Perché la politica in Italia parla solo del presente e non del futuro?
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Perché la politica in Italia parla solo del presente e non del futuro?
Perché siamo in una campagna elettorale permanente e quindi per garantire il consenso è meglio parlare di cose di attualità, … che è più facile, che di futuro.
La politica dovrebbe invece occuparsi del futuro, progettare, anticipare i tempi, creare le condizioni per garantire il benessere delle generazioni future e scongiurare le calamità ,… vale anche per i disastri ambientali sempre più frequenti nel nostro paese.
Il comportamento della politica è pericoloso e gli ultimi argomenti all’ordine del giorno (in questi giorni si parla tanto della recessione del settore automobilistico con in particolare la crisi delle auto tedesche, il dramma di Stellantis e le ripercussioni sulla occupazione in Italia) sono un esempio, stigmatizzato ogni volta (da tutti) ma mai affrontato.
La politica rimane al traino degli avvenimenti e delle decisioni assunte dalle potenze economiche, commerciali, industriali, finanziarie che hanno un potere che supera quello degli Stati.
Apple ha un fatturato di 3.000 miliardi di dollari, circa il PIL della Francia, meno della Germania e della Gran Bretagna, ma più di Italia, Brasile, Canada, Russia, Spagna, ecc.
Della crisi dell’auto se ne parla da almeno venti anni per motivazioni legate alle politiche ambientali e per il manifestarsi nelle popolazioni di un diverso approccio nei confronti della mobilità che ha modificato anche la graduatoria dei valori nelle giovani generazioni.
La necessità di passare ad una alimentazione delle auto che minimizzi gli inquinamenti ambientali ha imposto l’abbandono dei motori termici con la ricerca di nuove soluzioni che nella fase della ricerca tecnologica non potranno che essere più costose, una valutazione più “risparmiosa” della mobilità ha indotto le famiglie a riconsiderare l’investimento nell’auto mentre, a differenza di quanto prefigurato negli ultimi decenni del secolo scorso, l’automobile sta rappresentando sempre meno l’oggetto del desiderio per i giovani e non rappresenta più un simbolo di libertà.
Su queste motivazioni si sono assommate poi le crisi internazionali (conflitti soprattutto) con effetti negativi sul costo dell’energia, lotta per le materie prime strategiche, l’entrata fra i produttori di paesi in via di sviluppo che hanno costi del lavoro molto basso e notevole capacità concorrenziale, ecc.
Ci sono paesi che hanno cominciato a entrare nell’auto (Cina, Giappone, Stati Uniti, ecc.) già da diversi anni, l’Europa è lenta e sconta le divisioni interne e nelle scelte, l’Italia è “indietrissimo” sia per una incapacità di innovare, manifestatasi soprattutto negli ultimi venti anni, che per il fatto che essendo un paese sostanzialmente subfornitore subisce i problemi dei paesi produttori, Germania in primis, e affronta gli avvenimenti al momento della rottura (vedi le recenti proposte di deindustrializzazioni di Berco e Rexnord), quando trovare soluzioni efficaci è più difficile.
Analogo discorso può essere fatto per la chimica o meglio per la Petrolchimica a seguito della modifica del quadro di riferimento, con l’entrata in produzione, negli ultimi venti anni, di aziende proprietarie delle materie prime, sostanzialmente il petrolio e di una sovra produzione che danneggia soprattutto i produttori europei.
Il futuro della petrolchimica in Europa e soprattutto nel nostro Paese non sarà coronato da successo se non si avvierà un ciclo virtuoso di innovazioni e di breakthroug concreti come quelli già vissuti negli anni ‘80 del secolo scorso, abbandonando la rincorsa ai prezzi nei confronti di che ha le materie prime (proprietario) direttamente dalle raffinerie, i cracker o addirittura dalla bocca di pozzo.
Ferrara e il suo Petrolchimico
E qui torniamo ancora alla opportunità che Ferrara e il suo Petrolchimico sta perdendo non sfruttando l’innovazione messa a punto nel Centro Ricerche Giulio Natta di Lyondellbasell con il processo di riciclo molecolare MoReTech, in corso di industrializzazione a Wesseling, in Germania.
Non è ricorrendo i miglioramenti, seppure doverosi, che si affronta il futuro ma innovando i processi perché le parole d’ordine quotidiane come cambiamento climatico, transizione ecologica, economia circolare, rivelano una nuova consapevolezza: i prodotti dell’economia futura saranno sempre di più i processi e l’innovazione è fondamentale.
Per intervenire sui cambiamenti, per governare le transizioni e per essere davvero economicamente, socialmente e ambientalmente sostenibili, siamo in ritardo (a Ludwigshafen in Germania la BASF nel suo petrolchimico produrrà 500.000 tonnellate annue di vapore per i suoi impianti utilizzando elettricità proveniente da fonti rinnovabili, … senza produzione di CO2) ma si può ancora invertire la rotta se c’è la volontà di guardare avanti, … ma non sembra sia questa l’intenzione della nostra politica.
Manca purtroppo una politica industriale, la voglia e la capacità di guardare al futuro, e senza la politica non si va da nessuna parte.
Anche il futuro del Petrolchimico di Ferrara deve essere inserito in tale ottica e in particolare l’economia circolare rappresenta una opportunità alla nostra portata.
Processi circolari come ad esempio il riciclo della plastica di LYB ma anche di ENI Versalis, che CDS Cultura sostiene da diversi anni, rappresenterebbero per Ferrara, non solo per il Petrolchimico, importanti atout, ossia opportunità di sviluppo che l’immobilismo attuale purtroppo non può concedere.
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Sergio Foschi
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