L’INTERVISTA
Con Luigi Dal Cin sulle ali dell’immaginazione
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Ci sono presentazioni di libri durante le quali non si riesce proprio a stare fermi e zitti, ma si fanno i versi, si ride a crepapelle e si ascoltano domande molto interessanti, che tutti vorrebbero fare anche se nessuno ne ha mai il coraggio, come per esempio “Come hai fatto ad incollare le pagine del libro?” oppure “Come mai sei ancora vivo anche se sei uno scrittore?”. Sono gli incontri con l’autore di Luigi Dal Cin, scrittore ferrarese per giovani lettori, con all’attivo più di 90 titoli tradotti in 10 lingue e una decina di premi nazionali di letteratura per ragazzi, tra i quali il prestigioso Premio Andersen 2013 come autore del miglior libro 6/9 anni. Quando apre la sua valigia, che fa il paio con la borsa di Mary Poppins per le stranezze che contiene, la fantasia prende il sopravvento e anche i grandi tornano bambini. “Perché scrivi libri?”, “Per chi li scrivi?”: ecco, in genere, le difficilissime domande dei piccoli fans delle sue storie.
Abbiamo voluto provare anche noi a chiedergli qualcosa sul suo lavoro, cercando però di rendergli le cose un po’ più semplici.
Come hai deciso che da grande saresti… ‘rimasto bambino’, scrivere racconti per giovani lettori forse significa fare come Peter Pan e non crescere mai, tu cosa ne pensi?
Quando si scrive un libro, si dice di solito, lo si fa per esprimersi e per comunicare. Io preferisco dire che scrivo per dire la verità attraverso l’invenzione: le mie scoperte, i miei sogni, bisogni, desideri, paure, ma soprattutto le mie speranze. Sembra un paradosso pensare di dire la verità attraverso un’invenzione, eppure è proprio il modo dei bambini quando per spiegare la realtà inventano delle storie: facevamo che io ero…
Si può anche scrivere per sé stessi, come si può canticchiare sotto la doccia. Ma se desidero che un bambino legga quello che scrivo, devo chiedermi se lo può davvero interessare anzi, di più, se lo sa affascinare. Canticchiare sotto la doccia trovo equivalga a dire: “Scrivo solo per esprimermi”. Credo che scrivere con un lettore di fronte sia l’attività esattamente opposta: è non accontentarsi di stare da solo, ma andare verso l’altro.
Come passi da un foglio bianco a una mirabolante avventura?
“C’è bisogno di un aiutante magico”: così rispondo ai miei giovani lettori quando mi fanno questa domanda. Io lo chiamo la ‘Penna bambina’. La Penna bambina è uno strumento che sta dalla parte dei bimbi e che consente allo scrittore adulto di esprimere il pensiero e il linguaggio adulto in una lingua non più parlata con gli altri adulti, ma mai dimenticata: la lingua dei bambini. La ‘lingua madre’ di cui parla Bianca Pitzorno. Non si tratta solo di saper utilizzare vocaboli comprensibili ai più piccoli, ma soprattutto di toni, di capacità nel creare corrispondenze tra il testo e ciò che il piccolo lettore vive. Con il tempo mi sono convinto che la magica Penna bambina si riveli solo a chi sta davvero dalla parte dei bimbi: a chi li considera davvero delle persone. D’altronde, il vero scrittore per ragazzi, per vocazione, sta sempre dalla loro parte, altrimenti non è uno scrittore per ragazzi: magari scrive di ragazzi, ma non per loro. Se siamo convinti che il bambino ha la dignità di una persona, con i suoi desideri profondi, le sue individuali caratteristiche e le sue specifiche aspirazioni, e il nostro compito non è altro che quello di aiutarlo a far emergere tutto ciò, se partiamo da questo, penso che la maggior parte degli errori che possiamo fare nei suoi confronti – come scrittori, insegnanti, educatori, genitori – vengano già evitati alla sorgente.
Come inventi le tue storie?
Di solito all’inizio c’è appena una scintilla nella nostra mente: brilla, ma non è ancora una storia. Spesso ci si butta a scrivere quando in testa c’è solo l’ispirazione iniziale, il seme della storia. Ma il seme va coltivato, fatto germogliare, bisogna attendere di far maturare nella propria mente la storia in modo quanto più completo possibile, annotando le soluzioni narrative che via via emergono, prima di cominciare a scrivere davvero. Nel momento in cui tracciamo le frasi su un foglio, quei segni segnati, tracciati, scritti, si difenderanno dall’essere eliminati. Così la storia già scritta si può anche migliorare e correggere ma la sua essenza resterà, non si potrà più re–immaginare. E se l’invenzione non era ancora matura, il testo resterà comunque nella sua essenza incompleto, perché frutto di un’invenzione incompleta, senza fascino. Quando arriva una buona idea trovo invece sia bello indugiare il più possibile per farla maturare e raccoglierne i frutti.
Gli illustratori dei tuoi libri come vengono scelti?
Vengono concordati con l’editore. Se c’è una medesima sensibilità e professionalità nell’autore e nell’illustratore, il libro diventerà molto più di un semplice accostamento tra testo e illustrazioni: il suo valore sarà dato dalla loro sinergia. Credo, inoltre, che il percorso iconico debba avere la stessa autonomia e la stessa dignità del percorso letterario, in quanto espressioni di due modalità artistiche differenti con la medesima dignità. Il testo deve essere scritto prevedendo fin dal principio che sarà illustrato, lasciando spazi immaginativi autonomi per l’illustratore e pieghe narrative non del tutto svelate da cui l’illustratore può partire per il suo percorso. Un testo troppo ricco di descrizioni particolareggiate non è un buon testo perché ‘obbliga’ l’illustratore a illustrare solo ciò che il testo impone.
Nei tuoi libri ti piace viaggiare alla scoperta dell’immaginario di altri popoli e altre culture…
Da oltre 10 anni collaboro con la Mostra internazionale di illustrazione per l’infanzia “Le immagini della fantasia” e con Franco Cosimo Panini per una collana dedicata ogni anno alle fiabe tradizionali di paesi e culture. Ho pubblicato libri di fiabe da Medio Oriente, Africa, Estremo Oriente, regioni artiche, Oceania, Brasile, India, Russia, Messico, Scozia.
Le fiabe per me sono capolavori preziosi. Sono nate nella notte dei tempi più antichi: accanto al fuoco, in riva al mare, sotto le stelle, quando gli antenati di ogni popolo del mondo esprimevano, con un racconto di fantasia, le questioni più importanti per la vita delle loro comunità, quelle che dovevano essere trasmesse alle generazioni future e dare speranza ai piccoli e ai deboli. Le fiabe sono capolavori preziosi anche per un altro motivo: sanno viaggiare nel mondo.
È una grande fortuna per noi adulti e per i bambini, perché ci fanno scoprire ambienti, avventure e personaggi che non avremmo mai nemmeno immaginato, ci fanno intravedere nuovi punti di vista e nuove sensibilità. È così che le fiabe degli altri popoli ci arricchiscono e ci aprono all’incontro con culture differenti rispetto alla nostra. Ciò che le accomuna, qualsiasi sia il luogo del mondo in cui sono nate, è la capacità di esprimere gli stessi desideri, le stesse aspirazioni, le stesse paure e le stesse sofferenze che appartengono al cuore dell’umanità intera.
Hai pubblicato anche tante guide turistiche per ragazzi e sei impegnato in progetti per la valorizzazione e la narrazione del patrimonio artistico e culturale italiano ai tuoi piccoli interlocutori…
Credo che il patrimonio artistico, storico e culturale debba essere raccontato a bambini e ragazzi in modo efficace e adeguato alla loro età, utilizzando uno strumento a volte nuovo per l’arte, la cultura e i musei, eppure potentissimo: la narrazione. Sono convinto che solo l’utilizzo di una sapiente narrazione consenta di trasmettere – con un coinvolgimento non solo intellettivo, ma anche emotivo – informazioni storiche, artistiche e culturali. Nei testi cosiddetti di “divulgazione per ragazzi” spesso le informazioni sono invece presentate senza alcun fascino narrativo, senza una vera storia, e dopo un po’ si scopre che il personaggio non è un vero personaggio, ma una semplice “funzione”: la guida.
La sfida per avvicinare i ragazzi a un qualsiasi contenuto credo stia invece proprio nel saper costruire una vera avventura capace di creare fascino e di divertire. I racconti che ho scritto sono un invito per tutti, adulti e bambini, a vivere bellezza e cultura intensamente, penso infatti che esista un diritto alla bellezza, da esercitarsi con forza sempre maggiore di fronte alle fantasie preconfezionate e stereotipate in cui siamo immersi.
Spesso poi usi lo strumento narrativo per affrontare tematiche difficili: è successo con “Un drago sottosopra” in cui bimbi ferraresi hanno raccontato il terremoto, mentre in “La fiaba del Vajont” narri insieme ai bambini di Longarone la tragedia della diga del Vajont, e ancora con “Il puzzle di Matteo” affronti i problemi neurologici di una sindrome genetica…
Dopo il terremoto mi sono subito chiesto che cosa potessi fare e ho iniziato a tenere incontri con i bambini nelle tendopoli. A volte qualcuno di loro mi chiedeva: “Ma le storie a cosa servono, quando il terremoto è sempre lì in agguato?” Allora io raccontavo la storia di un personaggio delle ‘Mille e una notte’ che rappresenta benissimo la potenza della narrazione: è Shahrazàd. Il re Shahriyàr, straziato dal tradimento della moglie, per vendicarsi ordina che ogni sera gli venga portata una fanciulla che sposa e poi la notte immancabilmente uccide. Shahrazàd, la figlia del visir, si offre di sposare il re per salvare la vita delle altre ragazze: ogni notte racconterà una nuova storia, ma prima che sia terminata ogni volta sopraggiungerà il mattino e dovrà interromperla per consentire al re di occuparsi del regno, così il re giurerà di farle salva la vita finché non avrà ascoltato il resto del racconto la notte successiva. Così le storie narrate da Shahrazàd tengono lontana la morte, sospendono il tempo: le storie di Shahrazàd salvano il futuro dell’intero regno e alla fine lo stesso re, che si pentirà della propria vendetta e saprà di nuovo gioire della vita. “Alla fine allora vincono i racconti?” mi chiedevano i bambini e io rispondevo: “Alla fine credo che vincano i bambini e gli adulti che provano a esprimere e comunicare i propri sentimenti, le proprie paure e sofferenze, le proprie speranze, i propri desideri più profondi, attraverso la parola, la narrazione, il racconto. Così, se anche la terra dovesse crollare sotto i nostri piedi, noi possiamo imparare a volare”.
Per saperne di più sul lavoro di Luigi Dal Cin [vedi]
Per leggere la storia che Luigi Dal Cin ha regalato ai lettori per la Befana leggi qui.
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Federica Pezzoli
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