LA STRAGE DEGLI INNOCENTI
Arrivo un passo dietro all’articolo di oggi scritto da Catina Balotta [Vedi qui] e commentato dal Direttore Francesco Monini [Vedi qui]
Condivido il desiderio di pace attraverso gli strumenti che conosco: l’arte e le allegorie. Mi faccio suggestionare dal capolavoro di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, in particolare da due particolari del suo impareggiabile affresco. Il ciclo pittorico è incentrato sul tema della “salvezza“ e personalmente penso a questo termine non necessariamente nella sua connotazione teologica Salvezza traduce diversi termini che indicano liberazione dai mali e dai pericolo più diversi, materiali e spirituali. Il liberare, significa: mettere al sicuro, spezzare una catena, far uscire dal confino, salvare dall’oppressione tanto che il liberato può governare la propria esistenza.
Per me, non so se è un Dio, un Dio qualsiasi, che dobbiamo ringraziare o pregare per la nostra liberazione.
L’affresco di Giotto nel suo insieme è molto complesso e segue un filologico preciso e rigoroso dettato dalla teologia agostiniana. Rimando alla storia e alla critica dell’arte per una lettura più tecnica e simbolica -non c’è alcun particolare casuale – e invito alla contemplazione del capolavoro per capire la bellezza, il commovente realismo e gli intrecci delle varie storie poste in vari ordini di registri: dalla lunetta in alto sull’Arco Trionfale, quando Dio decide la riconciliazione con l’umanità, si prosegue con le Storie di Gioacchino ed Anna, le Storie di Maria, l‘Annunciazione e della Visitazione, e le Storie di Cristo. Subito sotto l”ultimo riquadro della Storia Sacra, si trova la Pentecoste e si apre il quarto registro con i monocromi dei vizi (parete nord) e i monocromi delle virtù (parete sud). La conclusione non poteva che recare al Giudizio Universale grandioso e impattante.
La strage degli Innocenti
La storia narrata nel Vangelo è nota a tutti. Nella tradizione occidentale il racconto è divenuto un topos culturale: i bambini innocenti che muoiono violentemente, uccisi dalla sete di potere, vittime inconsapevoli di un odio spietato contro chi può ostacolare i piani di potenza e di dominio.
La storia vera ci dice che non è stato l’unico avvenimento così tragico, al di là del luogo comune con il quale viene usato, i bambini, nel corso di tutta la storia umana, sono stati e continuano ad essere le prime vittime sacrificate.
Nei secoli hanno avuto luogo moltissime rappresentazioni artistiche di questa strage così famosa, tra queste l’affresco di Giotto.
La Strage degli innocenti (200×185 cm) è compreso nella cappella delle Storie di Gesù nel registro centrale superiore, nella parete destra guardando verso l’altare.
Uno sfondo architettonico definisce i gruppi di figure rappresentati e guida la lettura della scena. In alto a sinistra, da un balcone coperto, Erode impartisce il comando di uccidere tutti i fanciulli nati negli ultimi mesi, stendendo eloquentemente il braccio. Le prime destinatarie del provvedimento sono le madri raggruppate e disperate nel vedersi strappare i figli dai carnefici. Tra questi, in particolare ci sono due soldati al centro, armati e in pose dinamicamente drammatiche amplificate dall’uso di colori cupi.
In basso stanno già i corpi ammassati di numerosi fanciulli, che sembrano quasi travalicare la cornice dell’affresco per franare oltre.
A sinistra infine alcuni spettatori mostrano tutto il loro turbamento abbassando la testa e facendo espressioni di rassegnata contrarietà.
I bambini sono più grandi del normale, probabilmente per farne i protagonisti della scena. Le madri hanno espressioni profondamente angosciate, con la bocca dischiusa in un lamento comune, le guance rigate dalle lacrime.
Eppure anche noi, oggi, rimaniamo, seppur turbati, con la testa abbassata per non guardare, per non tradire la paura di essere testimoni impotenti. Ugualmente osserviamo le lacrime delle madri e non offriamo protezione.
Nessuno pare volere il compito dell’angelo che avvisò la sacra famiglia, nessuno di noi sta riuscendo a mettere in salvo almeno un bambino e la sua famiglia, sacri entrambi per diritto e umanità.
Le allegorie dei Vizi e delle Virtù: la terapia dei contrari
Il quarto registro delle due pareti laterali, quello più in basso, riporta il percorso con quattordici Allegorie a monocromo che simboleggiano i Vizi sulla sinistra (Stultitia, Inconstantia, Ira, Iniusticia, Infidelitas, Invidia, Desperatio) e le Virtù sulla destra (quattro cardinali, Prudencia, Fortitudo, Temperantia, Iusticia, e tre teologali, Fides, Karitas, Spes). Il nome del vizio o della virtù è scritto in alto in latino.
Vizi e virtù corrispondenti si fronteggiano a coppia, in modo da simboleggiare il percorso verso la beatitudine, da effettuarsi superando con la cura delle virtù gli ostacoli posti dai vizi corrispondenti I vizi non sono i tradizionali vizi capitali (superbia, invidia, ira, accidia, avarizia, gola, lussuria). Le sette virtù contrapposte non rispecchiano l’ordine tradizionale.
Si tratta di un percorso terapeutico di salvezza: che porta alla guarigione dai vizi tramite le virtù cardinali opposte, conducendo l’umanità alla Giustizia, elemento fondante che realizza le condizioni della pace e dunque del Paradiso Terrestre e della felicità terrena.
In particolare:
la Stultitia rappresenta l’incapacità di distinguere il bene dal male e può essere curata dalla medicina della Prudentia, l’intelligenza etica, che consente di discernere le cose da desiderare e quelle da evitare. (siamo nella sfera della conoscenza).
La Fortitudo, fortezza o saldezza d’animo, trionfa grazie alla forza di volontà sulle viscide oscillazioni dell’Inconstantia, la “mancanza di una sede stabile”, vale a dire un insieme di leggerezza, volubilità e incoerenza (siamo nella sfera della volontà).
La Temperantia, l’equilibrio interiore che assicura il dominio stabile della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà, è la terapia atta a vincere le passioni, simboleggiate dall‘Ira.
Prudenza, fortezza, temperanza sono virtù della sfera etica individuale, La virtù etica si esplica nella sua messa in pratica, con atti e comportamenti che riguardano sia la sfera personale, sia quella sociale, perché coinvolgono i rapporti con il prossimo e quelli degli uomini tra loro.
Da qui discendono i concetti etici di Giustizia e Ingiustizia, la coppia centrale del ciclo giottesco: Iniustitia – Iustitia. La perfetta “centralità” della Giustizia nella terapia dei contrari è sottolineata anche visivamente da Giotto. Infatti, lungo l’intera parete corre una treccia architettonica, in cui un solo elemento, quello posto sulla verticale esatta della testa della Giustizia (e dall’altro lato dell’Ingiustizia) appare perfettamente in asse, mentre tutti gli altri, le virtù su un lato e i vizi sull’altro, poste al di sopra piegano o verso sinistra o verso destra, in direzione rispettivamente dell’abside e della controfacciata. Chi è giunto alla giustizia ha di fatto praticato una “terapia umana” dell’anima, che lo ha portato alla felicità terrena, usando la medicina animi delle virtù cardinali, che sono virtù morali e intellettuali, con cui ha curato i vizi contrari.
Esiste però anche La “terapia divina”. Per aspirare al Paradiso celeste occorrono cioè gli insegnamenti divini, la rivelazione della verità che supera e trascende la ragione umana, ma qui, ,laicamente, mi fermo sottolineando solo che con l’amore (Karitas) si supera l’egoismo e l’avidità, che portano a guardare con occhi malevoli (Invidia) il prossimo e che la speranza,(Spes), deve essere alimentata come attesa attiva (azione) verso l’umanità intera.
Nell’affresco tutto trova perfetta rispondenza: il tema della “terapia dei contrari”, l’ordine sequenziale delle virtù cardinali e delle virtù teologali, la centralità della giustizia.
Nel nostro mondo reale le virtù (uguaglianza, giustizia sociale, pace) non sono solo metafore universali ma condizioni indispensabili e i loro contrari, i vizi, sono realtà che vediamo sempre più imporsi.
La via è tracciata. Siamo in grado di percorrerla ?
In copertina: Giotto, Strage degli innocenti, Cappella degli Scrovegni, particolare.
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Giovanna Tonioli
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