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Ferrara film corto festival

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Giacomo Matteotti cultore d’arte ferrarese in un ritratto inedito di Scardino

Un Giacomo Matteotti baldanzoso e appassionato, che scende in strada a testa alta tra i manifestanti avversi e che ama la pittura e la cultura fino a trasformarsi in guida per accompagnare operai e lavoratori ad ammirare i palazzi e i monumenti di Ferrara. È questo il ritratto inedito del politico, sindacalista e deputato italiano ucciso cento anni fa per le sue idee di libertà, tratteggiato dal critico d’arte Lucio Scardino. Questa immagine vivida e “fuori dagli schemi del martirologio” è stata tratteggiata in occasione dell’incontro su “Giacomo Matteotti estimatore dell’arte ferrarese”. L’appuntamento, che si è tenuto sabato 19 ottobre 2024 nella Sala Estense di piazza Municipio a Ferrara, rientrava nell’ambito della manifestazione Autunno Ducale. L’interesse per l’arte – ha spiegato Scardino – emerge visitando la sua casa natale a Fratta Polesine. È lì che lui ha subito notato, appeso in cucina, un dipinto di Giovanni Battista Crema: “Un paesaggio con un ponte di vago sentore divisionista eseguito dall’artista ferrarese attorno al 1920”.

Paesaggio di Giovanni Battista Crema dalla cucina di casa Matteotti, a Fratta Polesine

Da questo importante indizio è partito lo studio di Lucio su questi aspetti culturali meno scandagliati dalla storiografia, che fanno emergere con vivacità un personaggio storico e introducono anche aspetti inediti della vita culturale ed emotiva di Matteotti. Un’immagine piena di vitalità, capace di evocare un soggetto con la forza coinvolgente di una trasposizione cinematografica. A introdurre e arricchire l’incontro, la guida turistica Alessandro Gulinati, che si è detto “lusingato di avere avuto Matteotti come predecessore in questo mestiere”, in veste di padrone di casa di un incontro che rientra nella manifestazione organizzata con l’associazione Pro loco ferrarese, particolarmente attenta agli aspetti d’arte e cultura cittadina.

Locandina incontro su “Matteotti estimatore dell’arte ferrarese”

Arte e bellezza per Giacomo Matteotti – spiega Scardino – diventano uno degli strumenti di emancipazione e giustizia sociale, ma anche passione coltivata e condivisa con l’amata moglie Velia Titta. A testimoniarlo ci sono le lettere di una loro ininterrotta corrispondenza, che testimonia il forte legame di interessi e predilezioni, condivisi negli anni anche durante le tante trasferte e lontananze di lui, impegnato nella Prima Guerra mondiale ma anche in viaggio per l’Italia come militante del partito socialista.

Scardino ha ricordato il forte legame del politico italiano nato a Fratta Polesine (1885) e la città di Ferrara, che è stata il suo collegio di elezione come deputato per il mandato parlamentare dal 1919 fino all’anno della morte (1924). Dopo l’eccidio del Castello Estense, dove il 20 dicembre 1920 restarono uccise sei persone, Matteotti viene infatti mandato a Ferrara in veste di segretario della Camera del Lavoro cittadina, impegnandosi con audacia e in prima persona nella lotta antifascista. Scardino ha rievocato episodi in cui con audacia scende nelle strade di Ferrara e affronta, faccia a faccia, situazioni avverse. Un uomo di principi e di lotta senza paura, insomma, con l’immediatezza impavida del “fanciullino pascoliano”. Ma che non deve – secondo il critico d’arte ferrarese – far tralasciare il suo spirito di amante delle arti e di appassionato divulgatore culturale.

A testimoniare questo aspetto, c’è l’articolo pubblicato dal periodico del socialismo polesano “La Lotta” (23 ottobre 1920, pagina 3) su ‘La visita a Ferrara’: ‘Domenica scorsa i giovani socialisti di Polesella e San Pietro in Valle visitarono Ferrara. Ricevuti nel magnifico Castello Estense (…). Visitarono quindi la Cattedrale e gli affreschi del Palazzo Schifanoia. Il pomeriggio fu dedicato a Palazzo dei Diamanti e alla sua Pinacoteca, a San Cristoforo e alla Certosa; e furono ammirate Piazze, Corsi e Palazzi. Dappertutto la guida fu l’on. Matteotti”.

Nel 1920 – ricorda Scardino – Matteotti commemora alla Camera la morte di Gaetano Previati: un originale tributo e un invito a rivendicare a patrimonio nazionale la sua opera, che ne documenta l’ammirazione e la conoscenza diretta. Nonostante i gravosi impegni ministeriali e sindacali, secondo l’esperto d’arte “Matteotti si dedicò a questo approfondimento estetico soprattutto dopo il matrimonio con Velia Titta, autrice di poesie di gusto pascoliano e autrice di un paio di romanzi, come quello, rimasto inedito, dedicato a Ugo e Parisina”.

Madre su sfondo di periferia industriale
Altro particolare del soffitto – foto Roberto Targa

Giunto a Ferrara nel gennaio 1921 in veste di segretario della Camera del Lavoro, Matteotti in quel turbolento periodo avrebbe poi compiuto un singolare salvataggio di un’opera d’arte. “Si deve probabilmente a lui – conclude Scardino – la controsoffittatura della sala che allora era la sede della Camera del lavoro”, nel Palazzo Todeschi (o Tedeschi) che si trova in cima allo scalone di quell’angolo affascinante e misterioso di Ferrara che è piazzetta Bertolucci, adiacente a piazzetta Schiatti.

Scalone di Palazzo Todeschi, a Ferrara
Il portale d’ingresso – foto Roberto Targa

Questa decorazione superstite del tempo di Matteotti a Ferrara è stata quindi illustrata durante l’incontro, con la proiezione delle immagini realizzate dal fotografo ferrarese Roberto Targa. Un’opera di cui non c’era conoscenza, decorata sul soffitto da Ildebrando Capatti e Leone Caravita. Sulle volte della sala appaiono scene del lavoro, ma anche i simboli dei segni zodiacali, i volti dei padri del Socialismo e la messa in scena di un’ideale di buon governo. Insomma, una Schifanoia socialista decorata a tempera, con tanto di slogan ideologico che ne identifica la finalità: “Internazionale. Il Sole dell’Avvenire”.

Figure femminili su sfondo industriale
Lavoratori, soffitto Palazzo Todeschi
Corteo di lavoro – foto Roberto Targa

Una controsoffittatura ha tenuto l’opera nascosta fino al 1996. La copertura ha preservato l’opera dalla possibile distruzione dopo l’avvento fascista, con uno stratagemma che Scardino ipotizza vada attribuito a Matteotti stesso. La Camera fu soppressa e la sede venduta all’inizio del 1924. Il richiamo all’iconografia dei Mesi di Schifanoia ha destato il particolare interesse di Marco Bertozzi, direttore dell’Istituto di Studi Rinascimentali di Ferrara, che in chiusura dell’incontro ha ipotizzato la possibilità di legami tra ambienti socialisti e massonici.

Fotoservizio di Roberto Targa

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, MN 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, BO 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici UniFe, Mimesis, MI 2017). Ha curato mostra e catalogo “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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