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Maria Callas da vicino. Al Teatro Abbado un ritratto intimista.

Maria Callas attraverso i suoi trionfi, gli amori e la malattia. La parabola della soprano americana di origine greca è stata messa in scena il 19 novembre 2024 al Teatro Comunale di Ferrara con lo spettacolo “Vissi d’arte. Vissi per Maria”.

Gli spettatori, che a causa del raffreddore stagionale hanno accompagnato la pièce con colpi di tosse palleggiati fra platea e palchi, hanno contribuito a ricordare la caducità di ogni momento, in sintonia con il racconto della biografia dell’artista, ricostruita attraverso i ricordi del maggiordomo Bruno. Ma hanno anche assistito all’esecuzione dal vivo di cinque arie tra le più celebri, mentre la voce della Callas veniva riprodotta in sala attraverso una sofisticata tecnica d’ingegneria acustica. Le arie suonate dall’Ensemble musica civica sono state quelle di Puccini con il proverbiale “Vissi d’arte, vissi d’amore” (da Tosca) e “Un bel dì vedremo” che dà voce a speranze e illusioni di Madama Butterfly, Giordano (“La mamma morta”), Bellini con “Casta diva” (da Norma) che la Callas interpretò più volte e con il quale riscosse il massimo successo di pubblico e di critica, fino a Verdi con “Ave Maria” (da Otello).

Nella drammaturgia originale, scritta da Roberto D’Alessandro nel 2001, il personaggio del maggiordomo era al femminile, mentre a Ferrara è stato interpretato da Giampiero Mancini. Piccole variazioni che la performance di Mancini ha saputo valorizzare, collaborando a perseguire l’ambizione dell’opera: divulgare un ritratto intimo dell’artista.

Il tentativo, infatti, è stato di portare al centro della scena, almeno per una sera, la dolcezza, la fragilità e il dolore di “Madame” (come viene chiamata da Bruno), le luci accecanti della sua gloria e l’oscurità tenebrosa dei suoi drammi e della sua passione, resi simbolicamente nell’originale locandina dedicata alla rappresentazione ferrarese e tutta giocata sui contrasti di bianchi e neri e dalla macchia scarlatta che dal cuore esplode sulle labbra. Un’operazione capace di arricchire e contrastare il pregiudizio diffuso nell’immaginario collettivo: quello di una artista capricciosa e superba.

Locandina di "Vissi d'arte. Vissi per Maria" di E. Ciccone
Locandina di Eugenio Ciccone

“Il concerto del 19 dicembre 1958 all’Opéra di Parigi – ha racconto il maggiordomo durante la pièce – è stato uno dei più grandi di tutti i tempi. Per seguire la messa in scena della Norma erano collegate le radio di ogni parte del globo e in prima fila, uno di fianco all’altro, erano seduti: Charlie Chaplin e Brigitte Bardot, Emile de Rothschild e Juliette Gréco, Françoise Sagan e i duchi di Windsor. Ma anche Jean Cocteau, gli ambasciatori di Stati Uniti e Russia e il comandante della Nato. Insieme a loro, infine, c’era Aristotele Onassis”.

E proprio Onassis è stato il grande amore (tormentato) della Callas e alla loro relazione “Vissi d’arte. Vissi per Maria” ha dedicato ampio spazio. L’armatore greco che per corteggiarla fece arrivare “un piccolo pulmino di rose, poi un altro e infine un terzo ancora più grande”. Che nonostante tutto “non amava l’opera e sarà venuto ad ascoltarla solo due o tre volte”. E che, impietosamente, il maggiordomo ha descritto così: “Tarchiato, capelli neri, colorito olivastro, aveva in tutto e per tutto il fisico e l’aspetto di un contadino greco, e diciamolo francamente… brutto”. Onassis dedicò anima e corpo a conquistarla. E ci riuscì. Ma qualche anno dopo la lasciò per iniziare la relazione con Jacqueline Kennedy.

Nell’ultima parte ci si è addentrati a narrare la fase della malattia che colpì la soprano. Era il 5 novembre del 1959 quando Maria Callas si esibì a Dallas e in pochi se ne accorsero ma non riuscì a prendere un mi bemolle sovracuto. “Bruno, ricordati di questo giorno – disse Madame subito dopo, sconvolta nel camerino, piantandogli le unghie nella carne del braccio – perché è l’inizio della fine”. Si trattava di dermatomiosite, ovvero di una patologia che porta al cedimento di tutti muscoli, compresi quelli della laringe. Un colpo troppo duro per una perfezionista. Il fedele Bruno ha raccontato un aneddoto anche a questo riguardo. “La signora mi diceva che per i compagni del conservatorio era una ossessionata, e che cominciarono ad avversarla in ogni modo, ma Madame sosteneva che per raggiungere la perfezione non si può avere fretta. Servono lavoro, metodo e rigore”.

A 101 anni dalla nascita di Maria Callas, lo spettacolo andato in scena all’Abbado di Ferrara con Dino De Palma al violino, Luciano Tarantino al violoncello e Donato Della Vista al pianoforte ha rappresentato un efficace tentativo di rivelare gli aspetti più umani di una super star del ventesimo secolo, contribuendo a far posare sul suo splendore un nuovo sguardo. Un’anteprima efficace per la stagione di Opera&Danza 2024/2025 del Teatro Comunale ferrarese.

In copertina: Maria Callas as Violette in La Traviata (Credit: Houston Rogers © Victoria and Albert Museum)

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Emanuele Gessi

Cresciuto a Ferrara, ha vissuto a Torino per fare l’università, poi ha trascorso un periodo in Danimarca per lavoro e volontariato.

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