamo veramente tutti zitti. Tutti attenti. Gentili. Silenti ma presenti. Ce lo riconoscevamo con lo sguardo.
L’idea di partecipare alla manifestazione spontanea era nata già qualche ora dopo l’accaduto. E’ stato in un tempo molto breve che le bacheche Facebook di numerose persone tra i miei contatti avevano cominciato a riportare l’adesione a questo evento, fissato per le ore 19 della stessa sera. Ressemblement de solidarité à Charlie Hebdo si chiama, ovvero Adunata di solidarietà per Charlie Hebdo. Nonostante il largo anticipo del mio arrivo sull’orario indicato, la piazza era già gremita, e molte persone continuavano ad arrivare da tutte le direzioni. E’ stata una marcia spontanea, e anche i cori erano, almeno in un primo momento, sparuti e poco organizzati. Qualcuno gridava “liberté d’expression”, altri “Charlie Charlie”. Ma più imponente di tutte le voci, era un forte e rispettoso silenzio.
Il pellegrinaggio verso la Place de la République non ha avuto sosta in questi giorni, così come l’espressione di solidarietà nei confronti della redazione e in ricordo di tutte le vittime degli attacchi. Candele, fiori, slogan, messaggi, disegni, vignette, simboli, matite, lettere luminose che sorrette una ad una compongono la scritta ‘not afraid’ o ‘solidarité’. Persino sms che invitavano a diffondere tra i propri contatti la lista dei nomi delle vittime e a manifestare con una candela accesa da posare ognuno sulla finestra di casa propria.
Il giorno dell’asserragliamento nella stamperia di Dammartin-en-Goele e della sparatoria nell’alimentari cacher di Porte de Vincennes, è stato scandito dai mille messaggi arrivatimi da amici e parenti in cerca di informazioni e di accertamenti: «Ma cosa succede realmente a Parigi?», mi chiedono, «Tu non uscire, resta in casa!». La maggior parte della città in realtà andava avanti come di consueto, anche se non era facile
capire cosa pensare, o se e come muoversi. Mentre chi vive qui cercava di mantenere la calma, più allarmanti erano invece le ricorrenti e accorate raccomandazioni di chi era lontano.
Una volta tutto finito, con gli amici abbiamo discusso se fosse il caso o meno di annullare la cena che avevamo in programma, concludendo che fosse simbolicamente importante non desistere. Così ci siamo ripresi la nostra normalità, siamo usciti, siamo andati al supermercato, abbiamo preso la metropolitana.
Spostandomi mi sono accorta che il sostegno e la solidarietà della cittadinanza non si limitavano ai luoghi dell’attentato o alla Place de la République, ma che erano diffusi lungo molti luoghi della città, e in varie forme. Il nome di Charlie si era fatto strada e moltiplicato sulle insegne dei negozi, nelle vetrine, nei mezzi pubblici, alle finestre, nelle targhe con i nomi delle vie.
La partecipazione alla manifestazione indetta per domenica pomeriggio, la Marche Républicaine, è stata notevole, senza precedenti. Il corteo ufficiale è partito da Place de la République per muoversi lentamente lungo due percorsi di circa 4 km, in direzione Sud/Sud-Est, ma anche tutti i boulevard che giungono alla piazza dalle altre direzioni e le vie adiacenti erano affollati, quasi da non distinguere che non si trattasse ancora del corteo. La marcia si è svolta senza nessuna traccia di agitazione. C’era molto silenzio, molti cartelli, bandiere, grandissime matite, vignette, e tanto tanto senso dell’umorismo.
Certo non mancano le posizioni critiche nei confronti di questa manifestazione, soprattutto in merito alla strumentalizzazione politica e all’adesione ufficiale di alcuni capi di stato che di fatto sono portatori di valori ben lontani da quelli repubblicani, ma la partecipazione immensa di circa un milione e mezzo di persone, ha
dimostrato come fosse in ogni caso un evento necessario, fondamentale per ristabilire una non ancora sufficiente quotidianità emotiva tra la gente.
I fatti dei giorni precedenti avevano seriamente aggravato lo stato di tensione generale, e ancora oggi la città, in alcuni quartieri più che in altri, vede il dispiego massiccio di polizia ed esercito, con lo stato di allerta attentati del piano Vigipirate tuttora in vigore.
La marcia si è poi conclusa in Place de la Nation, dove intorno alle ore 18 sono state liberate venti lanterne volanti, una per ogni vittima dei tragici fatti che per quattro giorni hanno fermato e messo in subbuglio Parigi
e la Francia.
* Cristina Venitucci è nata a Ferrara e da due anni vive a Parigi, dove lavora nel settore della ristorazione e dell’organizzazione eventi.
Le foto sono quelle che lei stessa ha scattato nei giorni scorsi.
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