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La bellezza di sentirsi umani

Quante volte noi donne ci siamo chieste se siamo abbastanza belle o in forma? Se la giacca evidenzia troppo i fianchi o il pantalone non scende abbastanza bene su delle gambe non così da Barbie, oppure diamo di matto se i capelli, ormai annichiliti dagli infiniti colpi di piastra, non sono perfettamente lisci come appena uscite dal parrucchiere? Quante volte ci siamo paragonate ad inarrivabili icone di bellezza degli anni ‘90, o peggio, a icone di bellezza “anni Plastica” dei giorni nostri?

E non si è neanche capito se in fin dei conti ci preoccupiamo di apparire al meglio per noi stesse, oppure per gli altri… forse entrambi. E poi al meglio SECONDO CHI?? Chi vogliamo vedere riflessa allo specchio? La nostra immagine o direttamente l’immagine di qualcun’altra?

Vorrei citare l’audacia di quel “Pensati libera” dell’edizione del festival di Sanremo 2023,  diligente tentativo di racchiudere tutto il femminismo nozionistico del 21esimo secolo, che, così strutturato, a mio parere, avrebbe avuto più senso sulle divise carcerarie di condannate all’ergastolo rinchiuse ad Alcatraz, ma tutto sommato una bella frase, che comunque, se riformulata, può risultare di ispirazione.

Il punto infatti non è “pensarsi” libere, ma esserlo, e magari, rendercene conto, perché di fatto lo siamo, e sta solo a noi mettere in pratica quel meraviglioso diritto, che ci appartiene sin da quando siamo al mondo, che è la sacrosanta LIBERTÀ, diritto inviolabile dell’essere umano.

Sta a noi prendere coscienza dell’effettivo potere che abbiamo su di noi con la nostra libertà, il potere di scegliere, di vivere ogni singolo attimo della nostra vita coscienti che solo ciò che facciamo determina chi siamo, non gli altri e i loro giudizi, non la prevedibile banalità di uno stereotipo, non l’astratta perfezione ostentata dai social, non le campagne promozionali di un nuovo cosmetico miracoloso o vestito.

La nostra libertà è un diritto e un dovere, perché saremmo dei folli a non viverla a pieno, dall’inizio fino al nostro ultimo giorno di vita: liberi dai dettami di una bellezza prettamente estetica, liberi dal pregiudizio (verso sé stessi e verso gli altri), liberi dall’insicurezza di non essere abbastanza, derivante dal logorante paragone con gli altri, con i quali entriamo inconsciamente (ma nemmeno troppo) in competizione, con la sciocca pretesa di dimostrare quanto valiamo (e in realtà per mascherare quanto crediamo di non valere), liberi dalla gelosia, dall’invidia, dalla superficiale convinzione che “l’erba del vicino è sempre più verde e allora la voglio verde anche io, e magari nel frattempo sulla sua ci mando il mio cane a concimare la terra”.

Uno dei bisogni essenziali che dovrebbe ossessionarci fino all’ottenimento dovrebbe essere la totale libertà di essere semplicemente noi stessi, con tutte le fragilità, le paure, e la forza che ne conseguono… non se i boccoli ci incorniciano perfettamente il volto tanto da fare invidia a Shirley Temple.

Crescere con la consapevolezza di essere belle per ciò che siamo e facciamo, e non per come appariamo, è un dono inestimabile, che ci deve ricordare che ogni giorno noi possiamo e dobbiamo vivere diversamente belle, liberamente felici. Perché la bellezza, quella vera, è determinata dalle nostre azioni, da ciò che facciamo per noi stesse e per gli altri, ed è unica per ognuna di noi, per un’infinità di motivi. Dobbiamo ricordarci sempre che il dolore lo proviamo tutte, come anche la stanchezza o l’insicurezza, e solo per questo dovremmo sentirci unite in una bellezza che accomuna tutte, una bellezza che è la nostra forza.

È il modo con cui sappiamo rialzarci dopo essere state schiacciate dalla sofferenza che ci rende belle, il modo con cui sappiamo prenderci cura di noi stesse e di chi amiamo ci rende belle, il coraggio con cui riusciamo a guardare negli occhi chi ha sparlato alle nostre spalle, la forza di tacere quando si vorrebbe urlare, o la forza di parlare quando all’altro farebbe comodo il nostro silenzio, la forza di rispettare in ogni momento le nostre emozioni rimanendo fedeli a noi stesse ci rende belle.

Dovremmo capire in cosa consiste realmente la bellezza per poterci sentire, a piccoli passi, degne di tale mitizzata qualità, capire chi siamo e cosa possiamo concretamente fare nel mondo, nel nostro piccolo, per poterci sentire davvero belle, di una bellezza che non sfiorisce con gli anni, ma che migliora… Per poi scoprire che magari già lo siamo, solo che non lo sapevamo.

Non sono di certo il trucco e parrucco a conferirci una concreta, strutturata bellezza, di quelle eterne, che non rischiano di essere scalfite nemmeno dai secoli, e liberarci di quella fin troppo idolatrata quanto fittizia immagine di perfezione estetica, a cui siamo ormai assuefatti, è difficile quanto doveroso, per noi stesse e per le future generazioni.

Ormai sembriamo pendere dalle labbra del mezzo dio Narciso, che proprio una cima non era, essendo morto affogato per aggiustarsi i boccoletti. Gareggiamo a chi è il più bello e il più brutto, il vestiario è il nostro biglietto da visita e sembriamo tralasciare ciò che conta davvero: ci lasciamo guidare da dei bias cognitivi che sono ben lontani dalla realtà dei fatti, e l’abitudinarietà che ci affligge, derivante da “l’abito che fa il monaco”, non ci fa porre domande se quello sia davvero un monaco o solo un uomo con un sacco e una corda in vita.

Diffidiamo della perfezione, che non esiste e non è mai esistita, perché non fa parte della nostra natura umana. Smettiamola di dipendere da una mera superficiale immagine, dietro alla quale si cela un cuore, una mente, un vissuto: è proprio quell’immagine a renderci insicuri, più di quanto già non fossimo, proprio perché è fragile quanto astratta, rappresenta una superficie labile che ci rende schiavi di un’apparenza ben lontana da ciò che siamo, incapace di soddisfare i nostri bisogni. Sono invece le nostre azioni a reggere, dietro quell’immagine, che è destinata a sgretolarsi al primo accenno di vento, alla prima avversità, al trascorrere degli anni: è la concretezza dei nostri gesti e la coerenza delle nostre scelte a donarci il fascino della vera bellezza.

Rivolgo queste riflessioni non solo alle donne, ovviamente, che possono rappresentare solo metaforicamente il volto emblematico di questa sorta di accanimento estetico, che sembra dominare a livello mondiale le vite delle persone, quasi come se, senza un determinato aspetto, atteggiamento o modo di vestire, venisse a mancare un’identità, finta o vera poco importa, a cui aggrapparsi disperatamente per sentire di meritare un posto nel mondo, o meglio un ruolo da interpretare, come se il peso della propria personalità, seppur meno “etichettabile”, meno inquadrabile in un ruolo hollywoodiano ben definito, non bastasse a definire chi siamo e a darci un valore.

Rivolgo questi pensieri anche agli uomini, ovviamente. A tutto il genere umano, in quanto UMANO, nella sua complessità. Perché anche gli uomini si lasciano trasportare dalle insicurezze estetiche che questa società, questa specie di fiera della vanità senza tempo, ci impone in modo neanche poi tanto indiretto. Anche gli uomini non sembrano poi tanto liberi da sé stessi, dal proprio giudizio e pregiudizio, dalla critica sociale interiorizzata come propria, anche loro sembrano assuefatti e inglobati in quei canoni tossici di perfezione artefatta e contorta, stomachevoli quanto fuorvianti. Non è una questione di genere, ma appunto di genere umano.

Per carità, tenerci al proprio aspetto e curarsi è sintomo di amore per sé stessi, e ben venga, ma che siano gesti che servono ad arricchire e non a distruggere, nascondere chi siamo, senza sentire la costrizione inconsulta che ci spinge ad ingabbiarci in costrutti sociali privi di significato, che relegano la nostra autostima ad un circolo vizioso di insoddisfazione e senso di inferiorità perpetuo, destinato a sopraffarci, lasciandoci alla mercé di emblemi estetici irreali, inconsistenti, che ci portano a dei paragoni nocivi e svilenti per la nostra reale identità.

Mi rivolgo quindi a tutti coloro che hanno un cuore che batte e che quindi sentono di poter dare qualcosa al mondo che li circonda, al di là dei costrutti sociali, scarnificati di ogni senso logico, e al di là di imbellettamenti e banali apparenze: siate ciò che siete destinati ad essere sin dal momento del vostro concepimento, siate liberi, liberi di esprimere le vostre emozioni, che siano tante, che siano intense, che siano vere, liberi di accogliere le vostre fragilità, i vostri sogni, abbiate il coraggio di essere belli, ma a modo vostro, e non secondo degli stereotipi stantii o i nuovi stentati tentativi di labeling del borioso marketing di oggi. Siate liberi di vivere la vostra libertà, perché vi appartiene, è vostra sin dalla nascita, assaporatene ogni attimo.

Ovviamente qualcuno ( probabilmente più di qualcuno), ancora schiavo di una misera immagine, continuerà sempre a etichettarci, in qualche modo a sminuire la nostra complessa identità in una macchietta riduttiva, tentando di incatenare la nostra libertà: ma noi intanto ce la saremo spassata, perché ce ne saremo fregati, e alla grande! Mentre l’influencer di turno proverà a dirci cosa è in e cosa è out, noi ci godremo a pieno chi siamo, non come dovremmo essere secondo una bozza di realtà parlante, biondo platino e succinti vestitini griffati.

E mentre chi giudica etichettando gente a caso continuerà ad essere schiavo della propria frustrazione nel non voler essere libero, chi invece avrà scelto la vera libertà, semplicemente si godrà la sua vita, senza desiderare quella di qualcun altro, esattamente per quella che è.

E il segreto della libertà è proprio qui: nel momento in cui l’avremo riscoperta, saremo in grado di accettare anche quella degli altri. Un individuo libero, pienamente cosciente di esserlo, accetterà più facilmente la libertà altrui, perché sarà talmente impegnato a godersi la propria che non avrà né vorrà avere tempo di limitare o giudicare quella degli altri.

Siamo fortunati ad essere liberi, dovremmo solo rendercene conto, per poter essere più solidali, gli uni con gli altri, sostenendo la libertà di ciascuno, imparando ad essere più umani.

Se ci liberassimo dall’ossessione di sembrare perfetti, o migliori di qualcun altro, della spasmodica devozione all’apparenza, non alimenteremmo in modo così maniacale le nostre insicurezze, e non saremmo più così ossessionati dalla stupida “necessità” di puntualizzare quelli che secondo noi sarebbero i difetti negli altri.

Libertà vuol dire anche staccarsi dalle nostre insicurezze più superficiali, ed evitare quindi di causarle anche negli altri. È facile, in una società così dedita all’estetica? No, affatto. Si può fare? Sì, e dovremmo incominciare, presto. Smettendo di dipendere dagli stereotipi imposti da altri, ben lontani dai nostri reali bisogni, non sentiremmo più la prepotente e convulsa esigenza di imporli anche altri.

Siate liberi di essere voi stessi, esattamente come il vostro cuore vi dice di essere, senza più sentire il bisogno di doversi per forza identificare in un qualcosa che non vi appartiene, solo per uniformarvi ad uno standard, per limitarvi, fuggendo dalla reale bellezza di ciò che siete!

Perché è proprio nel coraggio di godere di ogni attimo della propria libertà risiede la nostra più intima ( e solo apparentemente surclassata) bellezza, le nostre imperfezioni, e quindi la nostra unicità, la nostra umanità!

Siamo umani, per natura pieni di difetti, fragili, insicuri, e nel momento in cui impareremo ad accettare e accogliere la nostra umanità nella sua interezza, nella sua labile essenza destinata ad estinguersi velocemente, rischiando di non lasciare traccia, potremo apprezzare il suo valore a pieno, un valore che va ben oltre le apparenze, per cui non verremo di certo ricordati, ma che raccoglie in sé l’importanza di dare il meglio di noi stessi, di quanto è in nostro potere per fare ed essere qualcosa di buono per il mondo, puntando ad una perfezione (anche se pure in questo caso irraggiungibile, forse ancora di più) che non è di certo estetica, ma interiore, che non dipende da ciò che appariamo ma da ciò che effettivamente siamo.

Che “umanità” non sia semplicemente la definizione di una specie di esseri viventi, ma che sia nel nostro cuore, che identifichi una serie di caratteristiche che ci rendano davvero una specie “superiore”, che i concetti di coscienza, razionalità, intelletto siano legati alla consapevolezza che l’essere umano è “umano” proprio perché in grado di rendersi conto delle proprie emozioni, di provarle e di essere circondato da quelle degli altri. Che “umano” significhi il bisogno di capire e accettare le proprie e di voler comprendere e rispettare anche quelle degli altri.

Che l’umanità sia la nostra fonte di ispirazione, la nostra unica vera bellezza.

Per leggere gli articoli di Giusy De Nittis su Periscopio clicca sul nome dell’autrice

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Giusy de Nittis

Mi chiamo Giusy de Nittis, ho conseguito la mia laurea magistrale in Lingue e letterature straniere l’anno scorso e da allora è iniziata la mia ricerca senza sosta di lavori e lavoretti in lungo e in largo, senza essere riuscita a trovare nulla di soddisfacente che rispettasse i miei anni di studio e le ore di lavoro richieste negli annunci. Così mi sono arresa ai tirocini, che di per sé sarebbero un ottimo modo per cominciare, se non offrissero paghe bassissime per un orario di lavoro full time. Scrivo da quando sono bambina e cercare di raccontare esperienze, spesso in chiave ironica, mi aiuta sempre. Propongo dunque alla vostra attenzione questo mio piccolo stralcio di vita, nella speranza che ci possa essere per me la possibilità di una collaborazione con voi in futuro o che comunque questo mio pezzetto di esistenza venga pubblicato, per dare voce ad una crudele realtà contro cui noi giovani siamo costretti a scontrarci, dopo anni di studio e sacrifici.

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