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Le voci da dentro. Ho dodici anni e vorrei solo il mio papà
di M.

Ciao, mi chiamo Sofia, ho dodici anni e frequento la seconda media.
Vado abbastanza bene a scuola, anche se a volte faccio un po’ fatica a concentrarmi.
La mamma dice che sentire la mancanza del papà è normale, ma per me non lo è.
Gioco a pallavolo e mi alleno tre volte alla settimana.
Mi piace molto e, in alcune partite, l’allenatrice mi fa fare il capitano.
Non sono la più brava della squadra, però spesso faccio punto e la mia allenatrice mi batte il cinque e mi fa i complimenti.
Quasi tutte le domeniche giochiamo le partite di campionato.
La mamma viene a vedermi sempre, ma il papà non può.
A volte gioco proprio male. Vedo i papà delle mie compagne di squadra che fanno il tifo. Nel mio cuore sento un po’ di invidia. Lo so che non dovrei.
Mi fa deconcentrare e non faccio nemmeno un punto.
Ci sono dei giorni che mi chiedo se l’allenatrice mi faccia i complimenti perché sono davvero brava o perché il mio papà non è come gli altri.
Io non voglio la sua compassione. Anzi, non voglio la compassione di nessuno.
Ho molte amiche. Alcune sono simpatiche e con loro vado d’accordo.
Altre sono più antipatiche. Sono quelle che smettono di parlare quando arrivo io. Non sento quello che dicono, ma non ci vuole un genio per immaginarlo. Parleranno del mio papà “strano”.
All’inizio mi arrabbiavo e, senza farmi vedere da nessuno, piangevo.
Adesso ho imparato a far finta di niente, ma dentro di me piango ancora.
Vedo il mio papà tutti i sabati per una o due ore al massimo. Ho fatto i conti. Lo vedo sei ore al mese. Le prime volte mi sembrava pochissimo e, alla fine di ogni colloquio, lo abbracciavo forte forte e volevo che venisse con me.
Col tempo ci ho fatto l’abitudine e non lo stringo più, forte come prima.
Dico la verità, vorrei ancora che tornasse a casa con me.
Papà dice che ci vuole pazienza, la mamma dice che è questione di tempo, tutti dicono di essere forte.
lo ho solo dodici anni e vorrei solo il mio papà.
Purtroppo, adesso il mio papà è in un posto tutto chiuso, pieno di sbarre.
Ci sono anche altri papà come lui, lì dentro. Non mi piace sentire quella parola, per cui non la dico neanch’io.
Mi chiamo Sofia, ho dodici anni e da un po’ di tempo sono stata messa in punizione, non so da chi esattamente e non conosco nemmeno il motivo.
So solo che la punizione non mi fa stare con il mio papà.
Qualcuno ha deciso che dovevo crescere come se fossi quasi orfana, ma lo giuro, io non ho fatto niente per meritarlo.

Il testo di questo ragazzo tratta il tema dell’affettività in carcere con una creatività non comune, riuscendo nella difficile opera di emozionare chi legge. M. ha rovesciato il solito punto di vista, raccontando, dal punto di vista dei figli, il vissuto difficile dei rapporti in una famiglia quando qualcuno sta vivendo l’esperienza del carcere.
(Mauro Presini)

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Mauro Presini

È maestro elementare; dalla metà degli anni settanta si occupa di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Dal 1992 coordina il giornalino dei bambini “La Gazzetta del Cocomero“. È impegnato nella difesa della scuola pubblica. Dal 2016 cura “Astrolabio”, il giornale del carcere di Ferrara.

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