L’INTERVISTA
Metodo Cosquillas, una messa in scena che aiuta a crescere
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Il Metodo Cosquillas, modello di apprendimento alternativo basato sul teatro, è diventato progetto europeo nel novembre 2013. Ora è al secondo anno di realizzazione e nel 2015 verrà sperimentato all’interno delle scuole e degli istituti ferraresi. Nella prima parte dell’intervista [vedi], abbiamo riportato il punto di vista degli ideatori, Massimiliano Piva e Alessia Veronese, e del direttore della Città del Ragazzo, Giuseppe Sarti, che del progetto europeo è titolare. Qui proponiamo un approfondimento ulteriore sul senso del progetto e sull’utilità pedagogica del metodo, guidati da Giovanni Fioravanti che lo sperimentò per la prima volta nel 2008, alla scuola media De Pisis.
Lei scelse di utilizzare il Metodo Cosquillas prima di ogni altro a Ferrara, cosa la spinse a cercare un nuovo modello di apprendimento da proporre ai suoi ragazzi?
Occorre premettere che la scuola De Pisis di viale Krasnodar si trova in una zona molto particolare della città: zona di disagio sociale e di migranti da una parte ma, allo stesso tempo, zona molto attenta, ricca di iniziative contro il degrado gestite dalla parrocchia di Sant’Agostino e dalle associazioni lì residenti, Viale K di Don Bedin e il doposcuola l’Arcobaleno, che già allora testimoniavano un importante impegno civile e sociale rispetto ai problemi del territorio. Quando ho preso per la prima volta la dirigenza, nel 2007, mi sono ritrovato quindi in questo difficile contesto di degrado ma potendo contare su una spalla forte, un vero e proprio presidio del territorio. E, con molta pazienza, ho cercato di integrare la scuola nel territorio.
Qual era il problema più urgente da affrontare?
Mi sono ritrovato con diversi ragazzini quindicenni, una dozzina, che frequentavano la terza media e che si trovavano in evidente disagio per tanti motivi: a disagio rispetto ai compagni più piccoli, per il duplice fallimento scolastico riportato, per le situazioni difficili che stavano vivendo, ma anche per la delusione nei confronti di una scuola che non aveva saputo rappresentare per loro l’occasione per crescere, per trovare risposte ai loro problemi. La scuola così come si presenta, con metodi d’apprendimento di tipo simbolico-rappresentativo, legati all’attenzione e all’ascolto della lezione frontale, non fa altro che portare questi ragazzini ad accumulare ritardi, fallimenti e sfiducia.
Come si è mosso quindi davanti a questa situazione?
In buona sostanza, il nodo che abbiamo dovuto affrontare nel 2007 è stato questo: in una zona di frontiera con forti problemi di dispersione scolastica, di fronte a una scuola statale incapace di dare risposte, che cosa ci inventiamo per non perdere questi ragazzi, noi insegnanti e presidi che ci troviamo in prima linea? Allora ho convocato i consigli di classe e insieme a tutti gli insegnanti ci siamo messi a riflettere su come stabilire un dialogo, a quali proposte didattiche offrire in alternativa alle classiche cinque ore tutte le mattine, seduti al banco – che richiedono già di per sé una buona educazione disciplinare -, con professori che si alternano continuamente e che non si prendono carico del disagio, se non nella loro ora e nelle migliori delle ipotesi.
Come avete intercettato il Teatro Cosquillas, li avete cercati o si sono proposti loro?
Si sono proposti loro, al momento giusto. Quando Massimiliano Piva e Alessia Veronese ci hanno presentato il progetto, ci è sembrata subito l’occasione da cogliere, ossia di offrire una modalità di apprendimento diversa attraverso il teatro.
Perché il teatro può offrire un’alternativa didattica?
Perché il teatro è completo, permette di esprimere la corporeità, la fantasia, i sentimenti, è libertà d’espressione, e permette di costruire un percorso assieme ad altre persone. Il percorso proposto dal Cosquillas nel 2008 è stato vincente per due motivi: perché abbiamo coinvolto tutti gli insegnanti nel progetto e perché il percorso si è svolto per gradi. Massimiliano e Alessia, infatti, all’inizio hanno raccolto i ragazzi, hanno cominciato a conoscerli e sono riusciti ad aprire un dialogo – cosa difficilissima perché avevano a che fare con ragazzi molto chiusi, alcuni tendenzialmente violenti. Dopodiché hanno proposto loro di vedere un film, “Central du Brasil”, che ha funzionato da collante, da centro di interesse per i ragazzi, come dovrebbe avvenire poi anche nella didattica. Piano piano, li hanno coinvolti nella realizzazione e nella partecipazione ad un progetto condiviso: dalla ricerca del materiale allo studio interdisciplinare, dall’elaborazione dei contenuti alla scrittura del copione. Si sono impegnati in ricerche geografiche affascinanti e stimolanti per la loro età, nella costruzione delle scenografie con l’aiuto dell’insegnante di Arte, nella scelta e nell’esecuzione delle musiche insieme alla prof. di Musica… e, infine, hanno avuto il coraggio di andare in scena di fronte agli ‘altri’.
Si ricorda il loro esame?
Certo, indimenticabile. Il loro esame orale è stata la rappresentazione, un lavoro finale di altissima qualità che ha fatto un successo strepitoso. I compagni li hanno applauditi e si sono commossi; la messa in scena è stata talmente bella che ne è stata richiesta la replica per genitori e parenti. I ragazzini-attori erano contentissimi: avevano capito di aver fatto un lavoro di qualità che era stato apprezzato dagli ‘altri’ e di cui, quindi, potevano essere orgogliosi; avevano capito che il loro lavoro era prezioso.
Un’esperienza positiva dunque…
Di più, per questi ragazzi il progetto del teatro ha rappresentato l’opportunità per arrivare all’esame di licenza media e superarlo; se avessero dovuto arrivarci come gli altri ragazzi, nelle loro condizioni di disagio, non ci sarebbero riusciti. L’esperienza fu talmente positiva che la ripetemmo l’anno successivo alla scuola media di Cona, che faceva parte della De Pisis, dove avevamo alcuni casi difficili e chiedemmo ad Alessia e Massimiliano di intervenire. Quella volta prepararono con i ragazzi una rappresentazione partendo dal tema del viaggio e dalla visione del film “I diari della motocicletta” ispirato ai diari di viaggio del giovane Ernesto Che Guevara, intitolati “Latinoamericana. Notas de viaje”. Il laboratorio ebbe lo stesso successo dell’esperienza condotta alla De Pisis e i ragazzi di Cona si esibirono anche davanti ai loro colleghi-alunni della scuola media Bonati.
Quale consiglio si sente di dare agli insegnanti e ai presidi che si trovano a che fare con situazioni difficili come quelle che ha incontrato lei?
Quando si ha a che fare con ragazzini che soffrono, non si tratta solo di trovare una strategia per insegnare, si tratta invece di dare un’opportunità per esprimere sé stessi e, forse, scoprire anche qualcosa del proprio disagio. Ci sono tante altre strade per evitare la dispersione scolastica, per i quindicenni privi della licenza media: c’è l’educatore di corridoio, ci sono accordi tra il Ctp (Centro territoriale permamente) e la Città del Ragazzo per permettere al ragazzo di conseguire la licenzia media e allo stesso tempo di intraprendere una strada professionale… ma il teatro ha un qualcosa in più, è una forma potente di espressione che va ben oltre gli obiettivi dell’apprendimento tout-court.
Per saperne di più visita il sito del progetto Leonardo Theatre [vedi]
Alcune esperienze di percorsi didattici realizzati attraverso il metodo Cosquillas, nell’ambito del progetto europeo Leonardo Theatre, sono state documentate e sono visibili su Youtube:
primo video [vedi]
secondo video [vedi].
Le foto dei ragazzi documentano il laboratorio teatrale e lo spettacolo di fine anno, realizzato con Metodo Cosquillas alla Città del Ragazzo (a.s. 2013-2014); alcuni studenti dello IAL (Corso per estetisti) sono stati coinvolti nel progetto e hanno curato la fase del make-up dei giovani alunni-attori.
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Sara Cambioli
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