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Ferrara film corto festival

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La Sinistra e le elezioni a Ferrara: perdere e non capire il perché.

L’intervento di Gaetano Sateriale su questo giornale [Qui], stringato, scritto per punti, ma senza sconti per nessuno, mi spinge a mettere in pubblico alcuni pensieri che già mi giravano in testa durante la campagna elettorale. Considerazioni confermate e maggiorate di segno nel dopo elezioni,  Anche io, senza partito e soldato semplice della società civile, ho “tifato” perché il Centrosinistra riuscisse a strappare alla Destra il governo di Ferrara.  Come si sa, non solo non c’è riuscito ma non c’è andato neppure vicino, incassando una sconfitta di proporzioni storiche. Dunque i miei pensieri, le mie critiche – spero non troppo urticanti per qualcuno – non vengono dall’esterno ma dall’interno: non abbiamo capito, abbiamo sbagliato, abbiamo perso. Noi Tutti, e mi ci metto anch’io.  Per non farla troppo lunga, anche io andrò per punti

1 –  Prima di tutto il PD. Anche se non sono mai stato del PD – credo anche di non averlo mai votato. Perché solo un cretino (e ahimè in Italia ce ne sono)  può pensare di poter vincere (a Ferrara come in Italia) senza o addirittura contro il PD.  La preminenza del Partito Democratico (in Emilia e a Ferrara in particolare) assegna automaticamente a questo partito la responsabilità maggiore delle scelte compiute in campagna elettorale, come del disastroso risultato elettorale.

2 – La scelta del Tavolo dell’opposizione, presentata dal PD ferrarese come “la grande novità”, ricalcava il tentativo nazionale del “campo largo” e si è risolta in una serie di riunioni, rinvii e trattative segrete per “mettere insieme tutti”. L’operazione è fallita, ma ciò che è peggio, il tavolo ha raccolto ed accolto nel suo seno visioni differenti e ha lasciato nel vago temi importanti (per non scontentare nessuno dei commensali) e impedito così l’adozione di un programma chiaro con obbiettivi precisi ed innovativi.  L’opposizione (o le opposizioni riunite)  si sono presentate ai ferraresi senza una nuova idea di Ferrara e del suo governo. Ovvio quindi che prevalesse la Ferrara e il governo esistente.

3 –  Il dopo voto è stato forse anche più deprimente. Davanti a una sconfitta così netta ci si poteva aspettare dal PD un radicale esame di coscienza, un ripensamento profondo sui contenuti e i modi di fare politica in città. Non c’è stato niente di tutto questo. Si è dimesso il segretario cittadino, proprio come era successo 4 anni fa dopo le elezioni del 2019, ma un capro espiatorio non serve ad aprire un diverso futuro.

4 – Tre formazioni politiche ferraresi – Sinistra Italiana, +Europa e Verdi Europa – hanno abbandonato il Tavolo dell’ opposizione (un’ulteriore prova di una scelta sbagliata) per divergenze sul metodo e non condividendo la candidatura del PD di Fabio Anselmo, sostenendo poi la candidatura di Anna Zonari de La Comune di Ferrara. Con una decisione inedita e di una gravità inaudita le direzioni nazionali dei tre partiti hanno tolto l’uso del simbolo ai gruppi ferraresi.  E’ indubbio che questa decisione ha ulteriormente indebolito le forze di opposizione.

5 -Fuori dal tavolo si è mossa la lista civica La Comune di Ferrara. con una proposta nuova sia nel metodo (incentrato su una partecipazione dal basso e aperta a tutti) sia nel merito (con un programma profondamente innovativo che proponeva una svolta nel governo della città). Il risultato modesto raggiunto nelle urne (meno del 3%) credo sia dovuto dall’incapacità di portare la propria proposta fuori da una ristretta cerchia di militanti.

6 – Per capire però le ragioni di una sconfitta così eclatante ((la peggiore di sempre, come è stato osservato) credo occorra concentrarsi sulle ragioni della vittoria della destra. Certo, a Ferrara il sindaco uscente è sempre partito da una posizione di vantaggio per la rielezione (così era stato per Tiziano Tagliani, Gaetano Sateriale e  per il lungo regno di Roberto Soffritti), ma per vincere occorre con-vincere  i cittadini ferraresi. Molti a sinistra hanno gridato contro la propaganda messa in campo da Alan Fabbri e dalla destra. La propaganda, la campagna di comunicazione c’è stata e poderosa (penso soprattutto alla lenzuolata a pagamento che ha coperto Ferrara alla vigilia della campagna elettorale) ma da che mondo e mondo la comunicazione elettorale e la  propaganda da sole non fanno vincere le elezioni. Ci vuole altro, con-vincere appunto.

7 – Questo non toglie che la sinistra sia stata carente anche sul versante della comunicazione. E’ partita tardissimo (per le note ragioni) e si è affidata quasi unicamente ai canali tradizionali. A Ferrara ci sono 5 organi di informazione locale (Carlino, Nuova Ferrara, Estense.com, Ferrara Today e l’emittente televisiva Telestense), e tutti hanno ospitato in modo massiccio argomenti, liste e candidati in lizza. Alla luce del risultato elettorale, appare evidente quanto queste vie di comunicazione (lo sanno anche anche i sassi) siano ormai poco efficaci se non addirittura ininfluenti, non riescano cioè a raggiungere la grande maggioranza degli elettori.

8 – Ma la destra ferrarese, l’Amministrazione uscente, non ha fatto solo propaganda, ma aveva in testa un’idea di città ben precisa e su questa base aveva sviluppato in questi anni una serie di azioni urbane (micro e macro), una strategia che si è rivelata vincente. I ferraresi, la maggioranza in città e nelle frazioni, a questa idea di città hanno aderito. Così nel 2024, al termine della prima consiliatura, la destra si è presentata come una forza autorevole, “governativa”, molto più forte di quanto lo era nel 2019, quando la scena era occupata dalle marce di Naomo Lodi.

9 – Combattere (e vincere) con una destra che ha conquistato una sorta di egemonia culturale (o comunque il consenso della maggioranza della cittadinanza) è compito che fa tremare i polsi. Quel che è certo è che non possono bastare i presidi intonando Bella ciao, le riunioni con i soliti noti, le biciclettate, le polemiche spicciole, le foto in primo piano sul Carlino, gli slogan elettorali triti e ritriti, gli sfottò (faccio un esempio) al geometra-assessore Gulinelli, eccetera. Se l’idea di città annunciata e messa in opera dalla destra piace ai ferraresi,  l’unico modo per vincere è studiare, proporre è  comunicare porta a porta  una diversa idea di città. Non certo il ritorno al passato pre Fabbri, ma una proposta nuova, coraggiosa e attrattiva.

10 – Di cosa deve essere fatta questa nuova idea di città?  In effetti qualcuno – penso al lavoro del Forum Ferrara Partecipata e al programma di La Comune di Ferrara– ha avanzato alcuni temi innovativi: erano l’abbozzo di una nuova idea di citta. Ecco dunque il nodo dei Beni Comuni da riportare in mano pubblica, l’urgenza della Decarbonizzazione e di una mobilità sostenibile liberando la città dalla morsa delle auto,  la proposta di nuove forme di democrazia partecipativa e di accoglienza. Queste indicazioni potevano diventare i caposaldi di una nuova e diversa visione della Ferrara futura. Purtroppo queste intuizioni non sono diventate patrimonio di tutto il campo delle opposizioni. E sono rimaste intuizioni,  invece di diventare un dettagliato progetto urbano da mettere in atto.  Se però non vogliamo rassegnarci a una destra padrona per sempre. su queste cose  occorrerà studiare, lavorare, coinvolgere intelligenze e competenze, ascoltare la voce e i bisogni dei cittadini. Abbiamo 4 anni davanti, non sprechiamoli.

Per leggere gli articoli di Francesco Monini su Periscopio clicca sul nome dell’Autore

 

 

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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